SOLO LA MUSICA FA USCIRE TONY BENNETT DAL TUNNEL DELL'ALZHEIMER  IN UNO SPECIALE DA NON PERDERE DELLA CBS LA MOGLIE SUSAN RACCONTA LA CONVIVENZA DEL CROONER CON L’ALZHEIMER. NON RICONOSCE NEPPURE GLI AMICI. EPPURE, MIRACOLOSAMENTE, CON LA MUSICA IL CANTANTE SI RISVEGLIA, TORNA IN SÈ, RICORDA I VERSI DELLE SUE CANZONI - “PER BENNETT LA MUSICA HA PIÙ IMPORTANZA DI QUELLO CHE FA NELLA VITA QUOTIDIANA, È STATA LA VITA STESSA” – INTANTO I MEDICI LO HANNO FERMATO: BASTA SHOW – L'AIUTO DI LADY GAGA CON LA QUALE HA... - VIDEO

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Marco Molendini per Dagospia

 

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C’è un programma da non perdere (è in inglese, ma se non lo parlate fatevelo tradurre da qualcuno): è una puntata di 60 minutes, titolo storico della Cbs (andata in onda domenica) e si trova anche su you tube. I protagonisti sono Tony Bennett e l’alzheimer. Tony ne soffre ormai da anni, la malattia è purtroppo progressiva e crea danni di cognizione sempre peggiori. Come racconta la moglie Susan al giornalista Anderson Cooper, la mente del grande crooner, che ha 95 anni, ha perso buona parte della sua memoria.

 

Non riconosce neppure gli amici che sono ritratti in una serie di foto appese alle pareti della sua casa di New York, neppure Frank Sinatra e neppure Bob Hope che gli cambiò il nome da Anthony Dominick Benedetto a Tony Bennett. Eppure, miracolosamente, quando suona la musica il cantante si risveglia, torna in sè, ricorda i versi e gli standard che lo hanno accompagnato per tutta la vita.

 

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Per questo è riuscito a fare degli show anche di recente, compresi due concerti con Lady Gaga al Radio City Music Hall ad agosto. Erano show nati per l’uscita del loro secondo album, Love for sale, un disco dedicato alle canzoni di Cole Porter inciso due anni fa e dove Tony non è impeccabile, ha evidenti défaillance, ma canta ancora una volta pezzi immortali.  Non solo: Bennett aveva programmato altre performance da solo. I medici, però, lo hanno fermato: troppo stress e gli hanno detto basta, la storia finisce qua.

 

Finisce dopo praticamente ottant’anni di storia, finisce con l’ultima canzone cantata al Radio city, I left my heart in San Francisco, la sua  grande hit. Ma la musica per lui non è finita, continua a essere il suo rifugio, il legame che lo tiene ancorato al glorioso passato. Lo special della Cbs è stato filmato alla vigilia del debutto al Radio City. Quando la troupe è arrivata a casa Bennett, uno splendido appartamento affacciato su Central park, ha potuto vivere e raccontare in diretta una sorprendente trasformazione.

 

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Durante l’intervista è Susan Bennett a parlare in gran parte per il marito, racconta che non sa di essere malato, che fortunatamente ancora riconosce lei e i figli, che mantiene memoria degli oggetti,  però ha difficoltà a sostenere una conversazione e a ricordare dove si trova.

 

Ma quando il suo pianista, Lee Musiker, comincia a suonare le prime note di Watch what happens, una splendida ballad di Michel Legrand, il suo sguardo si rianima e la voce sgorga fluida senza incertezze nel ricordare il testo, nel trovare la giusta intonazione e il giusto tempo. La neurologa di Bennett, la dottoressa Gayatri Devi, spiega il fenomeno così: «Per Bennett la musica ha più importanza di quello che fa nella vita quotidiana, è stata la vita stessa». Così la memoria diventa come un muscolo, si attiva per reazione istintiva. È un fenomeno comune a chi ha vissuto la vita coltivando una passione forte.

 

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Ecco perché Bennett torna se stesso cantando, come è accaduto nelle ultime imprese con Lady Gaga, che si è molto impegnata per aiutarlo.  «Quando ci sentivamo al telefono nei mesi del covid - ha raccontato la bionda ultima partner dello storico crooner - mi chiamava Sweetheart, ma non sono sicura che sapesse chi ero». Eppure, grazie alla musica, i due si sono ritrovati, quasi come una volta. Un miracolo, davvero. Ma, come dice la dottoressa, agli artisti capita.

 

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Mi è successo di constatarlo personalmente un bel po’ di anni fa  con un altro grande del jazz, Il vibrafonista Lionel Hampton, grande performer ormai in là con l’età. Veniva a Roma per suonare al Sistina e venni invitato, con un’altro collega, Paolo Biamonte,  a pranzare con lui per intervistarlo. Fu un pasto penoso, seduto su una sedia a rotelle, il vecchio Hamp biascicava solo alcune parole, doveva essere imboccato per mangiare (ero al suo fianco), aveva lo sguardo imbambolato.

 

Poi la sera, a teatro, eccolo entrare in scena e mettersi a suonare il vibrafono con l’antico swing, perfino accenando alcuni giochi, facendo roteare in aria i mallets ( non importa se cadevano a terra). Un miracolo, già. Salvo poi spegnersi di nuovo dopo l’ultimo bis, a musica finita. Anche Bennett, senza la scintilla delle sue canzoni, vive in un mondo lontano.

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