Marco Giusti per Dagospia
ROBERT DE NIRO - IL CACCIATORE
E stasera in chiaro che vediamo? Veramente, avrei molta voglia di rivedermi i 183 minuti de “Il cacciatore” di Michael Cimino con Robert De Niro, Christopher Walken, John Savage, Meryl Streep, John Cazale su Iris alle 21, è un grande film e ancora mi domando, da cinefilo oltranzista, perché non piacque o non venne riconosciuto come un capolavoro da Bernardo Bertolucci. Magari perché vedeva nel film di Cimino quello che lui non era del tutto riuscito a fare con “Novecento”, un racconto epico mediato da una semplice metafora.
ROBERT DE NIRO - IL CACCIATORE
Ma anche Cimino farà il suo “Novecento” con il bellissimo, ma disastroso al botteghino “I cancelli del cielo”. Eppure allora, quando uscì, nel 1978, tutti vedemmo “Il cacciatore” come un grandissimo film, che mettemmo accanto solo a “Apocalypse Now” di Francis Coppola. In alternativa, avrei anche voglia di rivedermi i ben 242 minuti di “Hamlet” di Kenneth Branagh, girato in 70 mm da Alex Thompson, con lo stesso Branagh come Amleto, Kate Winslet come Ofelia, Julie Christie come Gertrude, Derek Jacobi come Claudio, e Richard Attenborough, Judy Dench, Gerard Depardieu, Jack Lemmon, John Gielgud, Charlton Heston, Robin Williams.
ROBERT DE NIRO - IL CACCIATORE
E’ la sola versione cinematografica che sia fedele integralmente al testo. Nessuno lo voleva finanziare. Troppo lungo, troppo caro. E Branagh veniva da un disastroso “Frankenstein”. Lo fece la Castle Rock a due sole condizioni. Un cast di star e una versione di due ore e mezzo per distribuirla più facilmente. Solo che vederlo doppiato in italiano su Warner Tv alle 21 toglie un bel po’ di interesse.
Se non vi smuovono né Cimino né il Branagh shakesperiano la vostra scelta non può che essere “Un Natale al Sud” di Federico Marsicano su Cine 34 alle 21. Ovvio. Un cinepanettone tardivo che si presenta al richiamo di “Finalmente se tromba!” di Enzo Salvi e delle linguette di Massimo Boldi e Biagio Izzo che si muovono come passa una chiappa femminile. In questo cialtronissimo, scombinato, trashissimo ma divertente “Un Natale al Sud”, che mi ero completamente scordato di aver visto, torna ciò che resta del cinepanettone o del pre-cinepanettone in versione Medusa-boldiana.
E tornano, ben in evidenza, le scorregge, le gag con l’alito cattivo, le puzze di piedi, i doppi sensi (“L’ha preso? Ora lo mastichi?”), le milfone infoiate da evitare, perfino le pillole che ti fanno vedere bello Boldi, il Sud estivo pugliese (ancora Polignano a Mare…) trasformato in set da vacanza natalizio. Con l’aggiunta di sponsor imbarazzante, il dottor Mech della dieta comecazzosechiama, anche attore, il libro di certo Roberto Cerè (ma chi è?), le video chat usate come se fossimo in un film di fantascienza italiano anni ’60, che provocano soltanto la visione di Salvi al cesso mentre spinge con tanto di commento di Boldi, “Ma vai a cagare!”.
Ma c’è pure Gianni Macchia, eroe dei film di Fernando Di Leo… Nel crollo, pressoché totale, del cinema italiano e nel crollo della tv fracassona di Mediaset, ormai reperto archelogico di ciò che fu il regno di Silvio, la commediaccia natalizia si ripropone in tutto il suo splendore e ci illude, come le pillole di Mech che trasformano il brutto in bello agli occhi di Anna Tantangelo, che in Italia ci sia ancora un cinema, un’industria, un pubblico. Eppure.
