il domani lorenzetto de benedetti feltri

STEFANO LORENZETTO FA LE PULCI AL NUOVO QUOTIDIANO DI CARLO DE BENEDETTI – “IL ''DOMANI’’ PARE UN GIORNALE DI IERI, ANZI DELL’ALTRO IERI. SENZA VOLER ESSERE MENAGRAMI, È DIFFICILE CHE IL ‘’DOMANI’’ POSSA AVERE UN DOMANI IN EDICOLA. A MENO CHE L’EX EDITORE DI ‘’REPUBBLICA’’ NON CI POMPI DENTRO TUTTI I QUATTRINI CHE HA MESSO DA PARTE, PUR DI EVITARE UNA FIGURA BARBINA A FINE CARRIERA - ALL’ESORDIO IL ‘’DOMANI’’ DI PAGINE NE AVEVA 20 (GIÀ CALATE A 16 IL SECONDO GIORNO). MA DE BENEDETTI NON FACEVA PRIMA A SPEDIRCI UN FAX?’’

“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima.

La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti”

e pubblicato da “Italia Oggi”

(http://www.stefanolorenzetto.it/telex.htm)

 

stefano feltri carlo de benedetti

Il Domani pare un giornale di ieri, anzi dell’altro ieri. Nel mondo dell’auto, il periodo di osservazione per un nuovo assicurato è di 10 mesi. Per il nuovo quotidiano di Carlo De Benedetti basta un giorno. Risulta l’unico venduto online con tariffa da stallo Easy park: la prima classe di abbonamento è «24 ore: 1 euro». Quindi mi limiterò a sostare sul Domani dell’altro ieri, ché il numero successivo al primo mi è sembrato pure peggio.

Stefano Lorenzetto

 

Nonostante il prezzo d’attacco, e senza voler essere menagrami, è difficile che il Domani possa avere un domani in edicola. A meno che l’ex editore di Repubblica non ci pompi dentro tutti i quattrini che ha messo da parte, pur di evitare una figura barbina a fine carriera. Conoscendolo, l’evento è da considerarsi probabile quanto la glaciazione della Death Valley.

 

Il Domani dell’altro ieri si qualificava per il titolo in apertura di pagina 2: «Mascherine e precari. La scuola riapre tra nuove regole e vecchi problemi». Avrebbe potuto vergarlo Giovanni Spadolini quand’era direttore del Corriere della Sera, perciò fra il 1968 e il 1972. L’altro ieri, appunto, non domani.

La prima pagina del primo numero di Domani

 

È l’archetipo del titolo che non dice nulla, citatomi una sera a cena da Paolo Mieli: «L’agricoltura fra ieri, oggi e domani». Fa il paio con una frase che figura nell’armamentario di qualsiasi politico bollito, suggeritami da Paolo Pillitteri: «Molto è stato fatto ma molto resta ancora da fare». E stiamo parlando del titolo portante, che riguardava l’unico argomento di giornata presente in prima pagina. Figurarsi il resto.

 

Non che la vetrina del Domani si differenziasse molto da pagina 2. Il direttore, l’esordiente Stefano Feltri, ha dato al suo editoriale il seguente titolo: «L’inizio. Un giornale nuovo per un futuro tutto da scrivere». Di solito si parla di inizio della fine, anche qui senza voler essere iettatori. Che poi il futuro sia tutto da scrivere è un’intuizione davvero copernicana. La seconda riga del titolo non aveva senso compiuto, andava a capo dopo la preposizione «per». Comodo, ma orrendo. Non lo fa nessuno che si rispetti, nei giornali. Qualcuno che cominciasse ci voleva.

stefano feltri (4)

 

Il secondo (e ultimo) titolo della prima pagina recava un occhiello in linea con il «giornale nuovo» del direttore – «Di nuovo in classe» – ed era anche questo deliziosamente spadoliniano: «“Ripartiamo senza dimenticare”. Il virus non ha fermato la scuola». Il sommario precisava che a parlare fra virgolette era «il dirigente di un istituto di Bergamo».

 

giorgio meletti

Firmava il servizio Francesco Fadigati, da Calcinate, ma solo dalla lettura del pezzo potevi arguire che si trattava del predetto dirigente. L’attacco era folgorante, quasi buzzatiano: «Ieri mattina davanti all’atrio della scuola c’era un arco di palloncini colorati». Degno di nota, sempre nel primo capoverso, anche il fatto che le maestre fossero «stanche» ma «sorridenti». Mia moglie, maestra per 40 anni, mi ha giustamente ricordato che pure lei tornava «stanca ma felice» dalle gite domenicali con i genitori e lo scriveva nel tema del lunedì, non sul Domani. In seconda elementare, però.

 

FITTIPALDI

Escludendo due colonnine di brevi e cinque lettere (svelti, i lettori di Domani), l’avveniristico quotidiano presentava in tutto altri 17 titoli, anche qui senza voler essere uccelli del malaugurio. Tutta roba forte, comunque: «Mancano insegnanti di sostegno, il Covid rallenta la didattica»; «Le temperature record innescano gli incendi che bruciano l’America»; «La nuova enciclica di Francesco nata dal dialogo con l’islam e dal Covid»; «Con destra e sinistra non capiamo i 5 Stelle e neppure i nuovi verdi».

 

carlo de benedetti

Osservazione tecnica: il Domani misura 41,5 centimetri in altezza e 30 in larghezza. Quindi fanno 1.245 centimetri quadrati a pagina. Le firme sotto i titoli galleggiano in uno spazio bianco alto 3 centimetri. Nel primo numero, quelle di Giorgio Meletti, Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian (articolo a quattro mani), Igiaba Scego, Alberto Melloni, Arianna Farinelli, Gianrico Carofiglio, Jonathan Bazzi e Daniele Mencarelli erano distese su 6 colonne, cioè a tutta pagina. Pertanto ciascuna firma occupava 90 centimetri quadrati. In totale sono stati sprecati 720 centimetri quadrati per 8 firme.

Aggiungendo le altre, si arrivava a un’area pari a poco meno di una pagina.

 

CARLO DE BENEDETTI LILLI GRUBER

All’esordio il Domani di pagine ne aveva 20 (già calate a 16 il secondo giorno). Tolte le 5 e mezza di pubblicità, ne restavano da leggere 14 e mezza. Tolte le firme, 13 e mezza. Tutti autori di peso, per carità, e ora anche di superficie. Ma De Benedetti non faceva prima a spedirci un fax?

 

 

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…