GIANNELLI D’ITALIA – “CONTE CON LA PUZZA SOTTO AL NASO È LA RAPPRESENTAZIONE DI UNA SITUAZIONE POLITICA, CON RENZI NON SONO BENEVOLO, FORSE È IL SENTIMENTO DEL SENESE CONTRO IL FIORENTINO. CALENDA? HA UNA FACCIA IMPENETRABILE” - IL VIGNETTISTA DEL CORRIERE SI RACCONTA: "QUANDO DISEGNAVO BOSSI COME UN CANE AL GUINZAGLIO DI BERLUSCONI, I LEGHISTI S'INCAZZAVANO. ORA CHE SONO PIÙ POTENTI, SI SONO CALMATI" – E POI RINO FORMICA, LE MONETINE A CRAXI, MIELI E SCALFARI…

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Luca Giampieri per “la Verità”

giannelli giannelli

 

Dici Giannelli e pensi alla vignetta. Come si pensa alla caffettiera sentendo la parola Moka, o al nastro adesivo leggendo Scotch. Una volgarizzazione del marchio (quando la diffusione di un brand è tale da sostituire nel linguaggio comune il nome dell' oggetto) che di volgare non ha alcunché.

 

Di popolare sì, eccome. Nonostante l' uomo accolga con reazioni allergiche gli encomi a lui rivolti, Emilio Giannelli, avvocato e disegnatore toscano, classe 1936, è l' eleganza sobria d' altri tempi; satira puntuta ma indulgente, mai biliosa, che da 28 anni si posa quotidianamente sulla prima pagina del Corriere della Sera con la levità d' una piuma. Oltre 11.000 vignette all' attivo solo per il giornale di via Solferino.

 

giannelli conte giannelli conte

Nell' azzardo di strapparlo al foglio meneghino, dopo la parentesi a Repubblica, negli anni Novanta Indro Montanelli gli offrì 400 milioni di lire per tre caricature a settimana (circa 2 milioni e mezzo l' una). Cifra ragguardevole che quantificava il valore mastodontico del suo tratto. Come è noto, Giannelli rifiutò, temendo che quella somma avrebbe comprato la libertà di cui godeva al Corsera e, prima ancora, alla corte di Eugenio Scalfari, il quale tentò in ogni modo di convincerlo a disfare le valigie.

 

«Diceva che il Corriere era il giornale dei vecchi», ricorda il vignettista. «Mi inviava in ufficio via fax i numeri a sostegno della sua tesi». Il resto è storia della prima e della seconda Repubblica.

 

«Ogni mattina, migliaia di italiani hanno facce interdette leggendo la prima del Corriere», recita nell' èra social l' intestazione alla pagina Facebook Capire Giannelli, dove migliaia di seguaci si producono in un' esegesi delle sue illustrazioni. L' ex direttore dell' ufficio legale del Monte dei Paschi, nella sua casa sui colli senesi, prende una pausa per riflettere. Poi sentenzia: «Quando non si capiscono è meglio».

 

giannelli renzi giannelli renzi

Che non abbia in grande simpatia Matteo Renzi, però, l' hanno capito anche i sassi.

Italia viva ha rafforzato questo sentimento?

«Renzi è un personaggio che giudico politicamente. Il grado di apprezzamento per l' individuo, almeno per chi fa le vignette, dovrebbe essere un aspetto indipendente. Naturalmente, simpatia e antipatia trapelano dalla caricatura, ma sono ispirate da ciò che il soggetto fa».

 

E qualcosa, in effetti, trapela dal modo in cui lo disegna.

«Sarà il sentimento del senese contro il fiorentino».

L' ex premier ha sempre un' espressione divisa tra perfidia e sbruffonaggine. Qui a Milano lo definiremmo ganassa.

«Ganassa era il soprannome di un fantino che non ha nulla a che vedere con Renzi.

Uno che ci metteva del suo. Renzi ci mette degli altri».

 

Chi pensa di avere ritratto con maggior tenerezza?

«Chi fa vignette politiche raramente è guidato dalla tenerezza. Con un occhio di benevolenza e mai di acrimonia, forse, ho disegnato Sandro Pertini. Pur intervenendo in un momento molto difficile per l' Italia, non si comportò male».

 

Di fronte a un personaggio nuovo, da dove parte per disegnarlo?

«Cerco di collegare la statura politica con la figura fisica, esasperando quei tratti somatici che, secondo me, rappresentano i difetti politici».

