E ORA CHIAMATELO PREMIO S-NOBEL – LA POETESSA AMERICANA LOUISE GLÜCK CONQUISTA IL NOBEL PER LA LETTERATURA. AVEVA GIÀ VINTO IL PREMIO PULITZER NEL 1993. HA PUBBLICATO UNDICI RACCOLTE POETICHE E INSEGNA A YALE – IL PREMIO PARLA ANCHE NAPOLETANO GRAZIE ALLA LIBRERIA "DANTE&DESCARTES" EDITORE DI AVERNO - IL PARAGONE INOPINATO CON EMILY DICKINSON...

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1 - LAGO-CRATERE

Poesia di Louise Gluck pubblicata dal “Corriere della Sera”

louise gluck louise gluck

 

C'era una guerra tra il bene e il male.

Decidemmo di chiamare il corpo bene.

 

Ciò fece della morte il male.

Rivolse l'anima completamente contro la morte.

 

Come uno scudiero che vuole

servire un grande guerriero, l'anima

voleva parteggiare per il corpo.

 

Si rivolse contro il buio,

contro le forme di morte che riconosceva.

 

Da dove viene la voce

che dice supponiamo che la guerra

sia male, che dice

 

supponiamo che il corpo ci abbia fatto questo,

ci abbia resi paurosi di amare

 

da “Averno”, traduzione di Massimo Bacigalupo

per gentile concessione degli editori Dante & Descartes e Editorial Parténope

 

2 - ORA POSSIAMO CHIAMARLO SNOB-EL

Dario Olivero per “la Repubblica”

 

louise gluck giano louise gluck giano

Il Nobel per la letteratura è andato a Louise Glück, 77 anni, poetessa, anzi premiata e laureata poetessa statunitense. Alcune considerazioni a margine. Il Nobel va a una donna, questo va notato, poiché Stoccolma si dimostra giustamente molto sensibile dopo gli scandali sessuali di due anni fa. Non sono invece state notate né Maryse Condé né Jamaica Kincaid né Annie Ernaux.

 

La letteratura non è politica, non c'è dubbio. Ma neanche ignorare lo spirito del tempo. Il romanzo moderno nasce imbevuto di storia. Riuscite a immaginare Delitto e castigo senza la Russia zarista, il nazionalismo e il terrorismo anarchico? Oggi ci sono questioni come cambiamento climatico, nuovi movimenti per i diritti civili e, per inciso, una pandemia mondiale che sta ridisegnando la storia. Svezia esclusa. Il Nobel a Bob Dylan per molti fu uno scandalo: il premio a un cantante? si disse. No, a un poeta, era la difesa. Ecco, ora il premio è andato a una poetessa. Giustizia è fatta.

 

I bookmaker si guadagnano da vivere con le scommesse, sono gente pratica, guardano alle probabilità non al merito della puntata. Louise Glück era data 25 a 1 come Marilynne Robinson e Edna O' Brien. Scovare l'intruso. È un premio all'anglosfera. Ma a una lingua inglese pulita, laureata e accademica. E tanti saluti al global english, parlato con accenti e cadenze diverse dall'Africa alla Spagna all'Asia e che arricchisce una lingua sempre meno imperiale e sempre più mondiale.

gluck dante&descartes gluck dante&descartes

 

È un Nobel che ci invita a leggere, dice la motivazione, una «inconfondibile voce poetica che con l'austera bellezza rende universale l'esistenza individuale». E poi: «L'infanzia, la vita famigliare e le relazioni con genitori e fratelli sono una tematica che rimane centrale nel suo lavoro». Probabilmente si può dire di ogni scrittore non necessariamente premio Nobel. Alcuni esempi: Cormac McCarthy, Don DeLillo, e, che l'Accademia Reale non ascolti, perfino Milan Kundera.

 

Pare che in Svezia Louise Glück sia molto tradotta e gli svedesi abbiano accolto con gioia l'annuncio. Meglio non riportare per intero la frase sul jazz attribuita a John Coltrane: come certe manifestazioni fisiologiche del corpo umano, piace solo a chi lo fa. In Italia è stata pubblicata da un piccolo e coraggioso editore napoletano. Complimenti sinceri a lui in ogni caso. L'Accademia di Svezia ribadisce ancora una volta autonomia di giudizio, austerità e indipendenza. Potrebbe anche permettersi di cambiare la ragione sociale: SNOB-EL.

 

3 - IL PREMIO NOBEL CHE RISCATTA I PICCOLI EDITORI

Francesco Specchia per “Libero quotidiano”

 

Giano di Tiziano Gianotti deliziosamente snob che illumina le caverne letterarie del '900. Dante&Descartes di Napoli è una libreria con due sedi, speziata di libri antichi di rara raffinatezza. Oggi entrambe esultano perché sono gli editori unici, in Italia, di Louise Glück, il nuovo Premio Nobel per la letteratura.

