LA FELICITA’ DIFFICILE DELLA "GENERAZIONE PROZAC" – SE NE VA A 52 ANNI PER UN CANCRO AL SENO ELIZABETH WURTZEL: PORTO’ GLI PSICOFARMACI IN LETTERATURA CON IL BEST SELLER "PROZAC NATION", UN MEMOIR IN CUI SI PERMISE DI PARLARE DI DEPRESSIONE E FARMACI NELL'AMERICA BENE – I NOVANTA ERANO ANNI TIMOROSI, SGONFIATI DAI FASTI DEL DECENNIO PRECEDENTE. ERANO GLI ANNI DI ‘LITHIUM’ DEI NIRVANA E DI 'TRAINSPOTTING'… - VIDEO

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Vins Gallico per “il Fatto quotidiano”

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L' idea di avere tantissimo, troppo tempo da un lato, e l' idea di averne poco, pochissimo dall' altro: da un estremo all' altro è passata Elizabeth Wurtzel, prima di non avere più tempo. È morta il 7 gennaio a Manhattan, per un cancro al seno che aveva intaccato anche cervello e midollo.

 

Aveva 52 anni e un quarto di secolo fa, nel 1994, era venuta alla ribalta letteraria con un testo irriverente ed epocale. Prozac Nation fu il best-seller di una ventisettenne che si permetteva, primo, di scrivere un memoir a ventisette anni, e secondo, di parlare di depressione e trattamento farmacologico nell' America bene.

 

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La temutissima critica del New York Times Michiko Kakutami commentò che a leggere il libro di quell' autrice narcisista, viziata e sopravvalutata veniva voglia di darle uno scossone e di ricordarle che poteva capitare di peggio che crescere a New York negli anni Settanta da una famiglia ebrea e studiare all' Università ad Harvard. Allo stesso tempo però Kakutami riconosceva a Wurtzel di aver scritto un libro unico, dove riusciva a investigare il proprio narcisismo con una dose di autoironia e leggerezza tanto da mettere in secondo piano le parti lagnose e commiserevoli.

 

E tirava fuori paragoni importanti: Joan Didion, Sylvia Plath, Bob Dylan.

 

Che esistesse un legame fra letteratura e depressione non era niente di nuovo: da Mark Twain a Charles Dickens, da William Faulkner a Joseph Conrad, da Edgar Allan Poe a Hermann Melville, da Isaac Asimov a Stephen King, la lista degli autori depressi potrebbe occupare intere pagine del quotidiano.

 

Ma quello che aveva fatto Elisabeth Wurtzel era stato percepire un nuovo slittamento terapeutico in quegli anni: si stava superando l' elemento psicoanalitico con il supporto chimico. Bye bye Freud, cam' n Prozac. Era la medicina, il principio attivo Fluoxetina Cloridato ad avere la meglio sulle sedute sul lettino.

 

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Non era facile ammetterlo: perché la chimica andava bene per aprire le porte della percezione, ma non per mettere dei fermaporta. In Italia Rizzoli pubblicò Prozac Nation due anni dopo traducendo con il titolo La felicità difficile, oscurando l' aspetto sociologico della diffusione del Prozac negli United States of Depression.

 

Bisognerà aspettare altri due anni perché una punk band di Pordenone (luogo non propriamente ridente, come dimostrano anche i Tre allegri ragazzi morti) abbia successo con un singolo dal titolo Acida e sdogani il tema: erano i Prozac +.

 

In musica l' importanza di un medicinale salvifico ed equilibratore era già stata intuita dai Nirvana, con Lithium all' interno dell' album Nevermind (1991). Litio o no, Kurt Cobain si era comunque ammazzato due anni dopo.

 

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Erano un' epoca strana, zoppicante, malconcia quegli anni Novanta, timorosi di nuove guerre, sballottati dai lustrini del decennio precedente. Era caduto il Muro di Berlino, la Russia non era più il nemico o il competitor degli americani. Ai muscoli di Rocky Balboa e ai balletti di Madonna si rispondeva con jeans che strisciavano a terra e maglioni extralarge e dei tuffi nel cesso alla Trainspotting.

 

Ribelli negli anni 70, consumisti negli anni 80, disorientati e depressi all' inizio dei '90.

Nel 1998 Elizabeth Wurtzel pubblicò un secondo libro: Bitch, mai tradotto in italiano: cinque saggi in cui dà voce alle grandi donne che dovrebbero stare dietro ai grandi uomini, da Zelda Fitzgerald e Margaux Hemingway fino a Hillary Clinton. Il risultato è una silloge di neofemminismo, con l' autrice che posa nuda nella copertina del libro (di spalle sulla copertina rigida, di lato sul tascabile).

 

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Del 2001 è More, Now, Again sulla dipendenza da Ritalin, la droga contenente metilfenidato che viene prescritta a chi ha un deficit dell' attenzione.

 

Ma il grande spolvero è lontano. Wurtzel frequenta la facoltà di legge a Yale, si laurea, scrive ancora per qualche rivista (anche di David Forster Wallace, che nel frattempo si è suicidato), si sposa.

 

Scopre che suo padre non è il suo vero padre, ma stavolta non ha più il tempo per raccontarlo in un nuovo memoir.

 

Di lei si è detto che era una Sylvia Plath in un video di Mtv, una Virginia Woolf sotto speed, sempre qualcun' altra in combinazione con qualcosa.

Forse perché quella combinazione la proponeva la prima copertina del suo esordio: una giovane depressa di talento, una ragazza che tremava e raccontava se stessa, con l' aiuto di una piccola pillola.

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