beppe severgnini donald trump

DUE PESI E DUE IPOCRISIE – FACCI CONTRO CHI GODE PER IL BAVAGLIO DI TWITTER A TRUMP: “C'È UN VUOTO DI POTERE RIEMPITO DAI SOCIAL, CON LE DEMOCRAZIE STORICHE CHE ARRANCANO: MA NON È CHE DI CONSEGUENZA POSSIAMO TROVARE ‘OPPORTUNA’ UNA DECISIONE NON DEMOCRATICA SOLO PERCHÉ NON PIACE A BEPPE SEVERGNINI, UN GIORNALISTA-INTRATTENITORE DI CREMONA” – MERLO: “SE LA LEGGE NON POTEVA IMPEDIRE A TRUMP DI FARE IL SELVAGGIO SU TWITTER, DI CERTO DOVEVA IMPEDIRE A TWITTER DI FARE IL SELVAGGIO CON TRUMP...”

TRUMP TWITTER

1 - CUCÙ

Francesco Merlo per "la Repubblica"

 

L'illiberale cacciata di Trump da Twitter finalmente illumina il mondo fuorilegge dei social. Solo la legge può regolare i servizi pubblici (acqua,luce) anche di proprietà privata. E se la legge non poteva impedire a Trump di fare il selvaggio su Twitter, di certo doveva impedire a Twitter di fare il selvaggio con Trump. La libertà d' espressione dicevano i rivoluzionari francesi "o è totale o non è". E il bullo vincente è peggio del bullo perdente.

BEPPE SEVERGNINI

 

2 - IL KAPO' CHE AMA LA CENSURA

Filippo Facci per "Libero quotidiano"

 

È persino divertente guardare come i finti democratici e i giornalisti-intrattenitori stile Beppe Severgnini cerchino di giustificare l' esclusione di Donald Trump dai principali social-network, ora che l' ex presidente è rotolato dallo scranno ergo dargli il calcio dell' asino costa pochissimo.

 

Lo capisce anche uno scemo che la cosa è grave, che si tratta di una censura pura e che la circolazione delle idee non può essere vincolata alla loro natura, a meno che siano tassativamente vietate dalle leggi: come il fascismo in Europa, il nazismo in Germania, ormai il giornalismo in Italia.

 

donald trump parler twitter

Ne hanno convenuto statisti come Angela Merkel o Emmanuel Macron, in linea peraltro con un sacco di gente che con Trump non ha davvero niente a che fare, anche perché il ragionamento è semplice: non è possibile che un' azienda economica (che giustamente persegue il profitto) possa decidere chi parla e chi no, mettendo soavemente in discussione le fondamenta della nostra comunità democratica.

 

TRE COSE

trump

Sono però vere tre cose: una è che il problema è vecchio e resta irrisolto dalla politica, tanto che negli anni c' è stata un sacco di gente censurata (persino da queste parti) senza che si alzasse un refolo; un' altra è che proprio sulla libertà delle idee, e sulla diffusione di idee anche balzane e manifestamente false (terrapiattisti, complottisti dell' 11 settembre, no-vax e fanatici religiosi) questi social network sono prosperati negli anni: se le regole valse per Trump fossero valse sin dall' inizio, Twitter e Facebook non avrebbero certo raggiunto miliardi di utenti e di introiti e di potere mediatico imbarazzante; e sarà anche vero che questi network sono dei privati che mirano al profitto (e alla sopravvivenza) e dovrebbero poter censurare chi vogliono, ma allora vale per tutti, anche per Libero, il Corriere della Sera, qualsiasi organo d' informazione privato che senza profitto non avrebbe la sopravvivenza.

 

account twitter libero

Resta che c' è una vacatio legis e un vuoto di potere riempito dai social, con le democrazie storiche che arrancano: ma non è che di conseguenza possiamo ridurci a trovare «opportuna» una decisione non democratica solo perché non piace a Beppe Severgnini, un giornalista-intrattenitore di Cremona. «I social non possono essere tubi vuoti dove passa di tutto», ha scritto l' intrattenitore sul Corriere, distratto per una volta dalle inezie quotidiane: perciò i social - non si scappa - dovrebbero essere dei tubi pieni dove passa quello che vuole Severgnini.

