barbarossa venditti

"VENDITTI PARLAVA DI ROMA COME IN UN SONETTO DELL'800: IL CUPOLONE, LA SANTITÀ, LA MAESTÀ, LA CARROZZELLA" – LUCA BARBAROSSA SPIEGA PERCHE’ LA SUA “ROMA SPOGLIATA” E’ STATA CONSIDERATA L’ANTI "ROMA CAPOCCIA" - "PENSAVO CHE VENDITTI, ASCOLTANDO IL MIO BRANO AVREBBE STANATO LA MIA RABBIA. INVECE È ENTRATO IN STUDIO MENTRE LA INCIDEVO. HA DETTO: "BELLA, POSSO SUONARE IL PIANOFORTE?". IO, UN VERME, IN UN ATTIMO ERO DIVENTATO UN SUO GRANDE FAN” – IL RIMPROVERO DI MORANDI CHE GLI HA FATTO VINCERE SANREMO – “VOLEVO ESSERE BOB DYLAN E PRETENDEVANO DI FARMI DIVENTARE MIGUEL BOSÉ” – VIDEO

 

Sandra Cesarale per il “Corriere della Sera”

 

Da ragazzo quali erano le sue armi di seduzione?

«Una. È là, sul divano» .

 

La chitarra?

luca barbarossa in concerto foto di bacco (4)

«Ovvio. Vedi uno che canta e suona, gli vanno dietro le ragazze e dici: io nella vita voglio fare quello. Con il mio amico Mario ci esibivamo a piazza Navona o anche a Barcellona quando abbiamo fatto il giro d'Europa: eravamo giovani, carini, simpatici.

 

Non stavamo per strada perché ce la passavamo male o eravamo disperati. Per noi era una lunga vacanza e con quel mestiere ci campavamo, facevamo soldi per proseguire il viaggio. Ma non sono mai stato un latin lover, gli anni Settanta erano così: ci si incontrava, ci si annusava e se ci si piaceva si faceva un tratto di strada insieme».

 

Ha imparato a suonare per rimorchiare?

luca barbarossa

«No, la musica mi piace punto e basta. Ne ascoltavo tanta, soprattutto americana. E volevo imparare a suonare le canzoni. Prima scherzavo. Per favore, lo dica: Barbarossa scherza spesso. Quando le persone leggono non sentono l'intonazione della voce, non ti vedono ridere. Come distinguono le battute? Me lo sono chiesto mentre scrivevo il mio libro. E ho capito l'importanza delle emoticon».

 

Luca Barbarossa, cantautore e conduttore radiofonico, ha intitolato il suo esordio letterario Non perderti niente e lo ha pubblicato nel 2021, per i sessant' anni. Ora lo porta in tour, mischiando ricordi e canzoni.

«Non è un'autobiografia perché non sono né Napoleone né Frank Sinatra. È concentrato sulla mia adolescenza, tipo romanzo di formazione».

 

Una storia che le piace condividere?

luca barbarossa haber panatta marcorè

«Io, Venditti e il Banco del Mutuo Soccorso eravamo a suonare al Pincio, in una serata organizzata dal Pci. A un certo punto Benigni prese in braccio Berlinguer. Il gesto sorprese, divertì e intenerì. Quella è una stagione che merita di essere raccontata. Diamo tutto per scontato, ma i ragazzi non guardano i tg, non leggono i quotidiani. Pensano ad altro. Siamo noi genitori a dover fare un piccolo sforzo in più, a parlare di quello che non hanno vissuto».

 

Ha tre figli. Che padre è?

«Avere un papà che sta in radio o in tv per i miei ragazzi deve essere una bella rottura... È un mio cruccio. A casa cerco di non parlare di me e di dare più importanza a loro. Assecondo le passioni ma senza viziarli. Valerio, il maggiore, ama il surf, così invece di frequentare l'università a Roma l'ha fatta in Portogallo, davanti all'oceano.

A Flavio piace suonare, è bravissimo. Studia musica, non è come me che sono autodidatta. Margot ha 12 anni e tanti interessi. Sono bravi, seri, hanno voglia di fare non appartengono alla generazione degli Sdraiati di Michele Serra».

