alessandro orsini

MA QUESTO ORSINI E’ UN PATACCA? IL PROFESSORE DELLA LUISS FA IL FENOMENO IN TV MA NON HA TITOLI ACCADEMICI PER PARLARE DEL CONFLITTO E ANCHE IL SUO OSSERVATORIO SULLA SICUREZZA ALLA LUISS NON HA PRODOTTO NULLA - NEL NEGARGLI L'ABILITAZIONE DA ORDINARIO DI SOCIOLOGIA POLITICA, IL PROFESSOR RAFFAELE DE MUCCI, HA PARLATO DI “IMPROBABILE APPROCCIO METODOLOGICO” - ORSINI UN’EXPERTISE CE LA HA. IN UN CAMPO SOPRATTUTTO: QUELLO DEL TERRORISMO…

Claudio Gatti per “la Stampa”

 

ALESSANDRO ORSINI 1

Ogni crisi fa emergere i suoi esperti. La pandemia ne ha prodotti moltissimi, la guerra in Ucraina, uno su tutti: il Professor Alessandro Orsini. Come nel caso dei virologi, anche lui si è affermato per via della sua casacca di accademico. O meglio ancora, di ricercatore sul campo, o "field researcher", come ama dire in inglese.

 

In televisione, il Professor Orsini indossa quella casacca in modo assertivo, impartendo nano-lezioni ricche di termini come «specializzazione delle funzioni», ma andando a scavare nel suo percorso scientifico, emergono una dote e un problema. La dote, unanimemente riconosciuta, è la sua devozione allo studio. Il problema è messo in evidenza dal Professor Francesco Ramella, sociologo dell'Università di Torino.

 

«Dietro l'assertività di Orsini, nei Cv che ho potuto visionare online non trovo una singola pubblicazione scientifica sulla materia in cui si cimenta in Tv. Allora mi domando: lo si invita per l'originalità o la profondità del suo sapere scientifico, o perché sa creare un meccanismo morboso di attenzione mediatica?» osserva il sociologo, stigmatizzando «la commistione che avviene in alcuni talk-politici tra il ruolo dell'esperto e quello dell'opinion maker».

ALESSANDRO ORSINI 2

 

Ma da studioso universitario, e più precisamente professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss, Orsini un'expertise indubbiamente la ha.

In un campo soprattutto: quello del terrorismo. Ha infatti pubblicato svariate monografie e ricerche "etnografiche" su terrorismo rosso, nero e jihadista. Abbiamo dunque fatto un approfondimento (la versione completa della nostra inchiesta si trova sul sito de La Stampa).

 

Il Professor Orsini si è rifiutato di parlarci, ma dal suo Cv si viene a sapere che dal 2013 al 2016 «è stato direttore del Centro per lo studio del terrorismo dell'Università di Roma Tor Vergata» e che dai primi del 2017 è «direttore dell'Osservatorio per la sicurezza internazionale della Luiss», due cariche apparentemente importanti in due istituti universitari di tutto rispetto che hanno lanciato la sua figura mediatica. Ma prodotti scientifici di questi due centri non se ne trovano.

 

Nel caso di Tor Vergata, si trova traccia solo di una conferenza tenuta due mesi e mezzo dopo la costituzione del Centro stesso. Null'altro per il resto dei tre anni. Ci viene poi spiegato che la struttura «non ha mai fatto nulla», e che «è rimasto sulla carta». Parole di Franco Salvatori, all'epoca direttore del Dipartimento di Tor Vergata a cui era affiliato il Centro di Orsini.

ALESSANDRO ORSINI 3

 

Quando abbiamo chiesto dettagli al direttore del Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss, quello al quale sono legati Orsini e il suo Osservatorio di studi sulla sicurezza, ci è stato detto che questo «non è supervisionato dal Dipartimento». Né il Direttore delle relazioni esterne né la Direzione Generale ci hanno saputo dire chi alla Luiss ha finora avuto la responsabilità di supervisionare le attività del centro di Orsini, o quali attività abbia mai svolto l'Osservatorio. Il 30 aprile, la Luiss ha poi comunicato che «i canali di comunicazione dell'Osservatorio da oggi non sono più attivi».