 

donald trump twitter

Quella che è andata perduta, e che non sarà Facebook a restituirci, è la figura di intermediazione che gli opinion makers hanno rappresentato per almeno un secolo: negli ultimi decenni la rappresentavano i giornalisti, padroni del vero, del falso, dei fatti e del contraddittorio.

beppe severgnini

 

Ora questa roba non c' è più, e non si torna indietro, purtroppo: i politici parlano direttamente al volgo (e sono volgo come loro) e ciascuno tende a raccontarsela, gli interessa solo di sé e dei propri problemi, si chiude nella famosa bolla che tende a escludere il resto del mondo: sono nate così le post-verità e le fake news.

jack dorsey

 

Però il tizio di cui stiamo parlando è (era) il presidente degli Stati Uniti democraticamente eletto, quindi non è che lo stesso Occidente, che intanto santifica democraticamente altri antidemocratici (arabi, cinesi, dittature con scranno all' Onu) possa spostare i confini e le regole secondo simpatia.

 

BEPPE SEVERGNINI

Sentite Severgnini: «È ora che i social si sveglino e assumano le proprie responsabilità, visto che i governi democratici sonnecchiano e le autorità indipendenti arrancano». lo scenariO Ora provate a sostituire la parola «social» con «Hitler» oppure «Mussolini», o se volete sgravare scrivete «magistratura»: avrete lo stesso incerto scenario (compresa una crisi economica, ora anche pandemica) che precedette dei pieni che riempirono dei vuoti, cioè dei poteri che presero il posto di altri. È un discorso esagerato? Mica tanto: in fondo, negli Usa, l' insurrezione non c' è stata, e il risultato del voto democratico è stato accettato.

 

si e' rotto twitter

L' unica cosa che c' è stata di sicuro è il silenziamento di Trump, che, piaccia o meno, rappresenta molti milioni di persone: questo mentre altre - dementi al cubo, haters, diffamatori, invasati, adescatori - hanno la fortuna di non essere così popolari. Insomma, no, non è il ritorno del dibattito tra politica e cittadini, non è una rinnovata separazione tra medium e contenuto coi giornalisti che vorrebbero continuare a rappresentare le regole, magari anche quelle dei social. Le regole e i codici dei social peraltro sono attualmente ridicoli, fanno ridere, sono discrezionali, i censori o decisori non hanno neppure una faccia.

account twitter di donald trump

 

Non serve che si costituiscano come nazioni e magari si siano delle regole ferree, una polizia postale, una Costituzione: ci sono già gli stati normali, democratici, quelli che a mezzo delle loro leggi fatte da parlamenti eletti (e votati, se possibile) decidono chi incita all' odio o alla violenza o al razzismo all' insurrezione: decidono loro, non i sensi di colpa di Mark Zuckerberg o la banalità del bene di Beppe Severgnini da Cremona.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?

matteo piantedosi khalifa haftar giovanni caravelli

FOLLOW THE MONEY! - DIETRO AL RESPINGIMENTO DI PIANTEDOSI IN LIBIA, PROBABILMENTE, CI SAREBBE IL VIL DENARO! SADDAM HAFTAR, FIGLIO DEL GENERALISSIMO KHALIFA E GOVERNANTE DI FATTO DELLA CIRENAICA, AVREBBE CHIESTO ALL'ITALIA UN SOSTEGNO ECONOMICO PER "GESTIRE" I MIGRANTI (TENERLI IN GABBIA SENZA FARLI PARTIRE), COME QUELLO CHE ROMA CONCEDE AL GOVERNO DI TRIPOLI - L'AISE DI CARAVELLI, CHE HA OTTIMI RAPPORTI CON HAFTAR JR, TANTO DA AVERLO PORTATO IN ITALIA PER UN TOUR DEI MINISTERI (UN MESE FA HA INCONTRATO PIANTEDOSI, CROSETTO E TAJANI), HA CONTATTATO GLI 007 DI GRECIA E MALTA, PER CHIEDERE DI CONDIVIDERE L'ESBORSO. QUELLI HANNO RISPOSTO "NO, GRAZIE" - E COSÌ, È PARTITA LA "RITORSIONE" DEGLI HAFTAR, CHE HANNO ORGANIZZATO LA TRAPPOLA PER LA DELEGAZIONE EUROPEA (COMPOSTA OLTRE A PIANTEDOSI DAI MINISTRI DI GRECIA E MALTA)

