antonio sabato

IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - ANTONIO SABATO, STAR DEL NOSTRO CINEMA STRACULT ANNI ’60 E ’70, SE NE È ANDATO A 78 ANNI PER COVID A LOS ANGELES – PER IL SUO CATTIVO CARATTERE, PERSE IL RUOLO DI COPROTAGONISTA IN “BARBARELLA” DI ROGER VADIM - AVEVA ROTTO CON IL FIGLIO, ANTONIO SABATO JR, SALITO ALLA RIBALTA COME FEDELISSIMO TRUMPIANO E NO-MASK (IN MOLTI GLI HANNO RINFACCIATO LA POSIZIONE CONTRO LE MASCHERINE QUANDO IL PADRE SI TROVAVA IN TERAPIA INTENSIVA) -  VIDEO

 

Marco Giusti per Dagospia

 

ANTONIO SABATO

Non se la passava benissimo Antonio Sabato, star del nostro cinema stracult anni ’60 e ’70, scomparso il 6 gennaio per Covid a Los Angeles, dove viveva ormai da tanti anni, ancora molto legato al figlio, Antonio Sabato jr, che aveva fatto una certa fortuna a Hollywood come attore e produttore, ma che aveva rotto ogni rapporto con lui.

 

E’ stato proprio il figlio, in questi ultimi anni salito alla ribalta come fedelissimo trumpiano, cosa rara nel mondo del cinema e paladino del no-mask, a chiedere il 4 gennaio “una preghiera per il padre” in cura intensiva in ospedale e poi a dare la notizia della sua morte su Twitter con un laconico “ciao, papà”. Contemporaneamente però twitta cose del tipo, “Trump Won Again” e in molti gli rinfacciano la sua posizione contro le mascherine: “Perché non ti chiedi come pensi a proposito del Covid adesso che TUO PADRE è un cura intensiva?”. 

 

ANTONIO SABATO

Rispetto al povero Antonio Sabato Senior, diciamo che il suo era un carattere difficile se non proprio impossibile, come raccontavano tutti i registi che lo incontrarono, da Umberto Lenzi a Enzo G. Castellari, da Mario Caiano a Alberto Ded Martino, Sabato doveva proprio alla sua cocciutaggine il fatto di non essere davvero esploso come star internazionale alla fine degli anni ’60 e non aver raccolto un po’ di gloria quando a Hollywood quando il figlio divenne una star televisiva negli anni ’90.

 

Quando lo intervistai per Stracult lo trovai proprio a Los Angeles, sul barcone dove viveva e mi sembrò che, al di là delle cose che mi diceva, i sogni di gloria erano da tempo svaniti. E con questi anche i rapporti col figlio, che pure lo aveva sostenuto negli ultimi anni con qualche partecipazione a film, “High Voltage” nel 1997, e serie, “Beautiful” nella stagione 2006.  Eppure Antonio Sabato era partito benissimo nel nostro cinema maggiore e nelle grandi produzioni internazionali. Nato a Montelepre, vicino Palermo, nel 1943, arriva a Roma e ottiene un piccolo ruolo battezzato dalla regia di Vittorio de Sica in un sogno di Clint Eastwood a fianco di Silvano Mangano in un episodio de “Le streghe”. Nello stesso anno lo troviamo a fianco di Anouk Aimée in “Lo scandalo” di Anna Gobbi. Bello, giovane, pieno di vitalità, viene scelto fra altri duemila attori da John Frankheneimer per il ruolo del pilota italiano Nino Barlini in “Grand Prix”.

ANTONIO SABATO

 

Ruolo che era stato pensato per Jean-Paul Belmondo. Sabato si troverà così catapultato tra le grandi star del film della MGM, che vincerà ben tre Oscar, a fianco di Yves Montand, James Garner, Toshiro Mifune e Françoise Hardy. Per il suo cattivo carattere, mi confessò, perse il ruolo di coprotagonista di Jane Fonda in “Barbarella” di Roger Vadim. Su imdb leggo che invece la sua recitazione venne ritenuta troppo seriosa e così nel ruolo di Dildano venne rimpiazzato dalla star emergente inglese David Hemmings.

 

Ma se vedete bene lo trovate nel film. Caduto da “Barbarella”, ma ancora forte protagonista giovane, venne spedito nel mondo dei nostri spaghetti western. Lo troviamo così in “Odio per odio” di Domenico Paolella dove è un peone buono a fianco di John Irelend. Il film incassò molto bene e venne subito distribuito in America.

