bianciardi totò

“MEGLIO TOTO’ DI CHARLIE CHAPLIN”. LE CLASSIFICHE DI LUCIANO BIANCIARDI PER IL "GUERIN SPORTIVO" - NEL CENTENARIO DELLA NASCITA DELLO SCRITTORE DE "LA VITA AGRA" LA SUA CITTA’ GROSSETO DÀ IL VIA ALLE CELEBRAZIONI CON UNA MOSTRA SUI SUOI LEGAMI COL PITTORE FURIO CAVALLINI RIBATTEZZATO “CRAZY HORSE” - NEGLI ANNI SESSANTA BIANCIARDI SCRIVE ANCHE DEGLI IMPACCHETTAMENTI DI CHRISTO…

Luigi Mascheroni per “il Giornale”

 

luciano bianciardi

Luciano Bianciardi si divertiva molto a stilare elenchi. Narratore, uomo di editoria, traduttore (oltre cento titoli), critico e giornalista di cui si festeggiano i cento anni dalla nascita (1922-71), anticipò - come tante altre cose - una moda giornalistica poi in voga nei decenni successivi, e oggi persino stucchevole.

 

Comunque, ai tempi in cui firmava una rubrica di risposte ai lettori sul Guerin Sportivo, stagione 1970-71, poco prima di morire, lo scrittore maremmano - forte, testardo e dallo spirito indipendente come l'unica razza di cani da guardia in grado di affrontare un lupo - buttò lì alcune personalissime classifiche, che dicono molto, in fatto di estetica, e di etica, sulla personalità del compilatore. Esempi.

 

totò

Top five dei suoi registi preferiti: Fellini (che nel 1960 girò La dolce vita, mentre lui nel 1962 scrisse, ribaltando il concetto, La vita agra), Pasolini, Rossellini, Antonioni, Visconti (per quanto riguarda l'attore più significativo del Novecento, quello che meglio esprime il secolo per «gusto, problemi, alternative sociali e aspetti psicologici», non esitava invece a scegliere Totò, che la critica italiana snobbava, anteponendolo a Charlie Chaplin).

 

Top five degli scrittori: Manzoni, Verga, Gadda, Henry Miller (che lui aveva tradotto) e Leopardi (considerato il miglior poeta moderno). Miglior pittore in assoluto: Pablo Picasso, con Guernica che batte la Gioconda (fra gli italiani invece il prediletto era Giovanni Fattori con i suoi paesaggi toscani). A proposito di arte. I cento anni dalla nascita di Luciano Bianciardi, che non ne visse neppure cinquanta, devastato dall'alcol e dalla disillusione, si aprono proprio con un evento d'arte.

 

luciano bianciardi 19

A Grosseto, la sua città, al Polo culturale "Le Clarisse", venerdì è stata inaugurata la mostra Furio Cavallini ovvero il "Crazy Horse" di Bianciardi (aperta fino al 13 febbraio; il catalogo, bellissimo, è di Pacini Editore). Curata da Elisa Favilli, storica dell'arte, e Fabio Canessa, critico letterario e cinematografico, la mostra racconta l'amicizia ventennale, dagli anni '50 al 1970, tra il pittore di Piombino Furio Cavallini (1929-2012) e l'autore di

 

Aprire il fuoco e l'intramontabile Il lavoro culturale: lungo le tre sale della mostra i dipinti e i disegni di Furio Cavallini, ri-tradotto da Bianciardi "Crazy Horse", così come aveva ribattezzato Henry Miller «il buon vecchio Molinari Enrico di New York», sono esposti accanto a una serie di testi dello scrittore che svelano al lettore-visitatore sia lo sguardo critico con cui Bianciardi narrava il suo personale punto di vista sull'arte, sia la complicità sulla quale Cavallini e Bianciardi costruirono la loro amicizia.

furio cavallini

 

Passaggio cruciale di una lettera del 1968 (il carteggio è inedito): «Ogni tanto ci si rivede, ma siamo fra i pochi a non compiangere l'uno sulla spalla dell'altro gli anni passati. No, Furio mi chiede cosa ho scritto, io gli chiedo cosa ha dipinto. Fra noi due, sono queste le sole cose che contano. Si capisce, insieme al resto, alle persone che ci vogliono bene. Con quelle, e con il nostro mestieraccio, non si lesina mai».

 

BIANCIARDI

E ancora: «Ogni tanto mi compare per casa all'improvviso, qua fuor di Milano dove anch' io sono scappato, e parla, racconta, discute, legge, e appena gli capita tra le mani un pezzo di carta e qualcosa che lasci il segno, attacca a dipingere». Poco dopo, era tutto finito. Nel novembre del '71 Bianciardi era già morto.

 

furio cavallini

L'inizio invece- come altre avventure intellettuali di quell'Italia stretta fra il Miracolo e la miseria - fu al bar Jamaica, a Milano. «Ci si conobbe nell'autunno del 1954, a Milano, dalle parti di Brera, dentro un caffeuccio che poi è diventato alla moda, e anzi l'hanno anche abbellito»... Fu lì, fra le Antille letterarie e i ricordi della Maremma, ritrovo di artisti, fotografi e scrittori Piero Manzoni, Mario Dondero, Ugo Mulas, Emilio Tadini... che si incontrarono Bianciardi e Cavallini, scoprendosi provinciali della Toscana, uno di Grosseto e l'altro di Piombino, due squattrinati nell'Italia del boom e nella Milano della bohème, ma pieni di idee, energie e belle speranze, e che si industriano a lavorare nel mondo culturale, chi pittore, chi scrittore.

 

 

LUCIANO BIANCIARDI

I due diventano fratelli, compagni di strada (mentre il primo allarga la sua attività di scrittore collaborando con Nuovi Argomenti e l'Unità e firmando un contratto con la nuova casa editrice diretta da Giangiacomo Feltrinelli, il secondo si iscrive al corso di pittura dell'Accademia di Brera), lavorano, inventano, sentono insieme l'aria del tempo, e si aiutano a vicenda: Cavallini dà consigli e supporto a Bianciardi; Bianciardi scrive le introduzioni per i cataloghi delle mostre di Cavallini. Ed ecco il senso della mostra.

 

Lo spiega molto bene Fabio Canessa, anima con Elisa Favilli dell'evento toscano: ossia, ricordare non il Bianciardi già fin troppo celebrato, l'anarchico, il ribelle, il critico della sinistra da sinistra, il cattivo profeta; ma un altro Bianciardi, finora inesplorato. Ed ecco l'amante dell'arte, il curioso del contemporaneo (negli anni Sessanta già scrive degli impacchettamenti di Christo: «un gesto di appropriazione che ricoprendo l'oggetto in un involto chiuso ... ce lo fa vedere "altrimenti"»), il critico che rivendica una pittura la quale cerchi sì la verità, ma non con un neorealistico copia-incolla della realtà, ma piuttosto come fanno Verga o Gadda, cercando un linguaggio nuovo per descrivere quella verità.

FURIO CAVALLINI 4

 

È il linguaggio - o lo stile - che lui riconosce all'amico Cavallini nella pittura, o a Luchino Visconti nel cinema (il Visconti di Bellissima e di Senso, non quello decadente, che a Bianciardi non sarebbe piaciuto, di Ludwig o L'innocente), oppure a Fellini... Insomma un modo di restituire la verità non in maniera didascalica, positivista. Ma in una maniera nuova. Che poi, è quello che volle fare Bianciardi stesso in letteratura, e forse persino nel giornalismo, inventando nuovi percorsi della cronaca e della critica. Non solo d'arte.

bianciardi cover 1

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…