piero sansonetti vittorio feltri riformista

“CHIUDETE L’ORDINE DEI GIORNALISTI, NON 'IL RIFORMISTA'” - VITTORIO FELTRI SI SCHIERA CON IL GIORNALE DI SANSONETTI, CHE RISCHIA DI CHIUDERE PER LE QUERELE DEI MAGISTRATI: “. L'INDIPENDENZA È UN MITO, UNA ILLUSIONE CHE TUTTI SEDUCE E CHE NESSUNO È IN GRADO DI VOLGERE IN PRATICA. SE AGGIUNGIAMO CHE NOIALTRI SIAMO I SOLI AL MONDO A DISPORRE DI UN ORDINE DEI GIORNALISTI, DI ISPIRAZIONE FASCISTA E DEPUTATO A SANZIONARE I SOGGETTI PIÙ INDOMABILI, IL PANORAMA SI COMPLETA. FORSE NON SIAMO SCHIAVI, MA CAMERIERI SÌ…”

1 - CHIUDETE L'ORDINE DEI GIORNALISTI, NON IL RIFORMISTA

Vittorio Feltri per “Libero Quotidiano”

 

vittorio feltri

Ho scritto circa mille anni or sono che l' Ordine dei giornalisti non è solo un ente inutile ma dannoso. È l' apparato italico che non ha paragoni nel mondo, salvo a suo tempo l' Unione degli Scrittori dell' Unione Sovietica che, a giornalisti e letterati conformi al regime, garantiva vacanze di lusso ai viventi e funerali di prima classe agli estinti; per i dissidenti vivi e morti a essere estinto era il diritto di vedersi stampati articoli e libri.

piero sansonetti foto di bacco

 

Per chiudere questa fabbrica di privilegi e di leccaculo il popolo ha dovuto sopprimere l' Urss. Non possedendo la pazienza di aspettare analogo cataclisma, avendo l' età del dattero, me ne sono uscito dalla sopravvissuta sezione italiana, con mio parziale sollievo.

 

E se dico parziale è perché non sono indifferente ad una questione che dovrebbe premere a tutti: tengo alla libertà di parola e di pensiero, che la Congrega cerca in ogni modo di comprimere, punendone uno per educarne maoisticamente cento.

 

Ad esempio, il caso di Piero Sansonetti. Qui il sangue gocciola ancora fresco dalle orecchio mozzate di questo collega che conto di alcuni elementi incontestabili. Nelle classifiche internazionali riguardanti la libertà di stampa, che non è secondaria ai fini di valutare il livello di democraticità di una Nazione, l'Italia figura negli ultimi posti per motivi concreti. Intanto la stampa di casa nostra è quasi interamente di proprietà di imprenditori che, per quanto liberali, antepongono la propria tasca a quella dei lettori. Idem le radio e le televisioni, di sicuro non asettiche.

CARLO VERNA

 

La Rai non è privata e teoricamente non dovrebbe essere asservita a interessi personalistici, in realtà è un feudo della politica, dominio dei partiti di maggioranza. Quindi, quando si parla di autonomia dei giornalisti, si scherza ben sapendo di scherzare: la categoria a cui non appartengo da un po' è la più incline ad attaccare l'asino dove vuole il datore di lavoro. L'indipendenza, come si evince soffermandosi su ciò che ci circonda, è un mito, una illusione che tutti seduce e che nessuno è in grado di volgere in pratica.

 

IL RIFORMISTA RISCHIA DI CHIUDERE

Se aggiungiamo che noialtri siamo i soli al mondo a disporre di un ordine dei giornalisti, di ispirazione fascista e deputato a sanzionare i soggetti più indomabili, il panorama si completa. Forse non siamo schiavi, ma camerieri sì.

