KAROSHI AMARI - IN GIAPPONE 9 MILA PERSONE L'ANNO MUOIONO UFFICIALMENTE PER TROPPO LAVORO, MA AZIENDE E AUTORITÀ CONTENGONO I NUMERI PERCHÈ I DATI REALI SONO MOLTO PIÙ ALTI

Silvio Piersanti per "il Venerdì la Repubblica"

Karoshi è una parola che terrorizza i giapponesi. Se la si dice a voce alta, si viene zittiti. Un po' come da noi cancro, che viene spesso sostituita da una brutta malattia. Karoshi vuol dire «morte da troppo lavoro». È un vocabolo apparso per la prima volta nei dati statistici del Ministero della salute, del lavoro e del welfare (Mhlw) giapponese nel 1987. Dal 2002 è un lemma dell'Oxford English Dictionary.

I casi accertati di karoshi sono aumentati vertiginosamente a partire dagli anni 80 e 90, quando il Paese del sol levante fu messo in ginocchio dalla bubble economy. Da allora, il numero delle morti per troppo lavoro è sempre aumentato. Attualmente sono circa 9.000 all'anno.

Le industrie in difficoltà licenziano personale ma triplicano, quadruplicano il carico di lavoro dei dipendenti rimasti, cercando di mantenere alto il livello produttivo anche a ranghi ridotti all'osso. In Giappone è considerato standard un contratto di lavoro di 60 ore settimanali, oltre ad ore di straordinario senza limite: basta l'assenso del lavoratore.

E se non c'è, arriva immancabilmente l'inoppugnabile licenziamento. Così stabilisce la Corte Suprema. Recentemente, la Corte ha risposto picche alla richiesta di un'organizzazione sindacale di rendere pubblici i nomi delle ditte in cui si verificavano decessi sul lavoro classificabili come karoshi. «Si danneggerebbe la reputazione della ditta», è stata la lapidaria, inappellabile sentenza.

Per capire la mentalità della Corte Suprema in fatto di giuslavoro sarà utile ricordare quanto è successo ad un dipendente della Hitachi: a 15 minuti dal termine del suo lungo turno giornaliero, riceve l'ordine di fare cinque ore di straordinario. Osa dirsi non disponibile, avendo ormai preso impegni improrogabili. Ma il giorno seguente si presenta al lavoro all'alba e gli dà sotto senza soste sino a tarda sera per completare oltre al proprio lavoro ordinario anche quello straordinario che gli era stato chiesto il giorno precedente.

Ora ha la coscienza a posto: ha dimostrato il suo totale attaccamento alla ditta. Ma si sbaglia. La ditta disapprova il suo comportamento e gli chiede di «cambiare modo di pensare» e riconoscere il suo torto. Il lavoratore si rifiuta di ammettere di aver agito scorrettamente, ma paga il delitto di lesa maestà con la perdita del lavoro. Inutile il ricorso alla Corte Suprema che non trova nulla da eccepire al licenziamento del lavoratore ribelle.

Ci sono stati karoshi di operai che avevano fatto anche 300 ore al mese di straordinario (10 ore al giorno oltre il turno regolare di 8 ore). Se si calcola il tempo del viaggio casa lavoro e ritorno - minimo un'ora - rimangono appena quattro ore per riprendere fiato in famiglia (o ciò che rimane di essa).

Non si pensi però ad un lavoratore sfrenatamente avido di guadagni. Infatti l'enorme montagna di ore di straordinario non viene néregistrata, né retribuita. Una buona parte di queste ore sono graziosamente definite furoshiki (nascoste nel fagottino della spesa), perché i dipendenti le fanno a casa dove, con il tacito consenso dei manager, continuano il lavoro che non sono riusciti a terminare negli orari regolari in ufficio o in fabbrica. In ogni caso, comunque e ovunque siano fatte, a nessuno salta in mente di poterne esigere il pagamento: sono il pegno di lealtà verso la ditta.