 

Una delle sue passioni è il tennis. È bravo?

luca barbarossa 19

«Ho iniziato negli anni d'oro di questo sport in Italia. Avevo la stessa insegnante di Panatta. Ma per diventare professionista ci vogliono doti un po' più spiccate delle mie. Poi mi sono trasferito in campagna e la musica ha preso il sopravvento».

 

Che adolescente era?

«Difficilotto. Un ribelle che scappava da casa e non tornava per settimane, mesi. Sparivo, me ne andavo in Inghilterra, in America».

 

Organizzava anche un cineforum nella sezione del partito a Mentana, dove viveva.

«Ci credevo. Se guardo indietro, con tenerezza, mi sembro matto. I miei coetanei andavano in discoteca e rimorchiavano, io proiettavo film. Quell'attivismo politico è un po' il volontariato di oggi che ammiro: ripulire boschi e spiagge, assistere chi ne ha bisogno».

 

Cosa è rimasto di quel ragazzo?

«Moltissimo. Non eravamo comunisti perché credevamo nei gulag o in Stalin. Eravamo comunisti perché sennò eri colluso con Andreotti, la mafia, le stragi di Stato. Diceva Gaber: "Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggiore partito socialista d'Europa... perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l'Italicus, Ustica". Non ci stavo a quello scempio.

luca barbarossa ingrid 5

 

Dal Pci sono passato a una sinistra piu socialdemocratica. Ma la verità, come canta De Gregori, è che sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai . A me stanno a cuore istanze che l'altra parte vive come incubi: diritto all'aborto, ius soli, ddl Zan. Comunisti si rimane tutta la vita, anche se il sogno si è infranto per chi ha avuto l'onestà di ammetterlo e di documentarsi».

 

Ha conosciuto Giorgio Gaber?

«Sì, è stato un privilegio. Da ragazzino andavo ai suoi spettacoli. Negli anni 90 sono diventato amico di sua figlia Dalia e mi è capitato di frequentare casa loro a Milano, in Versilia. Ricordo una sera, andammo prima in teatro da Giorgio, poi ci aspettava Ornella Vanoni a cena. C'era anche mia madre Annamaria, una barricadera.

 

luca barbarossa e la moglie ingrid

Erano gli anni in cui Berlusconi era il male assoluto. Sentire Gaber, disincantato, che non faceva sconti a nessuno, ci colpì. Poi, in camerino, con la bellissima faccia appesa, l'asciugamano intorno al collo, ci chiese: "Un po' qualunquista?". Sembrava un bambino che ha fatto una marachella e si aspetta il rimprovero. La sua enorme onestà intellettuale gli imponeva di mettere in gioco se stesso e le sue convinzioni».

 

Quante volte è stato a Sanremo?

«Nove. Potrò mai essere perdonato?».

Ci vorrebbe una emoticon con la faccina che ride.

«All'Ariston si presentano canzoni inedite. Ed è un merito del Festival. Non è che non abbia difetti però la possibilità te la dà. Passame er sale , che ho cantato nel 2018, è una ballata dialettale romana che nessuna radio trasmetterà mai se non qualche emittente che tifa Roma. Oggi si possono fare dei percorsi alternativi. Ma negli anni 80, quando ho cominciato io, al sistema e ai discografici mancava la fantasia. Sanremo era un po' il talent dell'epoca: o la va o la spacca».

LUCA BARBAROSSA NERI MARCORE ATTENTI A QUEI DUE

 

Il Festival lo ha vinto nel '92 con «Portami a ballare» .

«Ma io volevo cantare Cuore d'acciaio , più impegnato. Furono Morandi e Dalla a dirmi: "Devi toglierti la puzza sotto al naso"» La sua prima volta nell'81 con «Roma spogliata».

 

Gliel'ha mai detto a Venditti che era l'anti «Roma capoccia»?

«No. Ho vissuto gli anni di piombo, ho visto persone morire durante le manifestazioni, lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo, sulla schiena dei miei amici. Io li ho schivati per un pelo.