Sarò perfido. Ma a me questo Un Natale al Sud diretto alla sua opera prima (avrà girato un’opera seconda, chissà?), da Federico Marsicano, aiuto di Fausto Brizzi e Paolo Costella, nel suo delirio ha fatto ridere. Mi hanno fatto ridere le scorregge paurose di Enzo Salvi (“ciò na botta de squaraus”, battuta capolavoro), buttate spesso lì senza nessun bisogno che ci siano, mi fanno ridere Massimo Boldi e Biagio Izzo che fanno i soliti mariti provoloni in cerca di divagazioni ma poi eternamente fedeli e non trombanti, mi fa ridere l’arrivo di una star popolare della canzone come Anna Tatangelo usata come bellona alla Belen che attizza Boldi, mi fa ridere il tentativo di mascherare Polignano come set alla Sharm-el-Sheik, la presenza di bellone targate Mediaset, come tal Paola Caruso, messe lì come tappezzeria.
E il delirio di Medusa di puntare sul cinema basso e popolare come se fossimo ancora nel mondo di Berlusconi. Che nostalgia… chi l’avrebbe detto che il governo Meloni ci fa rimpiangere il berlusconismo. Su Canale 20 alle 21, 05 avete invece “Terminator: Genisys” di Alan Taylor con Arnold Schwarzenegger, Emilia Clarke, Jai Courtney, Jason Clarke. Così così.
Meglio il vecchio “Una donna in carriera” di Mike Nichols con una strepitosa Melanie Griffith nella sua unica nomination all’Oscar, Sigourney Weaver, Harrison Ford, Alec Baldwin, un giovane Kevin Spacey, Canale 27 alle 21, 10. La Fox voleva una star maggiore, una Demi Moore o una Michelle Pfeiffer, per il ruolo della protagonista Tess, che si muove tra colleghe vipere e raggiunge i maggiori gradini aziendali, ma Nichols puntò da subito su Melanie Griffith, che pure aveva al tempo seri problemi di droga e di alcol. Ma si rivelò la scelta giusta.
valerian e la citta' dai mille pianeti
Non fu il successo che ci si aspettava, anzi fu proprio un flop, “Valerian e la città dei mille pianeti” di Luc Besson, Rai Movie alle 21, 10, con la coppia dei giovani e belli, ma sono invecchiati rapidamente, Dana DeHaan e Cara Delevingne, un cast pieno di sorprese, da Rihanna a Clive Owen, da Ethan Hawke a Rutger Hauer, e soprattutto un budget clamoroso di 200 milioni di dollari. Il film più costoso che la Francia abbia mai prodotto. Anche se poi i soldi vengono dalla Cina, dagli Emirati, dal Canada e da tanti altri paesi.
valerian e la citta' dai mille pianeti
Per Besson è il film della sua vita, tratto da una graphic novel, “Valérian e Laureline”, scritta da Pierre Christin e illustrata da Jean-Claude Mézières, che non solo aveva molto amato in gioventù, ma che lo aveva molto ispirato per i suoi film di fantascienza, come il geniale e riuscitissimo “Il quinto elemento”. Anche se, diciamo, Besson non è più lo stesso regista che era ai tempi del “Quinto elemento”, e molti film che ha scritto, prodotto, diretto da allora ne hanno cambiato in qualche modo la forza e la freschezza.
valerian e la citta dei mille pianeti 1
Valérian è puro Besson al suo meglio e al suo peggio di come è ora. Non può avere la freschezza dei suoi primi film, anche se la cerca nei due giovani protagonisti, bravi e bellissimi, ma non certo forti come immagine di coppia, ricicla molte cose viste, come il misterioso pianeta di elfi longilinei che Valérian sogna e che gli entra proprio dentro dando il via alla storia. Il film funziona però quando arrivano Ethan Hawke come buffo pappone e una strepitosa Rihanna come Bubble, la trasformista, sorta di aliena-Fregoli in grado di prendere le forme di chiunque e di citare i versi di Paul Verlaine.
VALERIAN E LA CITTA DEI MILLE PIANETI
Proprio il personaggio di Bubble-Rihanna e tutto quel che ne segue ci mostra come Besson sia in grado di far funzionare perfettamente un film quando non deve legarsi troppo alla storia. E Valérian, quasi un pilot, costosissimo, di una serie di film che probabilmente Besson pensava di fare e non partirà mai, ha il difetto di molti pilot. Deve cioè introdurci ai personaggi, alle loro storie, al loro mondo. Così il film tarda a scaldarci, mentre un fumettone come Lucy con Scarlett Johnasson, bel ritorno al successo di Besson un paio d’anni fa, funzionava immediatamente. E funzionava anche Scarlett, meno fredda e snob di Cara Delevingne.