 

Continuiamo lo scavo. Laureato in sociologia, con un dottorato in Teoria e storia della formazione delle classi politiche, Alessandro Orsini acquisisce notorietà come esperto di terrorismo grazie al volume Anatomia delle Brigate Rosse, pubblicato sia in Italia sia negli Stati Uniti (dalla prestigiosa Cornell University Press).

 

ALESSANDRO ORSINI

In termini di metodologia sociologica, il volume di Orsini offre un qualcosa di molto innovativo, che ha fatto sicuramente colpo sugli americani. Parliamo del cosiddetto Dria (acronimo di Disintegrazione, ricostruzione, integrazione, alienazione), un modello interpretativo del processo di radicalizzazione dei brigatisti che l'autore spiega essere stato «costruito principalmente ricorrendo a testimonianze di brigatisti pluriomicidi», ma grazie anche a deposizioni processuali, risoluzioni strategiche, documenti e lettere private di brigatisti.

 

Si può dunque immaginare la sorpresa quando, in un post della pagina Facebook del Professore relativo al successivo libro dell'Isis, si parla del modello Dria e si dice che «si basa sull'analisi comparata della vita di 39 jihadisti che hanno realizzato un omicidio o una strage nelle città occidentali».

 

ALESSANDRO ORSINI

Al di là della discordanza sulla sua origine, il modello Dria sarebbe dunque universale. In altre parole, studiando Sociologia a Trento, Renato Curcio avrebbe ideato le Brigate Rosse in base agli stessi meccanismi che, fumando marijuana a Bruxelles fuori dalle moschee salafite, hanno spinto Abdelhamid Abaaoud a ideare la strage del Bataclan. Non siamo i soli ad avere delle perplessità. «Ho l'impressione che, con il suo lavoro, Orsini voglia costruire delle tipologie e dinamiche generali, per poi applicarle anche in contesti storici dove non funzionano», ci dice lo storico ed esperto di violenza religiosa della Northern Illinois University Brian Sandberg.

 

Pubblicazioni come questa non hanno aiutato Orsini a ottenere il riconoscimento dei colleghi, che per due volte non gli hanno riconosciuto l'abilitazione al concorso di nazionale di idoneità all'insegnamento universitario di prima fascia di Sociologia politica, quello dei professori ordinari. Ci è riuscito solo al terzo tentativo nel luglio del 2020.

Ma in Sociologia generale.

 

ALESSANDRO ORSINI

Nel negargli l'abilitazione da ordinario di Sociologia politica, il suo collega della Luiss, Professor Raffaele De Mucci, ha scritto che nei suoi lavori, «contrariamente all'insegnamento di Weber, è la realtà che deve adattarsi al modello, non viceversa», e ha parlato di «improbabile approccio metodologico». Il Professor Franco Pina, ordinario di Sociologia dell'Università di Torino, ha invece scritto che appare «più proteso a cercare conferme dei suoi schemi interpretativi che a mettere alla prova ipotesi teoriche definite sulla scorta della letteratura o di proprie elaborazioni».

 

Mentre il professor Roberto Segatori, sociologo dell'Università di Perugia, ha criticato il suo «certo riduttivismo interpretativo». Questa nostra ricostruzione non fa neppure un cenno alle posizioni prese dal professor Orsini sull'Ucraina, perché non si intende in alcuno modo mettere in discussione la legittimità delle sue opinioni di non esperto in materia. È difficile però non notare che corrispondono a un'esigenza da lui espressa in un volume pubblicato solo negli Usa - quella di «mettere in discussione il pensiero convenzionale su determinati fenomeni politici». Con l'invasione russa dell'Ucraina, i massmedia italiani gli hanno dato l'opportunità di farlo. E lui ci si è buttato a capofitto

alessandro orsinialessandro orsinialessandro orsiniorsini giletti

Ultimi Dagoreport

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...