“IL PREMIO ALLA CARRIERA AL FESTIVAL DI ROMA? AVEVO QUALCHE DUBBIO: PENSAVANO CHE STESSI PER TIRARE LE CUOIA?” – L’INTERVISTA A BILL MURRAY, NEL CAST DI “THE FRENCH DISPATCH” DIRETTO DA WES ANDERSON, IL NONO FILM INSIEME AL REGISTA – “CON WES HO GIRATO IN ITALIA ANCHE “LE AVVENTURE ACQUATICHE DI STEVE ZISSOU” ERAVAMO A CINECITTÀ, MA OGNI WEEKEND LA TROUPE SCIOPERAVA: UN INCUBO” – “UNO DEI POCHI VANTAGGI DELL'ESSERE FAMOSI? A VOLTE EVITI DI PAGARE UNA MULTA, RIESCI A FARE IN MODO CHE LA CUCINA DI UN RISTORANTE CHIUDA UN PO' PIÙ TARDI O MAGARI…”

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Lorenzo Ormando per “il Venerdì di Repubblica”

 

Bill Murray ci accoglie nella suite di un hotel del centro in pantaloni grigi e camicia verde: «Qui nessuno indossa le mascherine, che strano. Ho viaggiato su un bus con 16 persone e in cinque ci siamo ammalati di Covid: sono ancora esausto anche se ho dormito due settimane di fila, il mio corpo è senza muscoli come quello di un 99enne» racconta, ironico. 

 

Rilassato e tutt' altro che stralunato come viene spesso dipinto, il 71enne attore americano è nel cast di The French Dispatch (in sala da ieri), il suo nono film diretto da Wes Anderson. Nella pellicola, omaggio al giornalismo e alla carta stampata, interpreta l'editore di un giornale che ricorda il New Yorker. 

 

bill murray le avventure acquatiche di steve zissou bill murray le avventure acquatiche di steve zissou

«Con Wes ho girato in Italia Le avventure acquatiche di Steve Zissou. Eravamo a Cinecittà, ma ogni weekend la troupe scioperava: un incubo, a volte dubitavo che avremmo mai finito le riprese. Il mio amico Willem Dafoe abita a Roma, dovrei andare a trovarlo». 

 

È stato nella capitale anche nel 2019 per ricevere il premio alla carriera alla Festa del Cinema. 

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«Sì, ma avevo qualche dubbio sul riconoscimento: pensavano che stessi per tirare le cuoia? Qualche giorno fa ho parlato con Antonio Monda, direttore artistico della Festa: parla inglese in modo fluente e nella prima scena di quel film aveva qualche battuta, ma in italiano è stato doppiato da qualcun altro. Che assurdità! Quando l'ho saputo ho pensato di mandargli un biglietto di condoglianze come si fa quando ti muore un parente». 

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The French Dispatch è ambientato in Francia, dove lei ha vissuto. 

«Da giovane ci ho studiato filosofia, passavo un sacco di tempo alla Cinémathèque di Parigi a vedere vecchi film. Quel periodo ha influito sulla mia carriera e ha formato i miei gusti in fatto di cinema».

 

Com' è andata su questo set? 

«Quando Wes mi propone qualcosa accetto subito: siamo grandi amici e i nostri film sono sempre stati accolti bene. Spesso ritrovo gli stessi membri della troupe e anche gli stessi attori, come Willem, Roman Coppola e Jason Schwartzman. Dormivamo in un ex convento, c'era una bella atmosfera: il bar era sempre aperto, mangiavamo insieme tutte le sere». 

bill murray grand budapest hotel bill murray grand budapest hotel

 

Ha dichiarato di non essere mai stato interessato a diventare una grande star: preferiva lavorare con delle brave persone anche se ciò voleva dire guadagnare meno. 

«Quando inizi ad avere successo la gente cerca di sfruttarti per raggiungere la popolarità, ma appena ti rendi conto che non tutti vogliono le stesse cose che vuoi tu impari a dire di no. L'ho capito presto perché mio fratello maggiore Brian e i suoi amici sono cresciuti in una cultura dove fare l'attore significava anche questo. 

 

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Quando è arrivato il mio momento mi sono ispirato alle scelte fatte da colleghi che avevano iniziato prima di me, come John Belushi e Dan Aykroyd. Alcuni cercano di confonderti e ti dicono che sei meraviglioso per lisciarti il pelo, ma ho sempre evitato quel tipo di persone». 

 

È vero che lei e Belushi siete stati coinquilini? 