 

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Glück, poliedrica, d'un'eleganza rarefatta, classe '43, newyorkese di origini ebraico-ungheresi, in America è un piccolo mito letterario ad uso dell'upper class. "Poetessa laureata" vive tra la Grande Mela e la Yale University dove insegna inglese. Secondo la motivazione ufficiale dell'Accademia di Stoccolma è una «che con austera bellezza rende l'esistenza individuale universale».

 

Il che significa tutto e nulla. Forse a causa dell'influenza di Robert Lowell, molti la paragonano a Sylvia Plath e Anne Sexton, poetesse "confessionali" assai mainstream; ma, trovandosi difficilmente soggetta agli incasellamenti (donna, ebrea, femminista) la signora trova, in realtà nella forza del proprio vissuto, il sestante della sua poetica ispirata essenzialmente al "mito". Il mito. In questo è equiparabile, forse più alla svedese Alma Katarina Frostenson Arnault; per esempio nel racconto del mito di Persefone: «Quando Ade decise che amava la ragazza/costruì per lei un duplicato delle terra/tutto uguale persino il prato ma con un letto in più».

 

L'ENJAMBEMENT

Glück difficilmente scrive in rima. E usa la tecnica dell'enjambement, la cosiddetta "inarcatura" ossia la pausa ritmica continuazione di una frase al verso successivo, ad annullare la pausa di fine verso. In più, secondo Anders Olsson presidente del comitato per il Nobel, possiede un «raffinato senso espositivo» che si sposa perfettamente con la tematica dei miti classici e del rapporto uomo/natura. L'ispirazione, come spesso accade, le proviene da esperienze personali. Il suo sfondo emotivo sono i traumi legati alla morte, al rifiuto, al fallimento delle relazioni.

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Ma soprattutto ad un particolare universo del dolore infuso nei suoi componimenti derivante dall'esperienza dell'anoressia, vissuta in prima persona da adolescente e mai davvero elaborata dalla propria famiglia. Il classico «buco nell'anima», per citare Seneca che ne ha alimentato l'apprezzata vena crepuscolare. La poesia di Glück non ha doppi fini politici o sociali: trattasi di lirica cristallina.

 

Se ne capisce lo spirito, per esempio in Aprile, la poesia tratta dalla sua raccolta più famosa, L'Iris selvatico: «Nessuna disperazione è come la mia disperazione/Non avete luogo in questo giardino/di pensare cose simili, producendo/i fastidiosi segni esterni; l'uomo/che diserba cocciuto tutta una foresta, la donna che zoppica, rifiutando di cambiar vestito/o lavarsi i capelli./Credete che mi importi/se vi parlate?/Ma voglio che sappiate/mi aspettavo di più da due creature/che furono dotate di mente/se non/che aveste davvero dell'affetto reciproco/almeno che capiste/che il dolore è distribuito/fra voi, fra tutta la vostra specie».

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Qualche critico più spinto parlerebbe della sua universalità come un richiamo al «contatto panico (dal panismo) con la natura». Comunque sia, tutto ciò le ha fatto vincere decine di premi tra cui il Pulitzer nel 1993 e il National Book Award nel 2014. La poetessa, si diceva, attinge ai miti classici di Didone, Persefone ed Euridice - gli abbandonati, i puniti, i traditi - che trasforma in maschere di «un sé in trasformazione, tanto personale quanto universalmente valido».

 

Tra le raccolte, che l'hanno fatta paragonare - inopinatamente - a Emily Dickinson spiccano Il trionfo di Achille (1985) e Ararat (1990), The wild Iris, appunto (1992, per Giani Editore), Averno (2006, Dante&Descartes). E qui si rileva un forte legame tra la sua opera e l'ambiente naturale di Napoli. Averno è infatti il nome di un lago vulcanico a pochi chilometri dal centro del capoluogo campano.

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IL LAGO AVERNO

«Ci sembrava paradossale» ha raccontato Raimondo Di Maio fondatore di Dante&Descartes «che un libro che si chiama Averno non venisse pubblicato qui. Louise Glück non c'è mai stata, ma è come se conoscesse quel lago grazie ai classici greci e latini e ci restituisse la conoscenza attraverso il dialogo con i morti, dialogo discreto, contemporaneo. Sono contento, da editore napoletano, di aver pubblicato questo libro.

 

Si pensa sempre che l'editoria esista solo dal Garigliano in su. Napoli è stata un grande centro di distribuzione di stampa e editoria». Non so quanto di questo la Glück, poetessa di punta della letteratura Usa del secondo Novecento (l'ultimo americano a vincere il Nobel fu Bob Dylan), sia a conoscenza. Ma che da noi il cuore di un premio Nobel snobbato dai grandi possa palpitare soltanto grazie alla chiaroveggenza dei piccoli, be', insuffla una garbata voglia d'applausi...

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