Faccia un esempio.

giannelli conte di maio salvini giannelli conte di maio salvini

«La caratterizzazione di Giuseppe Conte sta nell' espressione compassata, con questo naso all' insù che è la rappresentazione di una situazione politica: come se giocasse a un gioco il cui odore gli dà un po' fastidio e tenesse il naso ritto per odorare di meno».

 

C' è un politico che non le riesce?

«Carlo Calenda. Ha una faccia impenetrabile, sempre con quel mezzo sorriso: mai serio e mai allegro».

 

Da bambino cosa amava disegnare?

«Mi divertivo a fare le caricature. Mamma conservava un disegno fatto in prima elementare che doveva essere un ritratto di Vittorio Emanuele III.Io sono mancino e all' epoca non permettevano di scrivere con la mano sinistra. Ma quando disegnavo, nessuno mi costringeva a utilizzare il lapis con la destra; dunque il disegno mi faceva sentire libero»

 

Esistono due versioni sul suo approdo a Repubblica: la prima è che lei inviò dei disegni al quotidiano di Scalfari, la seconda è che Giorgio Forattini la chiamò per collaborare.Qual è quella vera?

«Entrambe. Forattini mi contattò su richiesta di Scalfari, il quale era rimasto colpito da un disegno che inviai in redazione nel 1980. Avevo visto alla televisione l' arrivo in Italia di Jimmy Carter, ricevuto da Amintore Fanfani e Sandro Pertini. Siccome la figlia di Carter aveva con sé un orsacchiotto, mi venne in mente di fare una vignetta in due tempi: l' arrivo ricalcava la cronaca, mentre immaginai una partenza in cui la bambina si portava via Fanfani e lasciava l' orsacchiotto a Pertini».

giannelli giannelli

 

Ma il Corriere della Sera era davvero il giornale dei vecchi?

«Si diceva che un nutrito gruppo di lettori lo comprasse solo per scorrere la lista dei morti. Quando vi arrivai nel 1991, però, vendeva 1 milione di copie alle edicole».

 

È ancora un quotidiano per matusa?

«Quotidiani per giovani, oggi, non ne vedo. Il Corriere è sempre un bel giornale. Diciamo che se prima decideva cosa pubblicare in funzione di una linea editoriale precisa, adesso è più incline a cercare il compiacimento del lettore».

 

Era difficile conciliare l' impegno giornaliero delle vignette con un lavoro a tempo pieno come dirigente?

«La difficoltà era relativa, perché la vignetta che va in prima pagina viene decisa all' ultimo momento. Se anche la fai prima, succede sempre qualcosa che ne modifica la gerarchia nella scala dell' attualità. Prendermi un paio d' ore di tregua dagli impegni gravosi al Monte dei Paschi mi serviva per rifiatare».

 

Ha mai pensato di dimettersi per concentrarsi sulla caricatura?

«Mai. Per me è un' interruzione del lavoro, non può essere l' impiego di una giornata».

Paolo Mieli disse che il suo era il mestiere più difficile al Corriere. Più difficile del lavoro di direttore.

«Il solito esagerato».

Questo è un periodo ideale per un vignettista: l' immagine regna sovrana.

«Vero. Però è un' arma a doppio taglio. Il fatto che la vignetta sia una delle prime cose che saltano all' occhio quando si compra il giornale, comporta maggiore responsabilità.

Quindi ti impegna di più».

 

È mai capitato che le dicessero: «Emilio, questa non va bene»?

«Altroché. A volte, ci sono motivi per cui non vogliono che prenda di mira un personaggio. Magari quel giorno c' hanno un' intervista con il tal politico, se faccio la vignetta su di lui me la fanno ripetere. Sa, il Corriere è molto molto».

Moderato?

«Eh, qualcosa di più. Capita spesso che la vignetta che io considero migliore venga bocciata. Alle volte mi indispettisco e allora il direttore decide di pubblicarla».

 

Esiste un annoso dibattito su satira e libertà di espressione. Satira significa poter dire qualunque cosa?

«Forse sono vittima della mia professione: per me no, deve avere dei limiti. La persona può essere presa in giro, ma non offesa gratuitamente».

VIGNETTA GIANNELLI - RENZI E ITALIA VIVA VIGNETTA GIANNELLI - RENZI E ITALIA VIVA

 

Ha detto che la vignetta si guasta se bagnata nel rancore. Viviamo una fase politica in cui la satira ha lasciato il posto all' insulto?

