SI E’ SPENTA LA TV! SE NE VA A 98 ANNI CARLO VICHI, IL RE DEI TELEVISORI ITALIANI MIVAR DI ABBIATEGRASSO. TRA ANTIPATIA PER I SINDACATI E SIMPATIE PER HITLER E MUSSOLINI, NON SI È COSTRUITO LA FAMA DI SINCERO DEMOCRATICO - IL SUO MOTTO DA PADRONCINO: “IN FABBRICA SI DICE SISSIGNORE, COME NELL’ESERCITO, NESSUNO PUÒ VENIRE A COMANDARE IN CASA MIA” – COSA SIGNIFICA L’ACRONIMA MIVAR

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Fausta Chiesa per corriere.it

 

Era il re dei televisori italiani, marca Mivar (Milano Vichi Apparecchi Radio), azienda che aveva creato nel 1955 come «prosecuzione» della Var (Vichi Apparecchi Radio), fondata nel 1945, appena finita la Seconda guerra mondiale, per costruire radio a valvole a livello artigianale.

carlo vichi mivar carlo vichi mivar

 

All’età di 98 anni è morto Carlo Vichi, nato a Montieri in provincia di Grosseto e cresciuto a Milano, dove si era trasferito da bambino. La sede della sua Mivar, l’ultima azienda a produrre televisori made in Italy, è ad Abbiategrasso, alle porte della città. Un’azienda che aveva percorso la parabola dell’industria italiana: dal boom degli Anni 60, quando era arrivata ad avere quasi mille dipendenti, alla crisi per la globalizzazione e la concorrenza di chi produce con costi molto più bassi.

 

 

Il primo produttore di tv in Italia

Nel periodo d’oro degli Anni 70 e 80 (fino al 1998 quando dallo stabilimento di Abbiategrasso uscirono 917 mila apparecchi a tubo catodico) Vichi era diventato il primo produttore di tv in Italia e sognava in grande. Nel 2001 era stata completata la sua «Fabbrica ideale», nuova sede della Mivar, progettata interamente da Vichi e grande 120 mila metri quadrati. Ma la produzione non va lì perché Vichi non vuole «che insieme ai lavoratori ci entrino anche i sindacati». Tra antipatia per i sindacati e simpatie per Hitler e Mussolini, non si è costruito la fama di democratico. Pensava: «In fabbrica si dice sissignore, come nell’Esercito, nessuno può venire a comandare in casa mia».

 

carlo vichi 19 carlo vichi 19

La chiusura della Mivar

Poi la concorrenza delle marche straniere e il tentativo di resistere assemblando le Smart Tv con sistema operativo Android, che però non riuscì a risollevare le sorti della Mivar, rimasta con 60 operai. Ma Carlo Vichi già lo sapeva. «Non posso più produrre televisori. Spendo 10 e posso vendere a 8». Le linee di produzione dei televisori si sono fermate nel 2013, con i dodici operai rimasti che si occupavano solo di assistenza e manutenzione. Imprenditore puro, lavoratore instancabile, quando l’azienda aveva dovuto chiudere i battenti aveva dichiarato che avrebbe smesso di lavorare solo «quando mi trasformerò in spirito».

 

 

Il matrimonio nel 1944

Carlo Vichi si era sposato giovane, a 21 anni, nel 1944 con Annamaria Fabbri, che di anni ne aveva solo 18, nella Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, nel quartiere periferico milanese dell’Ortica. Il gioielliere dove comprarono le fedi ci disse: «Ostrega, nanca quarant’anni in du» (Cavolo, nemmeno 40 anni in due). Un amore che durerà per sempre e che culminerà con la festa per i 75 anni di matrimonio due anni fa. Un evento festeggiato in fabbrica, con un brindisi in compagnia dei figli Luisa, Maria, Valeria e Girolamo, amici e operai.

 

Gli arredi razionali

carlo vichi mivar 3 carlo vichi mivar 3

Nel 2018 aveva messo a disposizione Mivar in affitto gratis alle imprese che avrebbero voluto tornare a produrre tv o altre tecnologie, ma senza successo. Ma Vichi, come aveva dichiarato al Corriere due anni fa, si sentiva ancora indomito. «Ho delle ambizioni anch’io. Sono sempre stato un designer. E poi senza lavoro c’è il nulla». Così si era inventato gli «arredi razionali»: tavoli con sedie estraibili, più alte del normale «per rimediare alla sgradevole sensazione di sottomissione che si prova stando seduti, fra persone che stanno in piedi» recita la descrizione del prodotto. L’acronimo non aveva dovuto cambiarlo: Mivar si scriveva allo stesso modo ma si leggeva «Milano Vichi Arredi Razionali».

 

Funerali in fabbrica

Al proprio funerale Vichi aveva dichiarato più volte di non gradire la presenza delle «autorità». Il suo desiderio era quello di avere «una bella festa all’interno della nuova Mivar».

 

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