Su La7 alle 21, 15 si punta su un film superclassico di Renato Pozzetto, “Un povero ricco”, diretto da Pasquale Festa Campanile con Ornella Muti, Nanni Svampa, Piero Mazzarella. Già vedere Svampa e Mazzarella, da qualche anno scomparsi ci mette allegria. Su Italia 1 alle 21, 20 avete il film di truffe “Now You See Me – I maghi del crimine” di Louis Leterrier con Jesse Eisenberg, Mark Ruffalo, Mélanie Laurent, Dave Franco, Morgan Freeman. Su Canale Nove alle 21, 20 torna il mèlo di Ferzan Ozpetek “Allacciate le cinture” con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano, Francesco Scianna.
kasia smutniak allacciate le cinture
Ve lo ricorderete di certo. E’ il film che segna, dopo un’esperienza non troppo riuscita con la Fandango, il ritorno di Ferzan Ozpetek a casa, cioè fra le braccia dei produttori Gianni Romoli e Tilde Corsi, con i quali fece nascere i suoi film migliori, “Le fate ignoranti”, “La finestra di fronte”, “Saturno contro”, tutti scritti assieme a Romoli. Ozpetek si serve qui della bellezza apparentemente fragile di Kasia Smutniak e del suo bagaglio di dolore personale che tutti conosciamo, la tragica storia con Pietro Taricone eroe del “Grande Fratello”, per farne un’eroina della passione e del dolore.
kasia smutniak allacciate le cinture
Kasia, bravissima, è qui la piccola cameriera di un baretto in quel di Lecce, che ha come migliori amici un ragazzo gay che parla romano, Filippo Scicchitano, una turbolenta Carolina Crescentina dai grandi occhi azzurri. Ha pure un bel fidanzato siciliano un po’ inutile, Francesco Scianna, una mamma che parla genovese, Carla Signoris, che vive con una strampalata zia che è in realtà la sua amante, Elena Sofia Ricci. Anche se non si capisce minimamente cosa facciano tutti questi attori romani o non leccesi a Lecce, ma questi sono i dolori delle Film Commission, Kasia si innamora perdutamente del più stronzo, fascista, omofobo e razzista dei maschi del paese, il bell’Antonio interpretato dal già tronista e già curatore dei piedi di Lele Mora Fabrizio Arca, una specie di Antonio Cifariello muscoloso e tatuato come Pietro Taricone.
Ora, non solo Antonio-Arca è fidanzato della sua amica Carolina Crescentini, ma è proprio l’opposto di Elena-Kasia. Quanto lei è gentile, attenta alle diversità, pronta al dialogo, lui è una specie di bestia da scuderia Mediaset, ma anche un povero ma bello da anni ’50 italiani, e questo deve essere piaciuto molto a Romoli e a Ozpetek. E’ un maschio ruspante dal grande fisico e dallo sguardo un po’ fisso, neanche un buon attore. Ci si può innamorare di un burino simile?
Certo che sì. E Kasia è pazza di Arca dal primo momento che lo vede, quasi senza saperlo. E’ schiava di una passione che la porterà a tradire l’amica, a passare sopra all’omofobia e al razzismo del bel meccanico e a mettere su famiglia con lui. Sapendo che la tradirà, perché quello è il suo carattere, e sapendo che non potrà fidarsi di lui come capo famiglia, perché non è proprio affidabile. Vi ho detto anche troppo. Su Rai Tre alle 21, 25 è la volta di “Sister Act 2 – Più svitata che mai” diretto stavolta dall’attore nero Bill Duke con Whoopi Goldberg, Kathy Najimy, Barnard Hugues, Maggie Smith.
MASSIMO RANIERI LA PATATA BOLLENTE
In seconda serata cosa posso proporvi? “Perdiamoci di vista”, commedia sui media di Carlo Verdone qui in coppia con un a bravissima Asia, Cine 34 alle 22, 50. Ma c’è pure un fenomenale Aldo Maccione! Se non lo avete visto, recuperate subito su La7 alle 23, 30 anche “La patata bollente” di Steno, primo film che osa infilare dentro la casa del trinariciuto operaio comunista Renato Pozzetto un Massimo Ranieri in versione gay. E lui dovrà in qualche modo scegliere tra un sofisticato Ranieri e la fidanzata Edwige Fenech.
