federico umberto damato

L’UOMO DEI MISTERI D’ITALIA SI CHIAMA FEDERICO UMBERTO D’AMATO - IL LIBRO “LA SPIA INTOCCABILE” RIVELA LA STORIA DELL’UOMO A CAPO DELL'UFFICIO AFFARI RISERVATI, COINVOLTO DA GELLI NELLA STRAGE DELL'80 A BOLOGNA - AMICO DI PAJETTA E CARADONNA, UOMO DEGLI AMERICANI IN ITALIA, PER ANNI SI MOSSE AL DI FUORI DELLA LEGGE E FU IN GRADO DI CONDIZIONARE LE SCELTE DI MINISTRI E POTENTI - I DOSSIER COME ARMA DI RICATTO, I DEPISTAGGI, GLI INCONTRI CON ADRIANO SOFRI E LA RUBRICA GASTRONOMICA SU “L’ESPRESSO”

Mirella Serri per “la Stampa”

 

GIACOMO PACINI - LA SPIA INTOCCABILE

Il suo nome in codice era Zaff: evocava lo zafferano, ingrediente molto apprezzato in cucina da Federico Umberto D' Amato, gastronomo per diletto, brillantissimo dirigente e poi, dal 1971 al 1974, responsabile dell' Uar, l' Ufficio Affari Riservati del ministero dell' Interno. D' Amato, nato a Marsiglia nel 1919 e morto a Roma nel '96, sosteneva che la sua competenza culinaria era nata insieme alla sua attività nell' intelligence: quale posto più sicuro di un'appartata saletta di un ristorante per far sbottonare i taciturni funzionari sovietici, per arruolare delatori o per trattare con gli agenti mediorientali?

 

È stato fino a oggi assai poco noto il profilo di uno dei personaggi più influenti d'Italia, a capo del servizio segreto civile, il cinico, mellifluo e duro come la pietra D'Amato. Proprio sui traffici del dirigente-spia, a novembre dello scorso anno, sono state riaperte le indagini in quanto finanziatore e organizzatore della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Un documento ritrovato di Licio Gelli testimonia di versamenti milionari avvenuti a favore di Zaff che fin dal 1979 si sarebbe incaricato di dare il via all' operazione in cui furono uccise 85 persone e 200 rimasero ferite.

 

FEDERICO UMBERTO DAMATO

Ma chi fu veramente D'Amato? A rivelarci le sue oscure trame è il documentatissimo volume dello studioso Giacomo Pacini La spia intoccabile. Federico Umberto D' Amato e l' Ufficio Affari Riservati (in uscita per Einaudi, pp. 268, 28).

 

La vita dell' agente segreto è come un filo che si dipana senza mai esaurirsi: fu sicuramente un genio del male, ma le sue spericolate operazioni spionistiche furono connotate da una persistente doppiezza che gli fecero conquistare una grande stima a destra, a sinistra e anche a livello internazionale: nel quartier generale di Bruxelles della Nato gli è stata intitolata una delle sale più prestigiose.

 

federico umberto d amato

Lo 007 contribuì a rendere l'Uar un «organismo responsabile di una delle più spregiudicate e capillari opere di infiltrazione all' interno di partiti politici, sindacati e movimenti extraparlamentari», spiega Pacini. «Si trattò di una sorta di polizia parallela che agiva in modo del tutto autonomo dalle normali forze di pubblica sicurezza. Era un vero e proprio servizio segreto, anche se non era giuridicamente riconosciuto come tale, e passava alla magistratura solo quello che voleva».

STEFANO DELLE CHIAIE

 

D'Amato, insomma, per anni si mosse al di fuori di ogni legge e di ogni regola e fu in grado «di condizionare perfino le scelte politiche dei vari ministri dell' Interno in carica». Era lui che decideva cosa rendere noto e cosa, eventualmente, tenere nascosto.

 

Se il funzionario, per esempio, avesse girato tempestivamente alla magistratura tutte le informazioni a sua disposizione avrebbe consentito di fare chiarezza su alcune delle più tragiche vicende della storia della repubblica (da piazza Fontana alla strage di piazza della Loggia).

federico umberto d amato

 

Vicecommissario di pubblica sicurezza dopo l' 8 settembre 1943, D' Amato iniziò la sua prestigiosa carriera collaborando con James Angleton, capo dell' Oss (Office of Strategic Services), il servizio padre della Cia. «Mi feci paracadutare nei pressi di Salò e presi contatto con Guido Leto (ex capo dell' Ovra)», ricordò D' Amato, «e con altri elementi della polizia nella Rsi. Proposi loro un'intesa ed essi accettarono».