giusi bartolozzi almasri giorgia meloni carlo nordio

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA TRA LE MANI IL CAPRO ESPIATORIO PERFETTO PER LA FIGURACCIA SU ALMASRI: GIUSI BARTOLOZZI, CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, NORDIO. DEL RESTO, È UNA MAIL DELLA “ZARINA” A DIMOSTRARE CHE A VIA ARENULA SAPESSERO DELL’ARRESTO DEL TORTURATORE LIBICO GIÀ DOMENICA 19 GIUGNO, E NON LUNEDÌ 20, COME SEMPRE SOSTENUTO DA NORDIO – DI FRONTE ALL’IPOTETICA CACCIATA DELLA BIONDISSIMA GIUSI, PERÒ, NORDIO S’È SUBITO OPPOSTO: GIAMMAI! D'ALTRONDE LA DECISIONE, SECONDO IL MINISTRO, È STATA PRESA DIRETTAMENTE A PALAZZO CHIGI…

mantovano belloni almasri ursula von der leyen bjoern seibert gianni caravelli

BELLONI, UN ERRORE DOPO L’ALTRO. QUANDO SBATTÈ LA PORTA DEL DIS, ESSENDO ENTRATA IN CONFLITTO CON IL CAPO DELL’AISE, GIANNI CARAVELLI, COLPEVOLE DI NON FARE RIFERIMENTO A LEI MA AL SOTTOSEGRETARIO ALFREDO MANTOVANO, SCELSE IL MOMENTO MENO OPPORTUNO: L’ESPLOSIONE DEL CASO ALMASRI - DOPO LO SCHIAFFO A MANTOVANO, ORA HA MOLLATO UNA SBERLA A URSULA, DECIDENDO DI FARE LE VALIGIE ANZITEMPO NEL MOMENTO DI DEBOLEZZA MASSIMA DI VON DER LEYEN: LA QUESTIONE DEI DAZI E LA MOZIONE DI SFIDUCIA DEGLI EUROPARLAMENTARI DI ULTRA-DESTRA - E OGGI BELLONI SI RITROVA, COME DICONO IN CERTI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ‘’SENZA I CRISMI’’ DI AFFIDABILITÀ PER ASPIRARE A UNA PRESIDENZA IN QUALCHE PARTECIPATA DI STATO, DOVE URGE UNA PRESENZA FEMMINILE, COME L’ENI...

giorgia meloni ursula von der leyen elly schlein

FLASH! - AVVISATE MELONI: IL VOTO DI FRATELLI D'ITALIA NON DOVREBBE SERVIRE NEL VOTO DI SFIDUCIA PRESENTATA DA 76 EURODEPUTATI DI ESTREMA DESTRA NEI CONFRONTI DELLA COMMISSIONE E DI URSULA VON DER LEYEN - LA TAFAZZIANA MINACCIA DI ASTENSIONE DEL GRUPPO PSE DEI SOCIALISTI EUROPEI (PD COMPRESO) SAREBBE RIENTRATA: IL LORO VOTO A FAVORE DELLA SFIDUCIA A URSULA SAREBBE STATO COPERTO DALLA CAMALEONTE MELONI, IN MANOVRA PER "DEMOCRISTIANIZZARSI" COL PPE, SPOSTANDO COSI' A DESTRA LA MAGGIORANZA DELLA COMMISSIONE...