ANTONIO SABATO JR

 

Eccolo poi in “Al di là della legge” di Giorgio Syegani assieme a Lee Van Cleef e a un ancora caratterista Bud Spencer, poi è uno dei tre pistoleri di “I tre che sconvolsero il West” o “Vado, vedo, spara” diretto da Enzo G. Castellari. Ma forse il suo western migliore è lo stranissimo “Due volte Giuda” di Nando Cicero, dove si ritrova come antagonista Klaus Kinski come al solito fuori di testa. Sul set, raccontava, Kinski ruppe un boccione di vino da due litri e cercava di spaventarlo agitandogli il vetro sulla faccia. “Colpiscimi”, gli disse, “mi fai un favore. Così stasera ti uccido”.

 

Recita in inglese, addirittura indirizzato nella recitazione dal fratello di Leslie Howard, in “La monaca di Monza” di Prandino Visconti con Anne Heywood. Dopo la commedia di Marcello Fondato “Certo, certissimo, anzi probabile” lo troviamo nel davvero interessante “Love Maker – L’uomo per fare l’amore” di Ugo Liberatore, dove è un ingegnere italiano playboy in una Monaco di Baviera alquanto razzista. Un film che fece scadalo allora e non venne mai distribuito in Germania, malgrado il ricco cast tedesco, Doris Kunstmann, Christiane Kruger.

ANTONIO SABATO JR

 

Negli anni ’70 si dedica quasi integralmente al poliziesco e al thriller, “E venne il giorno dei limoni neri”, “Il racket dei violenti”, “I familiari delle vittime saranno avvisati”, Milano rovente” di Umberto Lenzi, “Milano: Il clan dei calabresi” di Giorgio Stegani, “A tutte le auto della polizia” di Mario Caiano, “Poliziotti violenti” di Michele Massimo Tarantini, “Canne mozze” di Mario Imperoli, quasi sempre nel ruolo del protagonista, il poliziotto meridionale coi baffi. Ma venne chiamato anche per ruoli e generi diversi, penso all’interessante “L’uomo dagli occhi di ghiaccio” di Alberto De Martino, l’horror “L’occhio del ragno” di Roberto Bianchi Montero, il giallo “Sette orchidee macchiate di sangue” di Umberto Lenzi. Non riuscì a diventare una icona del poliziottesco all’italiana come Maurizio Merli o Luc Merenda, ma fu un buon protagonista ben riconoscibile e apprezzato dal pubblico, anche se ormai non era più la star che la MGM pensava di lanciare ai tempi di “Grand Prix”.

 

Nel 1972, dopo essersi sposato con l’attrice cecoslovacca Yvonne Kabouchy, gli nascerà il primo figlio, Antonio Sabato junior. A quel tempo, oltre ai polizieschi, fa un po’ di tutto. Alfonso Brescia lo chiama per il fantascientifico “Il mondo dei robot”, ma anche per i Merola movie, come “I contrabbandieri di Santa Lucia”, “Napoli… la camorra sfida”, “La tua vita per mio figlio”, polizieschi-sceneggiati con Mario Merola protagonista che ottennero grandi successi di pubblico.

 

antonio sabato e venne il giorno 1

Lo troviamo anche nel postatomico “Fuga dal Bronx” e “Tuareg” di Castellari, che sapeva come farlo funzionare, in “Thunder” di Fabrizio De Angelis. Ciro Ippolito lo chiama per “Zampognaro innamorato” con Mario Merola. Quando il figlio Antonio Sabato jujnior iniziò a lavorare, il primo film da protagonista fu “Il ragazzo dalle mani d’acciaio” di Fabrizio De Angelis nel 1990, e si stabilì a Los Angeles, diventando cittadino americano nel 1996, il padre lo seguì, sperando di avere quel successo che non gli era stato concesso tanti anni prima.

 

Ma le cose non andarono così. E la presenza di Antonio Sabato Senior sui set del figlio non fu sempre così gradevole. Mentre Sabato Junior fece un suo percorso, anche fortunato, una novantina di film e tvmovie, due mogli, una serie di figli, supporter di Donald Trump nel 2016, poi candidato al Congresso per la California nel 2017, fortunatamente perse, il padre si emarginò sempre di più.

 

ANTONIO SABATO

E non credo fosse una cosa facile da digerire per una personalità forte come quella di Antonio Sabato che si sentiva davvero una star negli anni’60. Anche se, a leggere i commenti su Twitter, non è che Antonio Sabato Junior con tutti i suoi recenti deliri trumpiani, l’idea di fare “cinema patriottico” con il Conservative Film Company, e lottare fino alla fine per il riconteggio elettorale sia molto amato in California. “Ciao, sono Antonio Sabato Jr e credo che la luna sia fatta di formaggio”.

ANTONIO SABATO 11

 

marco giusti

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