dean baquet marty baron norman pearlstine

DESTINO CINICO E BARON - ANNO NUOVO, DIREZIONE NUOVA? IL LEGGENDARIO MARTY BARON, DIRETTORE DEL “WASHINGTON POST”, MEDITA DI LASCIARE IL QUOTIDIANO CHE HA RINFORZATO GRAZIE AI MILIARDI DI BEZOS. ANCHE IL “LOS ANGELES TIMES CERCA UNA NUOVA GUIDA, E VOCI INSISTENTI DANNO IN USCITA ANCHE IL CAPO DEL “NEW YORK TIMES”. IL 2021 SARÀ L’ANNO DELL’ENNESIMA RIVOLUZIONE NEI MEDIA LIBERAL AMERICANI ORFANI DEL LORO NEMICO PUBBLICO NUMERO UNO, DONALD TRUMP?

Mario Platero per “la Repubblica – Affari & Finanza”

 

marty baron washington post 1

Anno nuovo, vita nuova. Con l' insediamento di Joe Biden non c' è solo uno storico cambio di marcia politica per l' America divisa. Fra gli addetti ai lavori si discute anche di un altro imminente cambio di marcia, quello che dovrebbe arrivare in alcuni grandi giornali. C' è l' incognita Marty Baron, direttore leggendario fra i giornalisti americani.

 

Ha fatto capire che, dopo sette anni, avrebbe lasciato la direzione del Washington Post costringendo Jeff Bezos a trovare un sostituto. A 66 anni e dopo quasi 20 di direzione di giornali (prima era al Boston Globe) è giovane abbastanza, dice, per fare altre cose, ma darà la notizia «quando il momento sara' opportuno».

marty baron

 

C' è poi il Los Angeles Times. Norman Pearlstine, 78 anni, anche lui con pedigree di Pulitzer alle spalle e già direttore del Wall Street Journal e dei periodici di Time Magazine, aveva annunciato in ottobre che se ne sarebbe andato. Il suo arrivo nel 2018 aveva portato una ventata di novità, migliorò la copertura e riuscì a vincere anche lui un paio di Pulitzer. Ma la redazione gli è stata poi ostile per questioni di correttezza politica.

 

norman pearlstine

Così un paio di settimane fa la cosa si è concretizzata con un annuncio del proprietario, l' industriale farmaceutico Patrick Soon-Shiong. Un idealista, Patrick, che ha preso l' LA Times con la moglie Michelle, vede il suo investimento editoriale come una missione civica ma oggi ha poco tempo per l' editoria visto che si trova impegnato nella realizzazione di un nuovo vaccino anti Covid. Ha difficoltà a trovare il sostituto adeguato e per ora ci sono degli interim interni.

dean baquet new york times

 

Infine il New York Times. Ci si chiede cosa farà Dean Baquet, 64 anni, afroamericano, da quasi sette alla guida del giornale. La domanda circola con maggiore insistenza da quando l' amministratore delegato Mark Thompson, artefice del successo della piattaforma digitale, ha passato lo scorso settembre il testimone a Meredith Kopit Levien, 49 anni. Per ora su Baquet ci sono soltanto voci, dicono che il candidato favorito alla successione è il suo vice Joe Kahn.

marty baron washington post

 

La questione avvicendamenti ovviamente non è soltanto una questione di nomi. Arriva in un momento molto delicato per la carta stampata, le sfide sul digitale sono sempre più pressanti e si dovrà scegliere fra un direttore creativo sul fronte digitale e un direttore di contenuti più tradizionale, con conseguenze a cascata per l' intero settore.

 

Il caso di riferimento resta quello di Marty Baron. È chiaramente un direttore di "content". Quando era alla direzione del Boston Globe rivelò al mondo gli scandali dei preti pedofili nella diocesi di Boston. Quelle inchieste e i quattro Pulitzer al Boston Globe sono stati raccontati in Spotlight, il film che conquistò ben sei nomination agli Oscar nel 2016. La storia, la dinamica, le sfide di quel giornalismo hanno restituito lustro al mestiere tradizionale e rispolverato in molti giovani la passione per una professione che sembrava avviata ad afflosciarsi su pochi bytes e guadagni sempre più magri.

Jeff Bezos Washington Post

 

Marty arrivò al Post quando ancora c' era la vecchia proprietà, la famiglia Graham. Un anno dopo, anche per beghe di famiglia, il ceo Don Graham, amico di Jeff Bezos, gli propone la vendita del giornale. Bezos accetta e il mondo per Marty cambia. Bezos non era interessato a profitti, gli utili sarebbero stati reinvestiti nel giornale.

 

kevin merida 1

Marty si è lanciato su un giornale generalista senza porsi troppi problemi su una segmentazione dell' audience, soprattutto non si è occupato direttamente di digitale. Invece di inventare prodotti integrati si è focalizzato sul suo punto di forza, le inchieste e le news. In tre anni la sua divisione tech ha comunque triplicato le sottoscrizioni digitali, decisive per tutti, portandole a quasi 1,5 milioni di abbonati. Così dopo 20 milioni di passivo il primo anno, ha portato abbastanza regolarmente tra i 25 e i 30 milioni di dollari all' anno di utili.

 

il washington post venduto dai graham a jeff bezos

Bezos è stato di parola, gli ha lasciato reinvestire tutto e Baron ha assunto decine di nuovi giornalisti, ha aperto uffici di corrispondenza, ha scatenato inchieste contro Donald Trump, ha vinto altri due Pulitzer, ma soprattutto ha riportato il giornale a contare nel dibattito nazionale: prima di Baron c' erano solo il New York Times e il Wall Street Journal come veri giornali nazionali in America, oggi il Post è tornato fra i grandi.

 

washington post

Negli ultimi giorni ha fatto uno degli scoop più importanti dell' anno: la registrazione della telefonata fra Trump e il segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger, ha ricevuto la lettera degli 11 ex segretari al Pentagono hanno firmato insieme un messaggio contro Trump e poi la lettera di 200 executive, di nuovo distanti dal Presidente.

 

norman pearlstine los angeles times

Insomma se Marty Baron lascia lo fa nel momento in cui il suo giornale è già diventato una business "case story". Ma la domanda a cui non ha dato risposta è sulla strategia del Post: vuole restare un giornale con capillare copertura locale, anche politica, che fa un po' tutto senza una segmentazione adeguata e un digital mix?

 

E qui esplode la differenza con il New York Times, che ha invece una strategia precisa, punta su una audience ben definita, circa 100 milioni di persone nel mondo anglosassone, di alto reddito e cultura, un prodotto globale di elite che racconta, la politica, l' economia, la cultura, i nuovi libri per quell' audience. Non c' è più la cronaca cittadina di Brooklyn ad esempio.

kevin merida

 

La strategia prevede un mix di content e prodotti digitali e ha già colpito nel segno, gli abbonati digitali hanno superato i 7 milioni.

 

Per la successione di Baron e quella di Pearlstine spunta un nome, quello di Kevin Merida. Oggi è alla rete ESPN, ma veniva proprio dal Washington Post dove fu l' architetto del rilancio digitale. Potrebbe essere la persona ideale per Bezos (ma anche per il LA Times) perché copre sia content che hi tech. Ma Baron non ha ancora chiarito. La decisione sarà sua. E tutti aspettano per poter partire con un fitto giro di poltrone e per inaugurare la nuova dimensione strategica dei giornali, puntando a condividere la raccolta dei frutti promessi nell' era del digitale.

marty barondean baquet dean baquetjeff bezos washington postmarty baron the washington post

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”