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“QUANTE BOTTE PER RIVENDICARE I DIRITTI OMOSESSUALI” - IN OCCASIONE DEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’USCITA DI “FUORI!”, IL PRIMO GIORNALE DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE OMOSESSUALE NEL NOSTRO PAESE, CARLO ANTONELLI E FRANCESCO URBANO RAGAZZI PUBBLICANO UN VOLUME CHE PROPONE LA RISTAMPA DEI PRIMI TREDICI NUMERI - "ERA UN GIORNALE RIVOLUZIONARIO PER SALTI DI TONI, SCELTE GRAFICHE, LINGUAGGIO, CON IL REPERTORIO ESILARANTE DEGLI INSULTI..."

Ernesto Assante per "la Repubblica"

 

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Nel dicembre del 1971, esattamente cinquanta anni fa, arrivava per la prima volta nelle edicole un mensile FUORI!, organo di stampa del Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano. Era il primo giornale del movimento di liberazione omosessuale nel nostro paese, un mensile che metteva in primo piano rivoluzione politica e rivoluzione sessuale, sostenendo la grande stagione della lotta per i diritti civili proprio negli anni tra il 1971 e il 1974, in un passaggio epocale per la società italiana. 

 

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Carlo Antonelli e Francesco Urbano Ragazzi, hanno pensato di riportare alla luce quella storia, una storia di coraggio, di politica, di sesso e di rivoluzione, portata avanti da «un gruppo di donne e di uomini che 50 anni fa, a partire da Torino e poi in tutta Italia», sottolineano gli autori «hanno coraggiosamente intrapreso una lotta per la liberazione, scontrandosi con la violenza, l'ottusità e il conformismo dell'intera società italiana». 

 

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E per farlo hanno realizzato un grande volume, intitolato FUORI!!!, che propone la ristampa fedele dei primi tredici numeri, dal numero 0, distribuito quasi come una fanzine punk nei luoghi di incontro clandestino dell'epoca, fino al FUORI! Donna, il tredicesimo numero e primo a essere realizzato da sole donne. Ad arricchire il volume c'è una lunga intervista con il fondatore del FUORI! Angelo Pezzana e un'introduzione critica firmata dai curatori del progetto. 

 

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Progetto che, ci racconta Carlo Antonelli, è nato quasi per caso: «È stata una coincidenza: io stavo pensando al fatto che ci fosse un buco editoriale nel mercato italiano per una rivista gay patinata che fosse sincronizzata con le visioni estetiche e di contenuto delle nuove generazioni, e nello stesso periodo ho conosciuto Francesco Urbano Ragazzi, (il duo di curatori costituito da Francesco Urbano e Francesco Ragazzi, ndr ) una coppia nella vita e nel lavoro, che avevano realizzato una mostra a Venezia centrata sull'underground queer della città "Io, tu, lui, lei", nella quale c'erano alcuni numeri di FUORI! . È scattata così l'idea di far ritornare FUORI! letteralmente fuori, perché la testata aveva un nome e una storia straordinaria che meritava di essere illuminata di nuovo». 

 

Da cosa siete partiti? 

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«Siamo andati a visitare gli archivi del Fuori a Torino e oltre a scoprire un luogo meraviglioso, l'archivio contiene pubblicazioni di ogni genere, collezioni intere di riviste underground degli anni sessanta e settanta del movimento, abbiamo conosciuto Enzo Fusco e lui ci ha raccontato quante difficoltà aveva superato, quante lotte aveva fatto, quante botte aveva preso per rivendicare i diritti allora chiamati, seppur con un termine improprio, omosessuali e abbiamo capito che c'era una grande disparità tra la felice normalizzazione che alcuni diritti conquistati hanno prodotto nella società italiana, e un'idea molto più forte di trasformazione della società che era stata rivendicata anni prima letteralmente con il proprio corpo. 

 

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Abbiamo conosciuto meglio una storia di militanza italiana che ha fatto sì che oggi si sia arrivati ad una condizione apparentemente pacificata. E ci è venuta anche la voglia di ritrovare quella forza, quindi anche di riflettere su cosa significava uscire fuori in quel momento e cosa può essere la "fuoranza" oggi». 

 

È stato difficile realizzare il volume?

«Abbiamo scelto di non selezionare nulla, di riproporre il giornale così com' era, con tutta la sua montagna di scritti presentata in riproduzioni uno a uno, in tutta la sua magnificenza. Il tutto ha generato un volume di due chili e mezzo, che volutamente voleva essere l'affermazione anche fisica di un progetto importante». 

 

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A chi è diretto? Chi sono quelli che secondo voi leggeranno il libro? 

«Il libro non è nostalgico, in nessun modo, ha il ruolo di rimettere in circolazione dei materiali che altrimenti non erano più reperibili. Con un primo obiettivo certamente civile, mentre il secondo è la possibilità di affermare ancora la possibilità dell'utopia.

 

Certamente ci sarà chi ritroverà in queste pagine un pezzo della propria vita, ma quello che ci piace immaginare è che ci siano molti giovani che, abbracciando in questi anni una dimensione politica, possano mettere in campo l'immaginazione e desideri più grandi, con una serietà e una profondità che sembravano perse. 

 

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Giovani tra i quali è diffusa l'idea che il cambiamento del mondo passi attraverso quello che realmente fai, come dimostra Greta, diversi da quelli delle generazioni precedenti, legate all'attenzione ai consumi, o votati a una dimensione domestica.

 

Ci piace pensare che la mutazione antropologica e tecnologica delle ultimissime generazioni consenta di riprendere una voce che parla agli altri in un modo completamente diverso. E le pagine di FUORI! dimostrano che è stato possibile. E se è stato possibile lo potrebbe essere ancora». 

 

Era davvero un giornale rivoluzionario, non solo politicamente 

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«Salti di toni, scelte grafiche, linguaggio, utilizzare il repertorio a volte esilarante degli insulti della popolazione gay regionale, rivolgere la pistola contro chi sta sparando, l'uso della vignetta e della narrazione dei fumetti, il tono che anticipa molto alcune cose che verranno in futuro: FUORI! è interessante dal punto di vista editoriale, anticipa il '77 non dell'ala super militante ma di chi si era distaccato dalla seriosità, come Falce e mirtillo , ma anche i successivi Il Male, Frigidaire , la capacità di mischiare la militanza con momenti di grande ilarità e cercare costantemente innovazione. Anche nella comunicazione all'esterno, nei manifesti, nelle locandine, nelle civette, perché incredibilmente il giornale andava regolarmente in edicola».

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