FIUME IN PIENA - NELLA SPEDIZIONE DI D’ANNUNZIO UN ANTICIPO DELLA FANTASMAGORIA RIBELLE DEI ’70 TRA FESTINI, DROGHE, AMORI OMO ED ETERO, SESSO E RICHIESTA FEMMINILE DI EMANCIPAZIONE – TRA LE “LEGIONARIE” LA PIANISTA LUISA BACCARA CHE SVILUPPÒ CON IL VATE LA DIPENDENZA DALLE PISTE DI "NEVE" E LE PROVOCAZIONI AUDACI DELL’ARISTOCRATICA MARGHERITA KELLER BESOZZI: “PORTO SOTTOVESTI DI SETA. SONO STATA DI MOLTI UOMINI. LO CONFESSO SENZA ARROSSIRE”

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Giovanni De Luna per “la Stampa”

 

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Il 1919 è il primo anno di pace dopo una guerra enormemente distruttiva. Troppe ferite impossibili da archiviare, troppi veleni ancora a intossicare un dopoguerra inquieto e tumultuoso.

La situazione economica era allarmante. Lo sforzo bellico era costato un forte incremento del debito pubblico (nel 1913-1914 il deficit del bilancio dello Stato era di 214 milioni; nel 1918-1919 era arrivato alla cifra record di 23.345 milioni!); l' aumento dei prezzi e il reinserimento dei reduci - centinaia di migliaia di giovani che tornavano a casa con scarse prospettive di trovare un lavoro - alimentavano una rabbia sociale che sembrava incontenibile.

 

fiume - gabriele d'annunzio fiume - gabriele d'annunzio

Gli scioperi contro il carovita, nel giugno-luglio di quell' anno, con tumulti di piazza e saccheggi dei negozi, diedero la sensazione che la protesta potesse sfociare in una insurrezione generalizzata, alimentando la «grande paura» che il bolscevismo potesse avere successo anche in Italia. Gli avvenimenti russi del 1917 avevano infatti suscitato un' attesa «messianica» di rivolgimenti sociali. Di contro, tra i ceti medi, gli ufficiali inferiori di complemento, dopo aver assaporato l' ebbrezza dell' autorità e del comando, lasciavano a malincuore le trincee per ritornare a una vita quotidiana fatta di precarietà e incertezza.

 

Erano convulsioni che rimbalzavano direttamente sulla politica. Le formule che avevano segnato l' età giolittiana erano tramontate e non c' era più una coalizione di partiti in grado di dare stabilità al governo, di gestire con lucidità la difficile transizione verso la pace. L' esecutivo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, che pure godeva del prestigio derivante dalla vittoria sugli austriaci, cadde a causa delle difficoltà incontrate dalla delegazione italiana alla Conferenza di Parigi.

 

gabriele d'annunzio gabriele d'annunzio

Gli successe Francesco Saverio Nitti. Dopo l' approvazione di una legge elettorale che introduceva il sistema proporzionale, le Camere furono sciolte e si tennero le elezioni (16 novembre 1919): il vecchio blocco liberaldemocratico risultò ancora la forza politica più votata (con il 38,9% dei voti), conquistando però appena 179 deputati, quando in precedenza ne aveva 310. Si trattava di una perdita secca, che sanciva l' impossibilità di costituire una maggioranza restando all' interno del quadro politico, imperniato sui liberali, che aveva guidato il Paese per più di sessant' anni.

La guerra aveva stabilito un nesso strettissimo tra la violenza e i comportamenti collettivi.

 

Sembrava che tutti i nodi politici fossero da sciogliere affidandosi alle armi e all' uso della forza; si guardava con insofferenza alle formule della democrazia, al vecchio progetto giolittiano di «controllare» il conflitto politico, sradicandolo dalle piazze per riportarlo fisiologicamente nelle aule parlamentari. La stessa sfiducia circondava la possibilità che si potessero ristabilire normali relazioni diplomatiche tra Stati. Si cominciò a parlare di «vittoria mutilata», proprio in relazione all' insoddisfazione per come l' Italia veniva trattata alla Conferenza di pace di Parigi.

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La nostra delegazione si era impegnata nel tentativo di aggiungere alle conquiste territoriali già promesse dagli Alleati con il trattato di Londra anche la città di Fiume, in Dalmazia, abitata in prevalenza da italiani. La ferma opposizione delle altre potenze vincitrici indusse i nostri rappresentanti diplomatici addirittura a disertare per un breve periodo il tavolo dei colloqui.

Per forzare la mano agli Alleati mettendoli di fronte a un fatto compiuto, il 12 settembre 1919 circa duemila tra «legionari» e volontari, guidati da Gabriele D' Annunzio occuparono Fiume.

 

Lo stesso D' Annunzio assunse il comando della città, proclamandone l' annessione all' Italia. Era un gesto rivoluzionario, un' iniziativa militare illegale che lasciava presagire quello che sarebbe accaduto tre anni dopo, nel 1922: la rivoluzione che tutti si aspettavano dai comunisti e dai socialisti sarebbe venuta da destra, dai nazionalisti e dai fascisti.

 

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In quella fase, le istanze rivoluzionarie erano ancora magmatiche e confuse e intrecciavano motivi di entrambi gli schieramenti. A Fiume D' Annunzio varò una sorta di Carta costituzionale in cui si affermava, ad esempio, che «lo Stato non riconosce la proprietà come il dominio assoluto della persona sopra la cosa, ma la considera come la più utile delle funzioni sociali».

