primo levi marco belpoliti photolevi

LA STRUGGENTE FOTOBIOGRAFIA DI PRIMO LEVI - MARCO BELPOLITI SCANDAGLIA IL MONDO DELL'AUTORE DI "SE QUESTO E' UN UOMO"  ATTRAVERSO UNA GALLERIA DI RITRATTI COMMENTATI COME QUADRI IN UN MUSEO - LA MESSA A FUOCO DI UN AUTORE-CHIAVE DELLA MODERNITA': DALLA FOTOTESSERA DELLA CARTA DI IDENTITA' DEL 1937 A UNO DEGLI ULTIMI RITRATTI DELLO SCRITTORE, DEL FEBBRAIO 1987, DUE MESI PRIMA DEL SUICIDIO 

Davide Ferrario per “La Lettura - Corriere della Sera”

primo levi al premio strega 1963

 

Definire Marco Belpoliti «curatore delle opere di Primo Levi» è riduttivo. Certo, il suo lavoro filologico è inappuntabile e in continua evoluzione, basta consultarne la bibliografia (è del 2016-2017 l'ultima edizione delle Opere complete di Levi per Einaudi). Ma nel corso degli anni Belpoliti, egli stesso scrittore e intellettuale di prima fila, ha sviluppato nei confronti dell'autore di Se questo è un uomo un confronto continuo e progressivo, una sorta di «corpo a corpo» intellettuale e morale che ha prodotto libri estremamente personali, come La prova (Einaudi, 2007) o Levi di fronte e di profilo (Guanda, 2015); e perfino un film, La strada di Levi (2005), diretto dallo scrivente, di cui gli sarò sempre grato per la straordinaria esperienza che fu.

 

Per Belpoliti, Levi non è solo un corpus da studiare in modo accademico, ma rappresenta la continua messa a fuoco di un autore-chiave della modernità, dato che non si può appiattire la sua figura a quella di scrittore-testimone, per quanto l'esperienza del Lager torni come un avatar nei suoi scritti e pensieri. Il Lager, come ebbe lui stesso a specificare, fu per Levi, chimico di mestiere, un «laboratorio» per capire certi meccanismi profondi della natura umana in bilico tra bene e male assoluti, quelli che innervano la «zona grigia» di cui parla in I sommersi e i salvati.

 

MARCO BELPOLITI - PHOTO LEVI

Insomma, Primo Levi è un autore-mondo da leggere, rileggere, attraversare e di cui fare tesoro: ed è quello che fa Belpoliti. Ecco così questo Photo Levi (Acquario Editore), un volumetto costituito da una galleria di ritratti commentati, come quadri a un museo. Sono poco meno di una trentina di scatti, che vanno dalla fototessera della carta di identità del 1937 a uno degli ultimi ritratti dello scrittore, del febbraio 1987, due mesi prima del suo suicidio.

 

A ciascuna di queste fotografie l'autore dedica una sorta di scheda. Ci sono, come detto, un paio di «santini» da documento; poi, ritratti di fotografi professionisti; infine, istantanee colte in occasioni pubbliche di natura difforme: può essere la premiazione dello Strega o una semplice passeggiata in montagna.

 

La successione delle immagini racconta molto bene, sottolinea Belpoliti, la progressiva costruzione dell'«icona-Levi». È nel 1977, con la decisione di farsi crescere un pizzetto da alpino, che il volto dello scrittore, ormai prossimo ai sessanta, comincia ad assumere i connotati del maestro, del «vecchio saggio», che lo caratterizzeranno negli anni di maggiore popolarità, nonché dopo la morte.

 

primo levi al premio strega 1963

Un aspetto diverso da quello giovanile e da quello degli anni Cinquanta e Sessanta, dove un certo look, sobrio al limite dell'impiegatizio, lo confonde tra la folla dei più rutilanti colleghi. Anche il modo di tenere l'immancabile sigaretta manca del tipico «maledettismo» da scrittore. Levi resta fedele a sé stesso, è un uomo semplice, più a suo agio in mezzo ai giovani scamiciati in un paesello delle Langhe che non al Ninfeo di Villa Giulia dove si celebra il rito dello Strega (Levi vince nel 1979 con La chiave a stella).

 

fototessera di primo levi 1937

Nonostante l'iconicità, la cosa più sorprendente è il modo in cui il volto di Levi rifiuta di farsi consumare. Un pericolo concreto, soprattutto in quest'epoca, in cui l'immagine dell'artista talvolta si mangia l'opera. Levi resta inossidabile anche nel confronto con un contemporaneo superfotografato come Pier Paolo Pasolini. Pasolini operò un'esibizione estremamente consapevole di sé, del suo corpo, della sua immagine: in qualche modo produsse il proprio ritratto pubblico nei termini, spesso scandalosi, che desiderava. Niente di simile per un uomo dal carattere opposto come Levi. Eppure Belpoliti documenta come lo scrittore torinese non fosse affatto ritroso davanti alla macchina fotografica, anzi. Apriva volentieri lo studio a chi chiedeva di ritrarlo ed era collaborativo rispetto alle richieste del fotografo: pare non avesse remore ad offrirsi come «modello».

 

Philip Roth Primo Levi

Ma questa disponibilità non si riflette nel risultato. Il più delle volte, il soggetto - tanto facilmente accessibile - risulta enigmatico, una sfinge. Nessuno di questi ritratti sembra davvero scalfire il mistero dell'interiorità di Levi. Ce ne dà al massimo qualche indizio, e il libro funziona come un mosaico di piccole tessere che, tutte insieme, se non un senso, ci regalano almeno un sentimento, una vibrazione di fondo. Qui, chiedendo venia per il personalismo, ricordo la mia esperienza nel lavorare al montaggio di La strada di Levi, perché sperimentai su di me qualcosa di simile.

