IL CINEMA DEI GIUSTI - DIFFICILE FARE UN FILM SU UN PERSONAGGIO POLITICO QUASI SENZA IDENTITÀ, CHE NON PARLA QUASI MAI, ASCOLTA SOLAMENTE, POTENTISSIMO, MA INDEFINIBILE. GROSSO, SENZA FORMA, CON OCCHI MINUSCOLI, IL DICK CHENEY DI CHRISTIAN BALE IN “VICE”, È IL TENTATIVO INCREDIBILE DI DARE VITA A UN UOMO DI POTERE COSÌ SFUGGENTE LEGATO ALLA PROFONDA DESTRA AMERICANA - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

VICE - L UOMO NELL OMBRA VICE - L UOMO NELL OMBRA

Difficile fare un film su un personaggio politico quasi senza identità, che non parla quasi mai, ascolta solamente, potentissimo, ma indefinibile. Grosso, senza forma, con occhi minuscoli, il Dick Cheney di Christian Bale in Vice, scritto e diretto da Adam McKay, il regista che con The Big Short ci spiegò la crisi della bolla di Wall Street, è appunto il tentativo incredibile di dare vita a un uomo di potere così sfuggente legato alla profonda destra americana e alla politica che la rappresenta formando una catena che da Nixon, Reagan e i Bush arriva fino a Trump.

 

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Se quello di Bale è un corpo a corpo con un personaggio senza corpo e senza volto fatto di potere e di avidità politica, un personaggio che molto probabilmente, però, lo porterà dritto all’Oscar, quello di McKay è un corpo a corpo militante con una storia che diventa un po’ meno malloppone solo con continue invenzione registiche. La storia che si ferma a metà film, proprio con tanto di titoli di coda, e poi riprende, un narratore, Jesse Plemons, che non sapremo chi è e che ruolo ha nella vita di Cheney fino alla fine.

 

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Continue visualizzazioni della situazione politica per farci capire meglio le cose. Alla fine non sappiamo se questi virtuosismi di McKay funzionano davvero o no, anche perché la storia di Cheney e tutti i suoi intrighi di palazzo sono complessi da spiegare e da mettere in scena. Quello che risulta chiaro è che la costruzione di Cheney come squalo politico deve tanto al suo mentore Donald Rumsfeld, interpretato qui da Steve Carell, quanto alla moglie Lynne, una strepitosa Amy Adams.

 

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E che la sua politica ultraconservatrice, che lo porterà a scatenare la guerra in Iraq come vice dell’imbelle George W. Bush, interpretato da Sam Rockwell, è fondato non solo sull’avidità delle industrie petrolifere americane, alla quale lui e gran parte dello staff del presidente erano legati, ma anche sulla malsana idea della famiglia americana che va difesa da tutto, dal prima gli americani (Salvini non si è inventato nulla) che ci porterà dritti nelle fauci di Trump.

 

E’ attorno alla famiglia, la moglie e le due figlie bionde, che Cheney costruisce la sua solidità, anche se la scoperta dell’omosessualità della figlia Mary gli porterà non pochi problemi. Anche se Vice tratta storie e temi importanti, pur se un po’ lontani, della nostra storia recente, va detto che Christian Bale, Steve Carell e Amy Adams si impadroniscono presto della scena e funzionano quasi meglio del film che McKay cucina con qualche effetto di troppo e con una voglia di arrivare all’obbiettivo un po’ eccessiva, quasi alla Michael Moore.

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Detto questo si esce dalla sala con le idee più chiare rispetto alla politica americana di questi ultimi cinquant’anni. E se Dick Cheney è un mostro costruito dalle industrie e dalla politica, non ce la sbrighiamo certo puntando il dito contro di lui e contro i suoi amici. Perché mostri sono anche quelli che lo hanno lasciato fare. Già in sala. 

 

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