GIOVANI, BELLI E INFLUENCER: ECCO LE NUOVE STELLE DELL'OPERA – LA PUNTA DI DIAMANTE E’ LISETTE OROPESA, LA SOPRANO MARATONETA CHE DOPO AVER PERSO 40 CHILI E' DIVENTATA UNA SUPERGNOCCA RUNNER E VEGANA. PER LA RETE SUGGERISCE ANCHE RICETTE E SI FA SELFIE NEI PARCHI. IN APRILE PORTERÀ ALLA SCALA UNA LUCIA DI LAMMERMOOR IN VERSIONE GRACE KELLY – E POI IL TENORE AMERICANO, EX DJ, JONATHAN TETELMAN, CARLO VISTOLI CHE NELL'ARIODANTE DI HÄNDEL AL BOLSHOI, HA FINTO DI ABUSARE (IN MANIERA ASSAI REALISTICA) DELLA DAMIGELLA DALINDA E...

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Gregorio Moppi per “la Repubblica”

 

lisette oropesa lisette oropesa

Giovani, carucci, social, alla mano, ironici. E sul palco non si tirano indietro dinanzi a nulla. Le stelle della lirica under 40 abitano dentro e fuori la scena con la medesima disinvoltura. Atleti dell'ugola e del corpo, adorati dai registi più cool che li fanno recitare come nelle serie Netflix, capaci di transitare con disinvoltura dai velluti di un sala a palchetti all'alta definizione di uno schermo tv, coccolano i loro follower come influencer scafati, postando una quotidianità non solo lavorativa. I follower ricambiano con devozione incondizionata: dai loro beniamini, oggi, più che a carpire l'autografo appostandosi all'uscita degli artisti dopo una recita, ambiscono a ricevere un messaggio diretto via tastiera.

 

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Punta di diamante tra questo genere di cantanti è Lisette Oropesa, soprano statunitense di origine cubana, 39 anni, ben 103mila follower su Instagram. Vegana, runner, prima sovrappeso poi condotta da una dieta rigidissima a una silhouette da Audrey Hepburn, per la Rete suggerisce anche ricette e si fa selfie nei parchi d'ogni parte del mondo in cui va a correre. «Ai miei follower mi mostro sempre per quella che sono.

 

Una naturalezza che viene apprezzata. Lo stesso in teatro, dove mi impegno sempre a riversare nei personaggi la mia autenticità tanto negli allestimenti più innovativi, che solleticano il gusto europeo, quanto nei più tradizionali, preferiti negli States», racconta.

Di recente, per Alcina di Händel, Londra è stata tappezzata di sue immagini accanto a una boccetta di profumo: pareva che lei fosse testimonial di chissà quale fragranza, invece si trattava del manifesto glamour per lo spettacolo al Covent Garden.

 

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Ad aprile canterà alla Scala la Lucia di Lammermoor di Donizetti che avrebbe dovuto debuttare per il Sant' Ambrogio 2020. «Ma credo, stavolta, sarà un allestimento abbastanza tradizionale. Con il regista Yannis Kokkos avevamo cominciato a metterlo su prima del lockdown, arrivando soltanto a delineare la mia Lucia come una Grace Kelly anni Cinquanta».

 

Ugualmente disposti a tutto per la riuscita di uno spettacolo sono anche i maschietti. Come il tenore americano Jonathan Tetelman, che in una vita precedente è stato dj, e il baritono Davide Luciano. Il primo, belloccio con carisma da vendere, quando sta in scena non ce n'è per nessun altro. Luciano, scelto da Mario Martone per La bohème televisiva, si è messo letteralmente a nudo nel Don Giovanni salisburghese firmato Romeo Castellucci. Svestitosi del suo completo bianco e d'ogni altra cosa indossasse, ha dovuto rotolarsi in una sostanza biancastra che l'ha trasfigurato in un calco pompeiano. Comunque i più rock sono i controtenori.

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Curiosi, sperimentatori, crossgender nel repertorio sei-settecentesco, la cui drammaturgia statica innesca la creatività sfrenata dei registi. Uno di loro è Carlo Vistoli. A Berlino, nell'Orfeo ed Euridice di Gluck, il regista Damiano Michieletto lo ha messo a srotolare duecento metri di carta nera lungo il palcoscenico, simbolo dell'inconscio del protagonista che si confronta con i sensi di colpa; poi gli rovesciava addosso secchiate d'acqua. Nell'Ariodante di Händel al Bolshoi, David Alden gli ha chiesto di cantare un'aria fingendo di abusare (in maniera assai realistica) della damigella Dalinda. Tempo un anno e all'Opera di Roma, sul terreno di un altro titolo händeliano, Giulio Cesare in Egitto , Vistoli duellerà con il principe dei controtenori italiani, Raffaele Pe. «I miei profili social sono esplosi nel momento in cui Stefano Bollani mi ha invitato nella sua trasmissione: segno di quanto la cultura di massa sia affascinata dal nostro mondo, alle cui dinamiche chiede di poter partecipare come community», racconta Pe.

jonathan tetelman jonathan tetelman

 

«Sui social ti giochi l'attenzione di chi guarda in trenta secondi, ma il vero giudizio su una voce bisogna farselo in teatro: solo lì si capisce se è un fenomeno di plastica o no». Pe è l'esempio di come un cantante d'oggi ambisca a essere multitasking. Ricerca e risveglia musiche assopite, progetta dischi a tema (l'ultimo sui diversi Giulio Cesare operistici), organizza un festival nella sua Lodi e ha fondato un ensemble strumentale, La lira di Orfeo . «Suoniamo partiture antiche, ma il modello sono le band rock, in cui il gruppo partecipa in prima linea alla performance accanto al cantante».

 

Quanto pesi oggi nella lirica il binomio messinscena ardita-presenza social, lo evidenzia l'innovativo concorso di canto promosso in pandemia dal soprano Fiorenza Cedolins, adesso con la quarta edizione pronta ad avviarsi. Una competizione da remoto che l'anno scorso ha realizzato tre milioni di visualizzazioni su Facebook decretando la vittoria del soprano armeno Juliana Grigoryan.

 

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«Il mio "Soi-Scuola dell'opera italiana" pretende dai partecipanti anche la capacità di inserirsi nel gusto contemporaneo della messinscena. Magari perfino di prospettarne una visione futuribile», spiega Cedolins. Gli utenti della Rete e una giuria internazionale di esperti giudicano i giovani concorrenti sulla base di videoclip autoprodotti. «Tra i più singolari rammento quello di un studente di canto siciliano, pastore di mestiere, costretto dal lockdown a una permanenza sui monti con le mucche, in compagnia delle quali ha interpretato Verdi. E un soprano che, per la Liù pucciniana, ha realizzato un poetico teatrino di ortaggi e balocchi dettato dalla sua esperienza di insegnante per bimbi autistici ».

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