 

Primo Levi

Esaminai decine e decine di ore di interviste filmate e alla fine decisi di non usarne nemmeno una. Nel film anche le immagini mute di Levi sono ridotte al minimo. Il fatto è che ascoltando quei fiumi di parole (spesso importanti, perché gli intervistatori andavano da Levi con domande sui massimi sistemi) l'impressione che ne ricavavo è che proprio laddove Levi offriva la lucidità del suo pensiero, contemporaneamente si ritraesse in una personale «zona grigia» in cui quella lucidità gli offriva poco conforto.

 

Poteva spiegare agli altri in modo impareggiabile la natura del male ma l'impressione era che, finita l'intervista e spente le luci, quella consapevolezza rimanesse nella sua solitudine non come consolazione, ma come condanna. C'è forse uno scarto del genere all'origine del suo suicidio? Sono supposizioni. Levi stesso scrisse, a proposito del suicidio di Jean Améry, che solo i diretti interessati conoscono la ragione profonda del loro gesto. Nelle fotografie di Photo Levi ci sono molte immagini che è facile leggere come anticipatorie di quell'esito. Ma ce ne sono altrettante di un uomo sorridente e allegro, capace di godere di piccole gioie quotidiane. Alla fine, Primo Levi resta inafferrabile come un centauro, la fantastica creatura che lui stesso diceva di essere.

MARCO BELPOLITI

Primo LeviPrimo Levi nelle scuole

Ultimi Dagoreport

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?

matteo piantedosi khalifa haftar giovanni caravelli

FOLLOW THE MONEY! - DIETRO AL RESPINGIMENTO DI PIANTEDOSI IN LIBIA, PROBABILMENTE, CI SAREBBE IL VIL DENARO! SADDAM HAFTAR, FIGLIO DEL GENERALISSIMO KHALIFA E GOVERNANTE DI FATTO DELLA CIRENAICA, AVREBBE CHIESTO ALL'ITALIA UN SOSTEGNO ECONOMICO PER "GESTIRE" I MIGRANTI (TENERLI IN GABBIA SENZA FARLI PARTIRE), COME QUELLO CHE ROMA CONCEDE AL GOVERNO DI TRIPOLI - L'AISE DI CARAVELLI, CHE HA OTTIMI RAPPORTI CON HAFTAR JR, TANTO DA AVERLO PORTATO IN ITALIA PER UN TOUR DEI MINISTERI (UN MESE FA HA INCONTRATO PIANTEDOSI, CROSETTO E TAJANI), HA CONTATTATO GLI 007 DI GRECIA E MALTA, PER CHIEDERE DI CONDIVIDERE L'ESBORSO. QUELLI HANNO RISPOSTO "NO, GRAZIE" - E COSÌ, È PARTITA LA "RITORSIONE" DEGLI HAFTAR, CHE HANNO ORGANIZZATO LA TRAPPOLA PER LA DELEGAZIONE EUROPEA (COMPOSTA OLTRE A PIANTEDOSI DAI MINISTRI DI GRECIA E MALTA)

giusi bartolozzi almasri giorgia meloni carlo nordio

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA TRA LE MANI IL CAPRO ESPIATORIO PERFETTO PER LA FIGURACCIA SU ALMASRI: GIUSI BARTOLOZZI, CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, NORDIO. DEL RESTO, È UNA MAIL DELLA “ZARINA” A DIMOSTRARE CHE A VIA ARENULA SAPESSERO DELL’ARRESTO DEL TORTURATORE LIBICO GIÀ DOMENICA 19 GIUGNO, E NON LUNEDÌ 20, COME SEMPRE SOSTENUTO DA NORDIO – DI FRONTE ALL’IPOTETICA CACCIATA DELLA BIONDISSIMA GIUSI, PERÒ, NORDIO S’È SUBITO OPPOSTO: GIAMMAI! D'ALTRONDE LA DECISIONE, SECONDO IL MINISTRO, È STATA PRESA DIRETTAMENTE A PALAZZO CHIGI…

mantovano belloni almasri ursula von der leyen bjoern seibert gianni caravelli

BELLONI, UN ERRORE DOPO L’ALTRO. QUANDO SBATTÈ LA PORTA DEL DIS, ESSENDO ENTRATA IN CONFLITTO CON IL CAPO DELL’AISE, GIANNI CARAVELLI, COLPEVOLE DI NON FARE RIFERIMENTO A LEI MA AL SOTTOSEGRETARIO ALFREDO MANTOVANO, SCELSE IL MOMENTO MENO OPPORTUNO: L’ESPLOSIONE DEL CASO ALMASRI - DOPO LO SCHIAFFO A MANTOVANO, ORA HA MOLLATO UNA SBERLA A URSULA, DECIDENDO DI FARE LE VALIGIE ANZITEMPO NEL MOMENTO DI DEBOLEZZA MASSIMA DI VON DER LEYEN: LA QUESTIONE DEI DAZI E LA MOZIONE DI SFIDUCIA DEGLI EUROPARLAMENTARI DI ULTRA-DESTRA - E OGGI BELLONI SI RITROVA, COME DICONO IN CERTI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ‘’SENZA I CRISMI’’ DI AFFIDABILITÀ PER ASPIRARE A UNA PRESIDENZA IN QUALCHE PARTECIPATA DI STATO, DOVE URGE UNA PRESENZA FEMMINILE, COME L’ENI...