Bill Murray agli OScar Bill Murray agli OScar

«Quasi tutti gli attori del Second City Theatre di Chicago hanno dormito sul divano di casa sua, a New York. John aveva più soldi di noi, che invece eravamo squattrinati. Era il più grande attore teatrale di sempre, quando era sul palco non potevi distogliere lo sguardo. 

 

Ha aperto le porte dello spettacolo per molti di noi, inclusi Joe Flaherty, Harold Ramis e Gilda Radner. In quegli anni ho lavorato con Del Close, il mio mentore, da cui ho imparato a non avere mai paura sul palco. 

 

Il segreto? Se riesci a fare in modo che l'attore al tuo fianco sembri più bravo di com' è, anche tu farai bella figura». 

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Ha iniziato con il teatro di improvvisazione, è passato a commedie come Ghostbusters e Ricomincio da capo e poi al suo Periodo Blu. 

«(ride a lungo) Questa è bella, non vedo l'ora di dirlo a Brian, riderà a crepapelle. A cosa si riferisce?». 

 

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A pellicole dal sapore più malinconico come Lost in Translation e i film di Wes Anderson. A partire da Rushmore, dove per la prima volta è riuscito ad unire humour e sfumature drammatiche.

«Quel film ha dato il via a un'altra fase della mia carriera, qualcuno commentò: "Chi l'avrebbe mai detto che un giorno Bill Murray sarebbe diventato un attore serio e Robert De Niro un comico?". 

 

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Sa, Robert fa un sacco di commedie sciocche. È la prova che usiamo gli stessi muscoli sia per far ridere che per commuovere, l'importante è essere onesti. Se vuoi che una battuta funzioni devi recitarla con serietà, non sopporto i comici che ridono mentre lo fanno. Per far ridere devi riuscire a vedere contemporaneamente le due facce di una stessa medaglia, riconoscere la verità e sorriderne anche se fa male. 

 

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Mi considero un artista? No, ma aspiro a esserlo. Mi sento fortunato a essere arrivato fin qui: ogni tanto posso fare scelte più artistiche, ma credo che i veri artisti siano quelli che hanno imparato l'arte di vivere e la cui arte è tale proprio perché sanno vivere». 

 

C'è un sito, BillMurrayStory, che raccoglie aneddoti e foto dei suoi incontri con i fan: a differenza di alcuni suoi colleghi, lei è a suo agio col pubblico. 

«Quando mi fermano per strada per parlarmi dei miei film meno conosciuti sono contento, mi piace pensare che anche quelli che hanno funzionato meno al box office siano rimasti nel loro cuore. 

 

La gente si fida di me perché sente di conoscermi e questo è uno dei pochi vantaggi dell'essere famosi: a volte eviti di pagare una multa, riesci a fare in modo che la cucina di un ristorante chiuda un po' più tardi o magari ti imbuchi a una festa». 

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Da qualche tempo si cimenta con la musica, a Cannes ha portato il doc New Worlds, su un concerto fatto ad Atene. 

«Il violoncellista Jan Vogler mi ha sentito cantare una canzone nel Libro della giungla e mi ha proposto di fare musica insieme. Con Sofia Coppola ho fatto uno speciale di Natale e cantato nove canzoni, mi sono divertito un sacco: non ho paura di steccare, mi lascio andare come se stessi lanciando una palla da baseball (il suo sport preferito, ndr). In futuro vorrei reindirizzarmi di più verso la musica». 

 

Qualche anno fa ha dichiarato di aver ottenuto tutto ciò che voleva e di volersi dedicare allo sport.

«Ogni estate, da ragazzino, lavoravo su un campo da golf come portabastoni, portavo la sacca con i ferri per i giocatori. Io e i miei fratelli lo facevamo per poterci pagare il liceo: ne eravamo orgogliosi perché facevamo parte di una grande famiglia e dovevamo contribuire». 

 

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Essere cresciuto in una famiglia numerosa, con otto fratelli, l'ha preparata ai grandi ensemble con cui ha lavorato negli anni, dal Saturday Night Live in poi? 

«Sì, di sicuro. Credo che i genitori, da soli, non bastino a crescere un figlio: nel mio caso sono stato fortunato perché ho avuto dieci persone che mi aiutavano a capire se una cosa andava bene o meno, se avevo ragione o torto. 

 

Ancora oggi i miei fratelli e sorelle mi aiutano a correggere il tiro, quando sbaglio. Mi dicono: "Bill, che hai combinato?" e io non posso fare altro che alzare le spalle e ascoltare».

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