«Sì, e mi dispiace. Anche la satira più crudele dovrebbe essere giocosa».

 

È stato Beppe Grillo col Vaffa a sdoganarlo definitivamente?

«Mah Alcune volte il vaffa era un insulto, altre non c' era da crederci troppo».

Mentre l' asticella dell' ingiuria si alza, quella dell' indignazione si abbassa. Sembrano trascorsi secoli dalle monetine a Bettino Craxi.

«Le monetine a Craxi rappresentavano uno sfogo che era come lo sputo al dittatore. Del resto, la religione lo insegna: dagli Osanna della Domenica delle palme, si passa alla crocifissione. Mi passi il paragone».

 

Nulla ci tocca più?

«Le vignette di un tempo fanno ridere, ma non perché siano esilaranti. Quelle che erano ritenute le più impertinenti sono così puerili rispetto alle pretese odierne. La società si è imbarbarita».

vignette di giannelli su maria elena boschi 9 vignette di giannelli su maria elena boschi 9

 

Sulla copertina del libro Alla faccia loro, rappresentò i leader politici con le natiche al posto delle guance. Oggi come li farebbe?

«Fu un' eccezione. Solitamente non ricorro a culi, cazzi e via discorrendo. Se dovessi farli oggi, sostituirei le gote ai coglioni».

 

Con la censura che rapporto ha?

«La prima censura sono io, la seconda è mia moglie. Tante volte, mentre disegno, allunga il collo e dice: "No, dai". E io cambio».

Quante volte hanno telefonato al Corriere per lamentarsi delle sue vignette?

«Spessissimo. Ma sono più gli "amici di" a farsi sentire.Quando disegnavo Bossi come un cane al guinzaglio di Berlusconi, i leghisti s' incazzavano parecchio. Ora che sono più potenti, si sono calmati».

 

Andando più indietro?

«Rino Formica, sull' Avanti, mi tacciò di avere insultato in modo indegno il Partito socialista. Era il 1992 e il Psi compiva 100 anni. Disegnai Craxi con Amato. Il primo esclamava: "100 anni al Psi!». E l' altro: "Sì, con la condizionale"».

 

Nessuna tirata d' orecchi da via Solferino?

vignette di giannelli su maria elena boschi 8 vignette di giannelli su maria elena boschi 8

«Sono molto protettivi.Quando hanno qualche rimostranza, non me lo dicono. Lo vengo a sapere a posteriori».

 

Faccia i dovuti scongiuri: se dovesse suggerire il suo successore al Corriere, chi indicherebbe?

«Beppe Mora ha uno stile molto indovinato. Purtroppo, la difficoltà più grande è la quotidianità, quindi non so se gli stia facendo cosa gradita».

 

Potendo disegnare una vignetta sulla sua morte, come la farebbe?

VIGNETTA GIANNELLI - LA MARCIA ANTIFASCISTA DI RENZI E GENTILONI VIGNETTA GIANNELLI - LA MARCIA ANTIFASCISTA DI RENZI E GENTILONI

«Scusi, mi faccia mettere una mano in basso (ride). La farei col sottoscritto su una nuvola che dice al Padreterno: "Stia un po' fermo, ché c' ho da farle la caricatura!"».

 

Ha qualche rimpianto?

«Mi rammarico di avere viaggiato poco, per via dell' impegno coi giornali che è costato qualche sacrificio a mia moglie».

 

Si fa perdonare disegnando anche per la famiglia?

«Diamine! Quando invito delle persone a cena faccio il menù, con le caricature di ospiti e parenti. Ne avrò da parte quasi 200».

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Non avverte mai la necessità di staccare?

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«I drogati non smettono mai».

GIANNELLI SUI PROFUGHI GIANNELLI SUI PROFUGHI VIGNETTA GIANNELLI - AL SISI COLLABORA SUL CASO REGENI VIGNETTA GIANNELLI - AL SISI COLLABORA SUL CASO REGENI GIANNELLI BOSCHI RENZI GIANNELLI BOSCHI RENZI

 

Si sente più vignettista o avvocato?

LA VIGNETTA DI GIANNELLI CHE CITA DAGOSPIA: RENZI GIOCA A FLIPPER A RIGNANO CON OBAMA LA VIGNETTA DI GIANNELLI CHE CITA DAGOSPIA: RENZI GIOCA A FLIPPER A RIGNANO CON OBAMA vignetta giannelli vignetta giannelli

«Mettiamola così: l' avvocato ho smesso di farlo, il vignettista no».

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