I NASTRI DEI GIUSTI - DA TAORMINA AL MAXXI, PER IL CINEMA ITALIANO È TUTTO COME PREVISTO: 5 PREMI A ''FAVOLACCE'', SOLO PREMI TECNICI A ''PINOCCHIO'' (TRANNE BENIGNI NON PROTAGONISTA), FAVINO COME CRAXI, CONTENTINO PER JASMINE TRINCA IN MEZZO AL DESERTO DI RUOLI FORTI PER DONNE - MUCCINO SI LAMENTA: ''9 NOMINATION, ZERO VITTORIE'' - NIENTE PER ZALONE NÉ FICARRA & PICONE - PREMIO ESORDIENTE A MARCO D'AMORE PER ''L'IMMORTALE''

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Marco Giusti per Dagospia

 

Nastri D’argento

 

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Arieccolo il cinema italiano che si autocelebra, anche con il lutto freschissimo della morte di Ennio Morricone. Arieccoli i Nastri D’Argento 2020 in anno di Covd. Non più quindi consegnati nella splendida cornice del Teatro Greco di Taormina, ma al Maxxi di Giovanna Melandri con diretta su Rai Movie presentati da Anna Ferzetti. Tutto come ci aspettavamo, va detto subito. Cinque premi a “Favolacce” dei fratelli D’Innocenzo, compresi  miglior film, miglior sceneggiatura, costumi, fotografia e produzione.

 

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Sei premi a “Pinocchio” di Matteo Garrone, tutti tecnici, montaggio, costumi, sonoro, scenografia a parte il non protagonista a Roberto Benigni. Miglior attore, era ovvio, Pier Francesco Favino come Bettino Craxi in “Hammamet” di Gianni Amelio, miglior attrice Jasmine Trinca in “La dea fortuna” di Ferzan Ozpetek, migliore non protagonista Valeria Golino in “5 è il numero perfetto” di Igort.

 

LA DEA FORTUNA LA DEA FORTUNA

“La dea fortuna” vince anche per la miglior colonna sonora, Pasquale Catalano, che divide con Brunori Sas per “Odio l’estate” di Massimo Venier. Miglior soggetto a Pupi Avati per “Il signor Diavolo”, non è un bel film, ma almeno è un horror. Miglior regista esordiente, e di questo siamo davvero contenti, a Marco D’Amore per “L’immortale”, spin off di “Gomorra”. Miglior commedia a “Figli” di Giuseppe Bonito e migliori attori di comemdia i suoi due protagonisti, Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea. Devo dire che “Il primo Natale” di Ficarra e Picone era più innovativo e lo era anche “Tolo Tolo” di Checco Zalone, malgrado le polemiche e qualche ambiguità. I non premiati si incazzano.

 

LA DEA FORTUNA LA DEA FORTUNA

Come Gabriele Muccino, che scrive su twitter: “…su 9 Nomination ricevute, la giuria non ha reputato che il mio film (lo considero uno dei miei più belli) valesse un solo premio. Abituato al pregiudizio nei miei confronti,  ringrazio”. Con chi se la prende? Coi giornalisti? Dai, hanno pure dato il premio come miglior produzione all’intera famiglia Saccà per “Favolacce”… senza scordare il premio a Pupi Avati.

 

l immortale l immortale

Rai Cinema, ovviamente, si mangia tutto. Lascia qualcosa a Warner Bros, “La dea fortuna”, che almeno era un film strampalato ma strano, non facile, pieno di trovate di sceneggiatura (sicuramente superiore a quella di “Favolacce”, che pure ha vinto a Berlino), un premio a Vision per “L’immortale”, che era una grande opera prima, un mezzo premio a Mediaset per la musica di “Odio l’estate”, prodotto dal compianto Paolo Guerra, ma l’unico film con tre attrici comiche bravissime che forse andavano segnalate. Nulla a Zalone, come previsto, ma nulla neanche a “Il primo Natale” che vantava, oltre al cast, grandi contributi tecnici, fotografia, scenografia, musiche…

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Che dire? E’ stata una stagione terribile e sfortunata. Siamo passati dalla fine dei cinepanettoni alla nascita dei cinepanettoni d’autore, “Pinocchio” e “Il primo Natale”, che a Natale hanno pure funzionato bene, dai 45 milioni del film di esordio di Checco Zalone regista, che sembravano pochi rispetto ai 65 del film precedente e ora sembrano una cifra che non rifaremo mai più, all’agonia dei film bloccati per il Covid, capitanati da “Favolacce” e da “Magari” di Ginevra Elkann, altra buona opera prima massacrata dalla critica troppo buona di Emiliano Morreale su “Repubblica” appena passata di mano da Verdelli a Molinari.

 

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Tutti a ridere, siamo sempre il cinema italiano no?, ma non ha fatto del bene al giusto sguardo sul film. Per non parlare del caso “Favolacce”, con tutti i critici pronti a esaltarlo a cominciare dal vecchio Goffredo Fofi (“è più che un capolavoro del cinema…”, sì, vabbè…), mentre i più da casa non ne parlavano così bene. E non è certo così innovativo. E sul premio ai Saccà, insomma, è vero che hanno dato piena fiducia al cinema dei gemelli D’Innocenzo targato Gucci-Spinaceto, ma non era meglio premiare gli sforzi di Garrone per fare un cinema d’autore popolare o quelli di Ficarra e Picone per non parlare dello stesso Pietro Valsecchi che, a onore del vero, con “Tolo Tolo” ha fatto una commedia ricchissima su un tema importante?

pinocchio di matteo garrone 1 pinocchio di matteo garrone 1

 

Ma ci sono due cose che vi dovrei dire. La prima è che, esattamente come per i David, si nota che non ci sono, ripeto non ci sono, ruoli decenti per i personaggi femminili, ad eccezione forse di quello di Paola Cortellesi in “Figli”, di Giovanna Mezzogiorno in “la dea fortuna” e di quelli che già vi dicevo di “Odio l’estate”. I contentini alle eterne Jasmine Trinca e Valeria Golino  dimostrano proprio quello che dico.

massimo popolizio ne il primo natale ficarra e picone massimo popolizio ne il primo natale ficarra e picone

 

Mentre ai maschi spettano ruoli forti da protagonisti, le donne sono sempre subalterne. Sarebbe ora di scrivere cose diverse, ma soprattutto di fare scrivere loro le loro storie. La seconda cosa mi sembra più importante. Con la vittoria, miglior film, di “Favolacce” dei D’Innocenzo, e magari con il lancio di nomi diversi e più giovani l’anno scorso come Alice Rohrwacher, Pietro Marcello, forse Gabriele Mainetti che presenterà a Natale il suo secondo film, stiamo assistendo a un processo chiarissimo di cambio della guardia e di modernizzazione (diciamo…) del nostro cinema, che di fatto invecchia i Garrone i Sorrentino i Sollima, i Manetti ormai cinquantenni, già visti come maestri non più giovani.

 

il primo natale ficarra e picone il primo natale ficarra e picone

A metà strada metterei Saverio Costanzo, che ha trovato come Sollima una sua strada d’autore nelle serie tv. Guadagnino, invece, ancora più odiato che amato dal nostro cinema e dai nostri critici, rimane ancora qualcosa di non ben definito, sicuramente di non italiano. Bene o male, insomma, che ci piaccia o no, questo è quello che viene fuori da questi Nastri d’Argento 2020. 

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