IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - NON POSSIAMO CHE RATTRISTARCI PER LA TRAGICA FINE DI HELMUT BERGER, COSÌ BELLO, RICCO E CELEBRATO CHE ERA CROLLATO NELLA MISERIA E NELL’INCAPACITÀ DI PROVVEDERE ALLA SUA VITA - SCOPERTO DA VISCONTI, HA AVUTO STORIE DI SESSO CON UNA MAREA DI STAR DI PRIMA GRANDEZZA NEI FOLLI ANNI ’70 DEL CINEMA ITALIANO - CON LA MORTE DI LUCHINO NEL 1976 HELMUT PERDE OGNI POSSIBILITÀ DI RITORNARE AL SUCCESSO - LE SUE STORIE FANNO IL GIRO D’ITALIA. SEMPRE IMBARAZZANTI. SE NE VA DALL’ITALIA, DIRÀ SEMPRE CHE VISCONTI NON GLI HA LASCIATO NULLA. POVERO HELMUT… - VIDEO

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HELMUT BERGER 22 HELMUT BERGER 22

Marco Giusti per Dagospia

 

Non possiamo che rattristarci per la tragica fine di Helmut Berger, lui così bello, ricco e celebrato che era crollato nella miseria e nell’incapacità di provvedere alla sua vita. Solo pochi anni fa a Venezia passò l’incredibile "Helmut Berger, actor" dell'austriaco Andreas Horvath, scuola Ulrich Seidl.

 

Ovvio che un film che inizia con Helmut Berger a culo nudo e addosso solo una maglietta sporca di "Emmanuelle a Saint Tropez" e finisce con lui che si masturba di fronte alla foto del suo Luchino Visconti ("Aristocratico") e chiede al regista di tirarselo fuori e di farglielo toccare e quando pochi secondi dopo viene si asciuga con la maglia di cachemere non può che essere un capolavoro. In quello che doveva essere un film sulla sua vita, Helmut diceva poco o niente di sé, a parte le battute sulla "moglie lesbica" di Bertolucci, qualcosa sulla sua nascita e il rapporto con la mamma, ma Andreas Horvath lo segue nella sua casa non proprio ospitale di Salisburgo, poi in un delirante e tristissimo Capodanno dagli amici ricchi a Saint-Tropez.

 

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Un museo degli orrori di vecchie glorie. Quando la fedele governante tedesca, morta a film finito, cerca di mettere ordine nella casa del suo un tempo bellissimo padrone, e si lamenta delle pareti piene di morti, come Romy Schneider, Helmut ci spiega da subito il rapporto suo e di Luchino col sesso. "Visconti senza il sesso non sarebbe stato nulla", spiega a Horvath, e gli racconta che ai bei tempi scopava almeno quattro volte al giorno, "sempre partouze". Anche nel film si dichiara ancora attivo ("Andreas”, dice al regista, “ti faccio un pompino e la finiamo lì”).

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Un paio d’anni dopo a Torino, dove è venuto sulla sedia a rotelle stava molto peggio, però, e diceva poco e niente. Non so cosa sia stato il cinema per Helmut Berger, scoperto da Visconti nel paesino austriaco dove era nato, a Bad Ischl. Se vi capita di vedere il bellissimo episodio di Visconti “La strega bruciata viva” de “le streghe”, vedete anche Hemut ragazzino al tempo del suo incontro con Visconti. Ancora bello e ingenuo. Sarà Visconti, come ha sempre sostenuto, a rubargli l’anima, a farne qualcosa che non era. Anche se avrà storie di sesso con una marea di star di prima grandezza nei folli anni ’70 del cinema italiano, è Visconti a segnarlo per sempre.

 

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Marina Cicogna glielo ruba per farlo esordire nell’ormai lontano “I giovani tigri” di Antonio Leonviola assieme a altri giovani “figli di”, cioè Luca Della Robbia alias Luca De Filippo e Massimo Farinelli figlio di un celebre esercente perugino. Farà carriera al cinema solo Helmut. Poi lo presta a Rizzoli produttore e a Maurizio Liverani regista esordiente, comunista col Principe di Galles, per il divertente ma disastrato “Sai cosa faceva Stalin alle donne”, satira del cinema romano di sinistra che non piacerà ai critici del tempo.