 

L' avventura fiumana durò 15 mesi, provocò la caduta del governo Nitti che non era stato capace né di evitarla, né di reprimerla, e si concluse soltanto con il Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, che assegnò alla città lo status di «città libera» (diventerà pienamente italiana nel 1924).

D' Annunzio rifiutò di accettare quella soluzione; per costringerlo ad abbandonare la città fu necessario far intervenire l' esercito. Fiume fu bombardata e 18 gennaio 1921 D' Annunzio si arrese.

 

2 – E LE LEGIONARIE ANTICIPARONO IL SESSANTOTTO

Mirella Serri per “la Stampa”

 

«Fiume è diventata un postribolo, ricetto di malavita e di prostitute più o meno high life», sosteneva indignato il presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti alla fine del 1919. Gli arditi, gli anarco-sindacalisti, i socialisti, i nazionalisti che avevano invaso Fiume, denunciava Nitti, ne avevano fatto un teatro di orge e festini a base di sesso e di cocaina.

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E responsabili erano soprattutto le donne di facili costumi. Il 12 settembre 1919, al seguito legionari di D' Annunzio arrivarono anche centinaia di signore e signorine la cui avventura fiumana non è mai stata raccontata: adesso viene ricostruita da Claudia Salaris nel volume Donne d' avanguardia (uscirà dal Mulino, che ora manda in libreria una nuova edizione ampliata di Alla festa della rivoluzione dedicato dalla Salaris all' impresa di Fiume).

 

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Le fanciulle che occuparono la città adriatica insieme con le milizie capeggiate da Guido Keller riflettevano le aspirazioni delle ultime generazioni femminili. Durante il conflitto mondiale le donne avevano sostituito in molti lavori gli uomini che si trovavano al fronte. E adesso si rifiutavano di rientrare tra le pareti domestiche. A Fiume arrivò un esercito di maestre, di crocerossine, di giornaliste, di scrittrici che crearono una «Città di vita», come la chiamò D' Annunzio , una «controsocietà» alimentata da progetti di ugualitarismo e di libertà.

Ma chi erano le legionarie?

 

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Erano donne spinte dal desiderio di indipendenza e di riconoscimenti, come la tredicenne Nada Bosich che lavorava alacremente per confezionare mostrine e indumenti per l' inverno, come la giornalista Bianca Flury Nencini che si occupava dei bambini fiumani, come Ebe Romano, autrice dell' Inno a Fiume, che preparava agli esami i giovanissimi soldati, o come la pianista Luisa Baccara che teneva concerti in piazza e che sviluppò con D' Annunzio la dipendenza dalle piste di «neve».

Gabriele D'ANNUNZIO Gabriele D'ANNUNZIO

 

O come la marchesa Margherita Incisa di Camerana che militava nei reparti di assalto. Le sostenitrici dell' impresa fiumana erano disseminate in tutta la Penisola, come la geniale Enif Robert, autrice con Filippo Tommaso Marinetti di Un ventre di donna in cui racconta la sua (immaginaria?) relazione saffica con Eleonora Duse. A Rapallo, dove il 12 novembre 1920 venne firmato il trattato internazionale che pose termine in modo drammatico alla vicenda fiumana, la Robert gettava volantini e compiva azioni provocatorie.

 

salaris cover salaris cover

La legionarie volevano varcare nuovi confini anche nell' ambito più intimo e privato. L' aristocratica Margherita Keller Besozzi, con lo pseudonimo di Fiammetta, fu la portabandiera delle richieste femminili in ambito erotico. «Avere il coraggio della propria sessualità e del proprio desiderio / Saper trovare l' UOMO», predicava, «prenderselo, avvincerlo, stordirlo, tenerselo / La donna di Fiume è la MADRE della donna moderna». Da vera provocatrice aggiungeva: «Sono giovane. / Fumo molte sigarette. / Me ne frego della crociata contro il lusso e porto sottovesti di seta. / Sono stata di molti uomini. / Lo confesso senza arrossire».

 

Anche nell' abbigliamento le legionarie volevano eguagliare i maschi: indossavano casacche militari e portavano spadini sotto la giubba dove avevano ricamato: «O Fiume o morte». Le truppe del Comandante furono il laboratorio politico del Ventennio nero. Sperimentarono la politica di massa, il mito della romanità, il braccio teso e i saluti come «Eia, eia alalà», la canzone Giovinezza, il legame mistico tra la folla e il Capo.

gabriele d'annunzio e l ammiraglio enrico millo gabriele d'annunzio e l ammiraglio enrico millo

 

Lo spirito femminile, desideroso di libertà e di nuove regole, si rifletteva nella Carta del Carnaro, la costituzione dello Stato indipendente proclamato in attesa del ricongiungimento alla madrepatria, in cui era sancito il diritto di voto delle donne e il suffragio universale.

 

Le legionarie pagarono anche con la vita la loro baldanza. Nel dicembre 1920, quando Fiume fu espugnata dall' esercito regolare italiano, pure le giacchette femminili si intrisero di sangue e tra le fanciulle vi furono vittime e mutilate. Ma della vicenda si perse la memoria. Non quella del gran circo fiumano che, secondo la Salaris, con la rivolta giovanile, le droghe, gli amori omo ed etero, e soprattutto con la richiesta femminile di emancipazione, anticipò la fantasmagoria ribelle degli anni Settanta.

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