 

La città era fuoco e fiamme. Antonello, invece, parlava di Roma come in un sonetto dell'800: il cupolone, la santità, la maestà, la carrozzella. Ho capito dopo che quella canzone andava oltre la Storia, era una dichiarazione d'amore. Pensavo che Venditti, ascoltando Roma spogliata , avrebbe stanato la mia rabbia. Invece è entrato in studio mentre la incidevo. Ha detto: "Bella, posso suonare il pianoforte?". Io, un verme, in un attimo ero diventato un suo grande fan».

 

luca barbarossa in concerto foto di bacco (2)

Dopo quel successo la crisi. Perché?

«Per azzeccare una seconda canzone, Via Margutta , passarono 5 anni. Nel frattempo, con la mia chitarra e un sacco a pelo, ero entrato in questa casa e dovevo pagare l'affitto: 365 mila lire al mese. All'inizio tutto ok. Poi ho cominciato ad avere problemi con la mia casa discografica, la Fonit Cetra, il mio primo album non era andato bene, non avevo continuità...».

 

Come viveva?

«Sono stati anni difficili, mi sono rimesso a suonare nei locali, avevo quel briciolo di nome che mi permetteva di non fare piano bar. Non arrivavo a fine mese. Per farmi abbassare l'affitto ho ridato indietro una stanza alla proprietaria dell'appartamento». Come si è ripreso? «L'angoscia di rimanere senza soldi l'ho sempre avuta, forse come tutti quelli che sono andati presto via di casa. Quest' ansia mi ha spinto a cercare una strada per venirne fuori. La svolta arrivò con L'amore rubato ».

 

Nell'88, di nuovo a Sanremo. Raccontava di una violenza sessuale. Scatenò l'ira delle femministe e non solo.

luca barbarossa e pierluigi pardo

«Mi accusarono di sfruttare un dramma delle donne per soldi. Ero schiacciato dalle polemiche. Per fortuna non tutti la pensavano così. Conservo il telegramma che mi inviarono Dario Fo e Franca Rame nella serata finale. Dicevano che attraverso la denuncia di un uomo passa la questione femminile. Mi diedero forza».

 

Così riuscì a scrollarsi di dosso l'immagine del ragazzo della porta accanto?

«Non ce l'ho con i bravi ragazzi, ma con la banalizzazione. Quando fai un mestiere pubblico ti affibbiano un'etichetta alla quale devi corrispondere. All'epoca me la vivevo male: volevo essere Bob Dylan e pretendevano di farmi diventare Miguel Bosé».

 

Non si è mai arreso?

frances alini ascione luca barbarossa paolo genovese malcom pagani anna foglietta vittoria puccini marco giallini edoardo leo

«Mi trovavo a mio agio fra le difficoltà. La fatica quotidiana di scrivere canzoni più belle di quelle che avevo già composto mi era più congeniale dell'essere l'idolo delle folle. Della serie: stai nella giostra come un criceto e fai girare la ruota. La nostra è una vita da artigiani, se non stai attento chiudi bottega. Il successo è solo un incidente di percorso».

 

 

Si è reinventato con Radio2 Social Club. Quale artista è stato il più sorprendente?

«Lucio Dalla. In realtà ci conoscevamo già bene. In radio si viene gratis. Lucio era un gigante. Il manager avrebbe potuto dire: "Canta un solo pezzo e lo paghi". Invece Lucio si è seduto, la sigaretta accesa, ha chiesto: "Cosa volete che canti, Caruso ?". Eravamo increduli. Tornò spesso. Non faceva questo mestiere per soldi, ma perché gli dava gioia. Era un jazzista.Un musicista ha istinto, passione e se la tira meno di tanti altri».

de gregori venditti

 

De Gregori, invece, non voleva venire.

«Dice che l'ho fatto diventare buono con il Social Club. All'inizio mi ha detto di no. Poi ha iniziato ad ascoltarci e mi ha chiesto di partecipare. Alla fine era diventato di casa. Un 8 dicembre eravamo io, lui, Giorgio Faletti e un rumorista che imitava il suono delle palline che si rompono mentre fai l'albero di Natale. Una puntata da ricordare».

luca barbarossa ingrid e neri marcoremorandi barbarossa consoli 1

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…