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Ma Helmut parte solo quando si mette le piume, le calze e il cappello di Marlene in “La caduta degli dei” di Luchino. Perché prendere Marlene che scrive tutti i giorni, sembra, per avere un ruolo nel film, quando ha Helmut come sua nuova Marlene. E poi lo mette nella camera da letto della mamma Ingrid Thulin e sistema gli affari di famiglia. Helmut diventa una star. Le mie compagne di classe al liceo D’Oria di Facevano la fila per vedere “Il bel mostro”. Massimo Dallamano, con la passione del cinema erotico, lo chiama come “Il dio chiamato Dorian”, nuova versione di Dorian Gray. La scena sotto la doccia di Helmut e Herbert Lom è qualcosa da antologia.

 

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Sul set di “Il giardino dei Finzi Contini” di Vittorio De Sica si porta dietro il marchio di Visconti. E la notte lui e Dominique Sanda, diceva i presenti, facevano impazzire tutti. E’ sfrenato, bello, ricco, una macchina del sesso, chi c’è c’è, pare di capire. Gira film come “Così bello, così corrotto, così con teso” di Sergio Gobbi che ben rappresenta quello che vedevano i giovani dei primi anni’70 in lui. Il sesso senza differenze di generi. “Ludwig” di Visocnti sarà il suo punto più alto. E la fine ecomnomica del prodotture Ugo Santalucia, esercente del cinema barese, venuto a Roma con una valigia piena di soldi, per girare i primi film di Franco e Ciccio con Lucio Fulci ma con l’idea, un sogno, di fare un giorno un film con Luchino Visconti. Eccolo!

 

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Perderà tutto. Non fare più né il cinema da produttore né l’esercente. Poco importa al clan Visconti. Voleva un film come “Ludwig”? Lo ha avuto. Fino a “Salon Kitty” di Tinto Brass i film di Helmut Berger sono macchine funzionanti. “Il girotondo dell’amore”, tratto da Schnitzler, non bello, ma pieno di volti noti, lo stracultissimo “Mercoledì delle ceneri” di Larry Peerce con Liz Taylor e Henry Fonda, un film dedicato alla chirurgia plastica delle donne, “Gruppo di famiglia in un interno” di Luchino, dove deve fare impazzire il vecchio professore Burt Lancaster, “Una romantica donna inglese” di Joseph Losey con Glenda Jackson e Michael Caine, dove Glemda Jackosn lo odiava.

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In “Salon Kitty” è già la parodia del tedesco viscontiano che sarà dopo. Non sapeva che molti anni dopo Quentin Tarantino lo citerà per i suoi film di genere, in barba a Visconti&Co, come “La belva col mitra” di Sergio Grieco, dove Samuel Jackson lo confonde però con Rutger Hauer. Sul set di quel film c’è una delle sue compagne di bagordi notturni preferita, Marisa Mell. Faranno una grande coppia. Col cinema di genere avrà una sorta di nuova vita, “Il grande attacco”, “L’alba dei falsi dei”, il terribile “le rose di Danzica” di Alberto Bevilacqua con Franco Nero, uno dei film più comici che abbia mai visto, “Eroina” di Massimo Pirri, dove fa coppia con Corinne Clery, che si buca proprio lì in primissimo piano.

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Tanti anni fa a Venezia mi fece impazzire. Ma gira film assurdi come “Femmes” di Tana Kaleya, dove interpreta un quasi se stesso. Con la morte di Visconti nel 1976 Helmut perde ogni possibilità di ritornare al successo come star internazionale. Le sue storie notturno fanno il giro d’Italia. Sempre imbarazzanti. Se ne va dall’Italia, rompe con la famiglia Visconti, dirà sempre che Luchino non gli ha lasciato nulla. Gira film imbarazzanti. Ogni tanto qualcuno gli offre un piccolo ruolo illuminante. Povero Helmut.

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