Su Cielo alle 23, 15 avete un mélo erotico diretto da Fernando Di Leo, “La seduzione” con Lisa Gastoni e la figlia Jenny tamburi che fanno perdere la testa a un più che maturo Maurice Ronet. Il film viene bloccato dalla censura “per il suo complesso”, e non per una o più singole scene, a un giorno dalla sua anteprima a Catania il 4 ottobre 1973. Il giorno dopo Guglielmo Biraghi su “Il Messaggero” attacca l’istituto censorio a prescindere dalla qualità del film.
maurice ronet lea gastoni la seduzione
“Abbiamo visto La seduzione e sappiamo che con l’arte ha poco da spartire. Di Leo ha puntato soprattutto sugli aspetti erotici della vicenda con abbondanza di nudi e amplessi, secondo la formula del cinema sexy oggi più o meno di moda. Ma a parte il fatto che si tratti di un caso di vera e propria censura ideologica (gli stessi nudi e amplessi sarebbero forse passati senza problemi se in un contesto più ‘famigliare’) non è il punto dell’arte o non arte che intendiamo sollevare con questa nota”.
Biraghi attacca proprio una censura che non si rende conto del pubblico e lo tratta come un bambino. Il film esce poi in tutta Italia e a Roma il 5 novembre 1973. Anni dopo, Di Leo dichiarò che “quei quattro vecchi imbecilli della commissione (di censura) non sono intervenuti sulle scene più erotiche, per esempio quelle con la Tamburi, no, ma su quella della Gastoni nuda, che evidentemente li sconvolgeva”.
Su Rai 4 alle 23, 30 c’è un buon giallo di Alex De La Iglesia, “The Oxford Murders” con Elijah Wood, John Hurt, Leonor Watling, Julie Cox, Burn Gorman, Anna Massey, pieno di riferimenti cinefili. Purtroppo “Aspirante vedovo” di Massimo Venier con Fabio De Luigi e Luciana Litizzetto, Canale Nove alle 23, 35, non regge il confronto col capolavoro di Dino Risi “Il vedovo”, che ho appena visto su Mubi.
Nella notte più fonda si comincia benissimo con “Lucignolo” di e con Massimo Ceccherini con Claudia Gerini, Alessandro Paci, Carlo Monni, Flavio Bucci, Cine 34 all’1, 05. Strepitoso il numero di pole dance della Gerini al suo top di sempre. Si procede anche meglio su Cielo all’1, 15 con l’erotico diretto nel 1975 da Jesus Franco e Julio Pérez Tabernero “La coccolona”, che traduce il titolo internazionale “Midnight Party”, con Lina Romay, la moglie di Jesus, Jack Taylor, Paul Muller, Alice Arno, Monica Swinn, dove la bella Laura, la Ronay, finisce in una festa orgiastica di un mafioso. Non so cosa vedremo stanotte però.
anna falchi nel continente nero
Su Rai Movie all’1, 30 passa l’horror con cinghialone assassino australiano “Razorback” di Russell Mulcahy con Gregory Harrison, Arkie Whiteley, Bill Kerr, Chris Haywood. Allora fece un certo colpo. C’è ancora tempo per i due “Eccezziunale… veramente” dei Vanzina con Diego Abatantuono, Rai Due all’1, 45 e alle 3, 15. Bella doppietta! O per la commedia “Nel continente nero” di Marco Risi con Corso Salani, Diego Abatantuono e una Anna Falchi che esibisce qui un corpo che fece perdere la testa a molti spettatori, Rete 4 alle 2, 10.
alain delon senta berger diabolicamente tua
“Diabolicamente tua” era un giallo girato da un Julien Duvivier molto invecchiato, qui all’ultimo film, con Alain Delon che si sveglia senza memoria e non riconosce copme sua moglie la bellissima Senta Berger. Ma sarà veramente sua moglie? L’ho visto al cinema Orfeo di Genova, oggi scomparso. Chiudo con un horror di Lucio Fulci, “Quando Alice ruppe lo specchio” con Brett Halsey giocatore di cavalli e serial killer, Sacha Darwin, Pier Luigi Conti, Zora Ulla Keslerova, Ria De Simone, Iris alle 4, 10. Non ha grande culto. Prodotto nel 1988 dal marchese Nannerini (“col film d’arte non si fa mai una lira”). Che poi forse non era neanche un vero Marchese…
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