“MI CHIAMO GESUBAMBINO” – LUCIO DALLA CERCAVA LA VERITÀ DELLE SUE ORIGINI NELLA SANTITÀ: FACEVA CREDERE, CHE IL VERO PADRE FOSSE NIENTEMENO CHE PADRE PIO. ERNESTO ASSANTE E GINO CASTALDO RIPERCORRONO IN UN LIBRO LA BIOGRAFIA DEL CANTANTE - FATTO STA CHE UN GIORNO DEL 1963, QUEL JAZZISTA UN PO' NANO, TROPPO PELOSO, CON UNA VOCE CHE NON SI POTEVA SENTIRE, ATTIRÒ L'ATTENZIONE DI GINO PAOLI CHE DECISE DI FARNE UNA STAR... (SE CI SIA STATA L'INTERCESSIONE DI PADRE PIO NON SI SA!) - VIDEO

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Pasquale Chessa per “il Messaggero”

 

lucio dalla ernesto assante gino castaldo cover lucio dalla ernesto assante gino castaldo cover

Che il principe di Costantinopoli Antonio de Curtis di Bisanzio, nato col solo cognome della madre 28 anni prima, avesse comprato la sua paternità dal nobile spiantato Giuseppe De Curtis più che come una diceria, «soffocata ma diffusa», funziona come un lampo al magnesio che illumina di verità la vicenda esistenziale di Totò. Sia stato un grande attore o invece una macchietta, un genio dell'interpretazione o invece una maschera inconsapevole, nella sua biografia Paolo Isotta lo eleva agli altari con un icastico San Totò.

 

SOPRANNATURALE Succede, quando la cronaca attinge al sovrannaturale per sfidare la storia: nella canzone che lo consacrò grande e sublime, addirittura Lucio Dalla osa ricorrere a un paragone al limite della blasfemia: «... mi chiamo Gesubambino». Oltre alla fede sincera mescolata alla immaginazione visionaria, l'attrazione per il sacro, spingeva Dalla a cercare la verità delle sue origini nella santità: faceva credere, e forse nell'inconscio lo credeva, che il vero padre non fosse il signor Dalla andato a nozze con la madre a pochi giorni dalla sua nascita, quasi per aggiustare un qualche guaio indicibile, ma fosse nientemeno che Padre Pio.

 

padre pio lucio dalla padre pio lucio dalla

In subordine, però, si accontentava della paternità del sindaco di San Giovanni Rotondo, amico della famiglia di «mamma Jole», dopo che tutta la sua parentela si era trasferita nelle Puglie. Devotissima a padre Pio, lei lo voleva frate. Ma per i primi anni Lucio, che già a tre faceva il fenomeno con la fisarmonica, riuscì a diventare solo un discreto clarinettista jazz.

 

Pieno di istinto, però poco dotato per lo studio della musica, con le mani troppo corte per suonare il piano, ci voleva un miracolo per farlo diventare una star. Facendo leva su quell'evento soprannaturale due cronisti di rango, Assante e Castaldo, consapevoli del posto che le canzonette occupano nella storia del presente, hanno ricostruito la biografia di Dalla individuando nella «bolognesità» un tratto peculiare del carattere italiano. Se sia stato padre Pio non si sa!

lucio dalla quando dico che ti amo lucio dalla quando dico che ti amo

 

Fatto sta che un giorno del 1963, l'anno di Sapore di sale quel jazzista un po' nano, troppo peloso, con una voce che non si poteva sentire, attirò l'attenzione di Gino Paoli che decise di farne una star a sua immagine e somiglianza. Non fu un miracolo semplice.

 

PAOLO ISOTTA - SAN TOTO PAOLO ISOTTA - SAN TOTO

LA CENSURA Ci volle appunto Gesubambino, nonostante quel titolo fosse stato censurato per partecipare al Sanremo del 1971. Con la sua data di nascita nel nuovo titolo, 4 marzo 1943, Dalla fa la magia: diventa un cantautore, come De Gregori o Battisti, De André o Tenco, sul filo di suggestioni che rimandano a Dylan...

 

lucio dalla il santo patrono lucio dalla il santo patrono

Così la bolognesità di Dalla, molto più della napoletanità di Totò, riesce ad aggiungere una tessera cruciale alla storia del carattere italiano. Alla prosa barocca e dionisiaca di Paolo Isotta non riesce la trasfigurazione della comicitità di Totò ridotta a una funzione consolatoria: «... aiuta la gente prendere la vita come viene e gliela rende più accettabile».

gino castaldo ernesto assante a webnotte gino castaldo ernesto assante a webnotte

 

Gli sfugge il miracolo di Pier Paolo Pasolini con Uccellacci e uccellini e ancora meglio nel piccolo capolavoro, Che cosa sono le nuvole, con Jago marionetta interpretato da un metafisico Totò. Il quale si troverà pure sulla lunghezza d'onda dei grandi classici della commedia greca e romana, da Aristofane a Plauto, sarà pure riuscito a trasmutare la Commedia dell'arte nella Rivista napoletana, ma non è mai riuscito a incidere nella storia del suo tempo al pari di Charlie Chaplin, dei tre Marx e Buster Keaton e nemmeno di Dario Fo.

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