 

I rapporti con gli esponenti della polizia politica fascista, che poi transitarono nei ranghi della pubblica sicurezza dell' Italia democratica, furono la sua palestra poiché tramite gli ex repubblichini ebbe tra le mani scottanti dossier che gli sarebbero stati successivamente utili come arma di ricatto. Fece imprigionare un numero consistente di nazisti e divenne l' uomo degli americani in Italia, membro del Club di Berna che riuniva le intelligence europee e Nato.

federico umberto d amato

 

A metà degli anni 60 l' uomo dell' intelligence, collaborando con il neofascista Stefano Delle Chiaie, fece affiggere sui muri di Roma e di altre città italiane un gran numero di manifesti inneggianti alla rivoluzione e a Mao Zedong per spaventare l' opinione pubblica moderata allontanandola dalla sinistra. D'Amato coltivò molti legami con il mondo della politica italiana: era amico del missino Giulio Caradonna ma anche del leader del Pci Giancarlo Pajetta.

adriano sofri

 

La penetrazione all' interno dei partiti di sinistra avvenne con il supporto di Margherita Ingargiola, che dal 1951 gli illustrò gli arcani del Pci e del Psi, e con l' ausilio dell' ex partigiana Marisa Musu del Comitato Centrale del Pci. Quest' ultima negò sempre il suo ruolo ma risulta dall' archivio dell' Uar che per decenni venne retribuita per gli spifferi con 150 mila lire mensili. Un insuccesso fu invece l' approccio con Adriano Sofri con cui D'Amato si vantava di aver consumato «paurose e notturne bottiglie di cognac».

licio gelli

 

Sofri, invece, ha rivelato che, a metà anni Settanta, D'Amato gli propose un patto scellerato per cui, con la copertura del ministero dell' Interno, il gruppo di Lotta continua avrebbe dovuto eliminare i principali componenti dei Nuclei armati proletari (Nap).

 

Il funzionario-spione faceva controllare molti politici, da Giulio Andreotti a Amintore Fanfani a Francesco Cossiga a Enrico Berlinguer e Achille Occhetto, ma anche molti giornalisti, da Eugenio Scalfari a Giorgio Bocca a Enzo Biagi.

 

Nel mirino della sua sorveglianza finì pure l'editore Giangiacomo Feltrinelli, morto mentre cercava di sabotare un traliccio elettrico. Dopo la bomba esplosa a Milano in piazza Fontana, il 12 dicembre 1969 alla Banca Nazionale dell' Agricoltura, fu l'Uar che si occupò di seminare indizi per screditare e attribuire al ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli alcuni degli attentati avvenuti nei mesi precedenti sui treni: «Ancora oggi è oscuro il ruolo che l'Uar ebbe in quelle vicende di depistaggio», osserva Pacini.

 

FEDERICO UMBERTO D AMATO

D' Amato tirava i fili della strategia della tensione? Dopo che un altro ordigno esplose a Brescia, in piazza della Loggia nel 1974, venne avviata l' epurazione nei servizi segreti considerati collusi con i criminali. Il dirigente, non a caso, fu destinato a un altro incarico.

 

Si dedicò poi all' hobby della gastronomia: con lo pseudonimo di «Gault et Millau» nel 1977 divenne curatore della seguitissima rubrica di cucina dell' Espresso e gli venne affidata anche la direzione della Guida ai ristoranti italiani che rappresentò un punto di riferimento per la gastronomia italiana.

 

Ma anche dopo l' uscita dall' Uar le manovre segrete di D' Amato non finirono, come dimostra il sospetto coinvolgimento nella strage di Bologna. C' è un nesso tra quel sangue versato e la montagna di quattrini ricevuta da Zaff/D' Amato da parte del faccendiere Gelli? La risposta forse arriverà dal processo che è in corso in questi giorni.

giangiacomo feltrinelli

federico umberto d amato

Ultimi Dagoreport

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...