IL MONDO DELLA LETTERATURA PIANGE MARTIN AMIS – ROMANZIERE FORMIDABILE (“MONEY”, “LONDON FIELDS”, “L’INFORMAZIONE”), HA CONTRIBUITO A RIDEFINIRE, NEGLI ANNI '80 E '90, LA NARRATIVA BRITANNICA – POLEMISTA PROVOCATORIO, HA FATTO ARRABBIARE LE FEMMINISTE, HA INVEITO CONTRO L’ISLAM, HA CRITICATO LA RIVOLUZIONE SESSUALE E S’È SCAGLIATO CONTRO LA VECCHIAIA, PROPONENDO UNA EUTANASIA DI MASSA PER GLI OVER SETTANTA – È MORTO A 73 ANNI, PER LA STESSA MALATTIA DELL’AMICO CHRISTOPHER HITCHENS…

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Estratto dell’articolo di Cristina Taglietti per il “Corriere della Sera”

 

MARTIN AMIS MARTIN AMIS

È morto della stessa malattia dell’amico Christopher Hitchens, un cancro all’esofago, Martin Amis. Lo scrittore è scomparso venerdì a 73 anni, nella sua casa di Lake Worth, in Florida: lo ha annunciato la moglie, la scrittrice Isabel Fonseca.

 

Nato a Oxford il 25 agosto 1949, romanziere formidabile e discontinuo, polemista fuori dagli schemi, intellettuale nemico dei cliché, con la sua prosa divagante e controllata Martin Amis ha contribuito a ridefinire, negli anni Ottanta e Novanta, la narrativa britannica, influenzando un’intera generazione di scrittori britannici come Zadie Smith e Will Self.

 

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Un’amicizia duratura e profonda lo legava a Christopher Hitchens, come lui saggista, critico, mente brillante, spirito polemico e dalla verve anticonformista, «la sola bionda di cui mi sia innamorato», come lo definì una volta con l’ironia caustica che lo contraddistingueva.

 

Era stata proprio la sua morte, nel 2011, a ispirargli l’ultimo libro, La storia da dentro (sottotitolo Come scrivere) che Einaudi martedì manda in libreria: una sorta di fluviale autobiografia romanzesca in cui, mescolando realtà, memoria, persone vere con nome e cognome, personaggi d’invenzione, riallaccia i fili della sua vita, già raccontata in uno dei libri più amati dai lettori, Esperienza, in cui aveva messo al centro il complesso rapporto con il padre Kingsley, anche lui scrittore.

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[…]

 

All’interno c’è tutto: le donne amate, il padre, la moglie di lui, Elizabeth Jane Howard (autrice della saga dei Cazalet) l’amico di famiglia e grande poeta Philip Larkin, i numi tutelari Saul Bellow e Vladimir Nabokov (che chiamava Twin Peaks). E poi Iris Murdoch, oltre a quel gruppo di autori coetanei che si è formato in gran parte durante gli studi universitari a Oxford e che comprende Ian McEwan e Salman Rushdie.

 

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Anche con loro c’era un’amicizia e una complicità profonde, rafforzate dalla fatwa di Khomeini lanciata contro l’autore dei Versi satanici: più volte hanno raccontato le fughe per vedersi, nonostante la vita blindata a cui la scorta costringeva Rushdie.

 

Inserito dal «Time» tra i cinquanta intellettuali più influenti dal 1945, Amis è stato un osservatore attento del Novecento e delle sue ferite: «Ho scritto due libri su Hitler e due libri su Stalin, quindi ho già passato circa otto anni in loro compagnia. Ma non c’è modo di sfuggire a quei due, per come la vedo io», annuncia nel Preludio del nuovo libro.

 

[…] Amis ha messo sulla graticola gli eccessi e le assurdità della società occidentale «tardo-capitalista», spingendo sul pedale della satira e del grottesco. Lo ha fatto con romanzi come Money, dove ha messo al centro un regista pubblicitario che tra Londra e New York sta girando il suo primo film e si trova davanti a divi egocentrici, produttori rampanti e amanti infedeli; con London Fields, mistery comico in una Londra post-thatcheriana dura e ferita; con L’informazione, storia di due quarantenni che dopo gli studi insieme a Oxford, sono diventati entrambi scrittori, uno di successo, l’altro un fallito.

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Con La zona d’interesse, da cui il regista Jonathan Glazer ha tratto un film presentato a Cannes proprio in queste ore, ha raccontato la storia di un ufficiale nazista che si innamora della moglie del comandante del campo di sterminio.

 

La «zona di interesse» era il nome usato dai nazisti per descrivere l’area di 40 chilometri quadrati che circondava il campo di concentramento di Auschwitz e quella storia a tre voci aveva suscitato polemiche feroci al punto che alcuni editori europei si erano rifiutati di pubblicarlo. Ha parlato d’amore con La vedova incinta, ambientato in una lunga estate italiana degli anni Settanta, vissuta da un gruppo di ragazzi alle prese con gli imprevisti della rivoluzione sessuale.

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Polemista provocatorio («È stato uno degli scrittori più acclamati e discussi degli ultimi 50 anni», ha dichiarato in una nota il Booker Prize), nel tempo ha fatto arrabbiare le femministe, ha inveito contro l’islam (dopo l’attentato alle Torri gemelle dichiarò che per fermare la nuova strategia dell’«orrorismo» e gli stragisti islamici «la comunità musulmana avrebbe dovuto soffrire e rimettere ordine al suo interno»); ha criticato la rivoluzione sessuale e addirittura s’è scagliato contro la vecchiaia, proponendo una eutanasia di massa per gli over settanta.

 

«Sono spesso accusato di concentrarmi sul lato repellente della vita, in realtà penso di essere un sentimentale», aveva detto al «New York Times» nel 1985, con uno di quegli sberleffi in cui, probabilmente, diceva la verità.

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