 

Pertanto il governo di Roma non è abilitato ad assegnare patenti di autocrate a nessuno se non a se stesso. Pure perché perfino le parole che usano i cronisti ormai sono soggette a censura. Se dai del frocio a un omosessuale vai all'inferno. Inoltre l'invidia sociale influenza la mentalità progressista: chi ha guadagnato quattro soldi è giudicato un evasore fiscale, come minimo. Il guaio non è Erdogan, bensì siamo proprio noi, perdio.

PIERO SANSONETTI

 

2 - «VENTI QUERELE DAI PM, RISCHIAMO DI CHIUDERE»

Sabrina Cottone per “il Giornale”

 

Non si sa se è un record. «Siamo arrivati a venti querele tutte di magistrati» racconta Piero Sansonetti, direttore de Il Riformista. In prima pagina ha titolato: «Vogliono farci chiudere?».

 

vittorio feltri

 Lo crede davvero? «No, ma rimani solo, perché l' Ordine e i sindacati dei giornalisti si muovono subito se ad attaccare sono i politici ma con i magistrati sono molto, molto più cauti (è un eufemismo, ndr). Sono anche stato censurato». Carlo Verna, presidente dell' Ordine, dice che «il complottismo di Sansonetti sfida il ridicolo». Il giornalista replica: «Mi insulta, farò un esposto contro di lui».

 

carlo verna c siamo

La vicenda più attuale riguarda le ultime due querele, legate alle stragi di mafia del 1992, alla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma soprattutto al misterioso dossier mafia-appalti. Sono arrivate dal procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato e da Guido Lo Forte e sono un doppione: è la seconda volta che i due magistrati querelano Sansonetti per la medesima questione.

 

ROBERTO SCARPINATO

Oggi come allora, il giornalista aveva chiesto loro perché nel 1992 archiviarono il dossier mafia-appalti, sul quale Falcone lavorò e continuò a vigilare anche dopo il suo trasferimento a Roma al ministero della Giustizia. «Ho usato "insabbiato" al posto di "archiviato"» ammette Sansonetti, ma «è gergo giornalistico» e «chiunque sa che una querela di un magistrato ha tra le 95 e le 100 possibilità su cento di essere accolta, il valore di intimidazione è evidentissimo».

 

falcone borsellino

Ma che cos' è esattamente il dossier mafia-appalti? «È il dossier avviato da Falcone che ricostruisce i rapporti tra alcune grandi aziende italiane e aziende economiche di mafiosi siciliani. I Ros guidati dall' allora colonnello Mario Mori, uomo di fiducia di Dalla Chiesa che lo portò in Sicilia dove lavorò con Falcone, avevano trovato molte relazioni tra aziende del Nord e la mafia. Quando Falcone andò a Roma, Mori continuò a lavorare e lo consegnò alla Procura di Palermo».

 

Il susseguirsi degli eventi, per chi non lo ricorda, è incalzante: «Il 13 luglio del 1992 (la strage di Capaci è del 23 maggio, ndr) Scarpinato e Lo Forte redigono la richiesta di archiviazione del dossier. Il 14 il procuratore Giammanco convoca una riunione di sostituti e aggiunti, alla quale Scarpinato non partecipa, durante la quale Borsellino mostra grande interesse per il dossier e chiede di convocare una riunione per decidere come far proseguire le indagini.

 

carlo verna 1

Il 19 mattina, secondo la testimonianza della moglie Agnese, Borsellino viene informato da Giammanco, allora procuratore capo a Palermo, che gli avrebbe affidato il dossier.

Dopo pranzo è ucciso con la scorta in via D' Amelio. La richiesta di archiviazione viene poi depositata ufficialmente il 22 luglio».

 

Perché? «Scarpinato sostiene che non sapeva alcune cose di questo dossier, le più importanti, perché i pentiti non avevano informato direttamente lui, ma il pm che indagava con lui». Oltre alla querela, resta la domanda: perché un dossier tanto caro a Falcone e Borsellino è stato archiviato ufficialmente due mesi dopo la morte di Falcone e tre giorni dopo la morte di Borsellino?

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