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“SEPHORA” DAI BALL – LA CANTANTE NERA, SZA, DISCRIMINATA AL NEGOZIO: “UN ADDETTO MI HA PRESO PER UNA LADRA E HA CHIAMATO LA SICUREZZA” – LA MULTINAZIONALE “SEPHORA” DECIDE DI CHIUDERE UNA GIORNATA PER IMPARTIRE UN CORSO DI ANTIRAZZISMO AI SUOI DIPENDENTI – “LE SCUSE NON BASTANO PIÙ: QUANDO SI PECCA CONTRO IL POLITICAMENTE CORRETTO, BISOGNA METTERE IN PIEDI TUTTO IL RITUALE DELLA RIEDUCAZIONE” - VIDEO

Adriano Scianca per “la Verità”

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Le scuse non bastano più: quando si pecca contro il politicamente corretto, ora bisogna mettere in piedi tutto il complesso rituale della contrizione e della rieducazione, pacchetto completo.

 

Ne sanno qualcosa i dipendenti della catena internazionale di profumerie Sephora, che domani saranno costretti a partecipare a un corso sulla «diversity» (cioè sul rispetto di tutti i clienti, indipendentemente da sesso, etnia, orientamento sessuale). Negozi chiusi, quindi, e tutti a lezione di antirazzismo e antisessismo. Galeotta fu la denuncia su Twitter della cantante afroamericana Sza, che aveva raccontato un' esperienza spiacevole avvenuta in negozio di Sephora a Calabasas, in California: una dipendente avrebbe chiamato la sicurezza perché controllasse che Sza non stesse rubando niente.

 

Sarà vero? Non potrebbe magari essere un equivoco?

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Ci sono prove, testimoni? Domande senza senso: non servono prove di fronte al tribunale orwelliano del pensiero unico. L' azienda, quindi, per un giorno chiuderà tutti i negozi, i centri di distribuzione e gli uffici aziendali degli Stati Uniti per insegnare ai dipendenti il rispetto delle minoranze. Emily Shapiro, portavoce di Sephora, ha detto che il corso non è «una risposta a un particolare evento» ma che era in programma da mesi nell' ambito della campagna «We belong to something beautiful», dedicata appunto al rispetto e alla valorizzazione delle differenze, iniziata un anno fa.

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«Sephora crede nella difesa di tutta la bellezza, nel vivere con coraggio e nello stare insieme senza paura per celebrare le nostre differenze. Non smetteremo mai di costruire una comunità in cui sia prevista la diversità, l' espressione di sé stessi sia onorata, tutti siano benvenuti e voi siate inclusi. Noi apparteniamo a qualcosa di bello», si legge nel sito dell' azienda, alla pagina che annuncia la campagna, dove si trova anche un video con ragazze velate che si provano rossetti e uomini che si mettono il mascara, insieme a scene di manifestazioni Lgbt.

 

Sza, del resto, è un' artista che ben si presta a fungere da «detonatore» per campagne di questo tipo. Cresciuta come musulmana praticante, ha detto di aver subito atti di discriminazione al liceo, in seguito all' 11 settembre, dopo i quali avrebbe smesso di indossare l' hijab. Già collaboratrice alla colonna sonora del film Black Panther, il supereroe nero, idolo dei giovani dei ghetti americani, dichiara anche di ispirarsi al regista feticcio della comunità afroamericana, Spike Lee.

 

Dopo la denuncia social di Sza, Sephora (che appartiene al gruppo del lusso francese Lvmh) aveva risposto: «Siamo spiacenti della sua esperienza presso il nostro negozio Calabasas. Ci teniamo a farle sapere che reclami come questo li prendiamo molto seriamente e che stiamo lavorando attivamente con il nostro team per affrontare immediatamente la situazione».

 

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È il modello Me too: non servono riscontri, basta il sospetto. Il razzismo e le molestie, del resto, sono diventati fenomeni «percepiti», quindi ogni ricerca di conferme fattuali diventa complicità oggettiva con i carnefici.

 

La soluzione del corso intensivo di rieducazione politicamente corretta non è tuttavia del tutto inedita. Solo pochi giorni, fa, il 29 maggio, Starbucks ha chiuso per un giorno 8.000 locali negli Usa per mandare 175.000 dipendenti a ripetizione di antirazzismo. Anche in quel caso c' era stato un caso di cronaca a motivare l' iniziativa: in un locale di Filadelfia, due afroamericani erano stati ammanettati dalla polizia per violazione di proprietà privata dopo essersi seduti al tavolo senza ordinare, mentre stavano aspettando l' arrivo di un amico.

 

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I poliziotti avevano riferito di essere stati chiamati da un dipendente, dopo che i due uomini avevano tentato di usare il bagno senza prima effettuare una consumazione. Dopo essere stati invitati a lasciare il locale ed essersi rifiutati, sarebbe scattato l' arresto. Reazione forse esagerata, ma senza che fosse minimamente entrato in gioco il colore della pelle dei due. E infatti il capo della polizia aveva difeso i poliziotti intervenuti e finiti nel mirino dopo il solito video diffuso in rete che li vedeva nell' atto di arrestare i due giovani: per il loro superiore, i due agenti avevano solo seguito le corrette procedure, intimando ai due di uscire e prelevandoli al loro rifiuto. Il numero uno dell' azienda di Seattle, Kevin Johnson, ha invece presentato pubblicamente le sue scuse per l' episodio definito «riprovevole» e ha annunciato una revisione delle policy del gruppo per renderle più sensibili alla «diversità» e alle sue esigenze. Tipo, appunto, usare il bagno senza consumare.

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