Secondo l'Mhlw, sono da classificare come karoshi le morti improvvise di dipendenti che hanno lavorato una media di 65 o più ore a settimana per oltre quattro settimane consecutive (senza giorni di riposo), o una media di 60 ore settimanali per più di 8 settimane consecutive. Ma l'organizzazione sindacale mondiale Labor Force Survey, ritiene che una settimana tipica di un lavoratore giapponese, sia esso operaio o quadro dirigente, va da 70 a 90 ore. Quindi la pur terrificante definizione ministeriale di karoshi è largamente sorpassata dalla realtà accertata dalla Labor Force Survey.

Le autorità governative e le ditte fanno fronte comune nel limitare al massimo la classificazione di karoshi per morti improvvise di lavoratori, anche di fronte a casi assolutamente palesi. L'Ispettorato del lavoro ha negato la definizione alla morte per infarto di un camionista di 42 anni che aveva totalizzato circa 6.000 ore annue (circa 17 ore giornaliere) senza un giorno di riposo negli ultimi sette anni di lavoro.

Con questi dati agghiaccianti è facile comprendere come dal karoshi si scivoli fatalmente nel Karojisatsu, suicidio per il troppo lavoro: una tendenza che si impenna sempre più, parallelamente a quella del karoshi. Recenti ricerche parlano di diverse migliaia di casi accertati ogni anno. Causa ed effetto sono identici, ma nel Karojisatzu l'effetto viene lievemente anticipato: un harakiri post-moderno.

Perché i Giapponesi si lasciano stritolare a morte dagli ingranaggi del loro tanto invidiato sistema produttivo? Come reagiscono le forze sindacali? Secondo un approfondito studio condotto congiuntamente dal prof. Katsuo Nishiyama docente di medicina preventiva dell'università giapponese di Otsu e dal prof. Jeffrey Johnson, docente di scienze comportamentali dell'università americana Johns Hopkins, le grandi industrie giapponesi «hanno organizzato molte attività formali e informali per inculcare nei lavoratori il concetto che dipendenti e padroni condividono lo stesso destino», erodendo nelle organizzazioni sindacali ogni potere contrattuale e riducendole a «meri strumenti per il controllo dei lavoratori».

Un'inchiesta governativa ha rivelato che il 90 per cento dei lavoratori intervistati non capisce la necessità di cercare un equilibrio tra vita privata e lavoro: 4 lavoratori su 5 si dicono sempre pronti a cancellare qualsiasi impegno della loro vita privata se il capo chiede loro di rimanere a lavorare in straordinario.

L'aumento di rilievo mediatico del fenomeno sociale e le prime battaglie sindacali vinte dalle famiglie delle vittime dei karoshi sono state un campanello d'allarme per le grandi corporazioni che hanno deciso di prendere iniziative per smarcarsi dal fenomeno karoshi.
La banca Mitsubishi ha da poco inaugurato uno schema che permette ai lavoratori di lasciare il lavoro con un massimo di tre ore di anticipo per andare a casa a prendersi cura dei figli piccoli o dei genitori anziani: significativamente, solo 34 dei settemila dipendenti dell'istituto hanno usufruito di questa possibilità.

Ipocritamente (come il nostro «il fumo uccide» sui pacchetti di sigarette del monopolio), alcune ditte, dalle sette di sera, lanciano ogni ora un messaggio con gli altoparlanti in cui si ricorda ai dipendenti che troppo straordinario fa male alla salute. Il karoshi è ormai talmente radicato nella realtà sociale giapponese che nel fiorente mercato dei video-giochi va a ruba Super karoshi, lanciato con lo slogan: «l'unica cosa che devi fare per vincere è uccidere te stesso».

Il karoshi è figlio deforme della lean production (produzione snella) e della «qualità totale» giapponesi, che tanto filo da torcere hanno dato e dànno ai concorrenti occidentali. Ma quando ci estasiamo davanti alla perfezione di un prodotto dell'industria giapponese, non dimentichiamo che assieme all'innegabile valentia e all'estremo impegno dei lavoratori, esso può celare abissi di dolore e sacrificio: una riflessione che può aiutarci ad apprezzare la nostra sciatta felicità.

 

karoshi karoshi Karoshi karoshi karoshi title page copy karoshi

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...