il nabucco al regio di parma

VA PENSIERO TRA STRILLACCI E INVETTIVE - IL ''NABUCCO'' AL TEATRO REGIO DI PARMA FINISCE CON I LOGGIONISTI IN DELIRIO: DA GIORNI SULLE CHAT GIRAVANO INVITI AD ''ASFALTARE'' LO SPETTACOLO DI RICCI-FORTE, TANTO INCENDIARI CHE DAVANTI ALL'INGRESSO C'ERA UN CAMION DEI POMPIERI - IL PROVINCIALISMO A PARMA NON È NASCOSTO, BENSÌ COLTIVATO, RIVENDICATO, ESIBITO. COME IL VECCHIETTO CHE IMBOCCA L’AUTOSTRADA NEL SENSO SBAGLIATO E BRONTOLA CONTRO TUTTI GLI ALTRI

Alberto Mattioli per www.lastampa.it

 

il nabucco al regio di parma

Che sarebbe stata una serata difficile non lo s’immaginava, lo si sapeva. Da giorni sulle chat dei loggionisti giravano messaggi con l’invito «ad asfaltare» lo spettacolo, erano già uscite stroncature preventive e inviti alla calma, e del resto arrivando al Regio per la serata incendiaria ci si era trovato parcheggiato davanti un camion dei pompieri: precauzione che era sembrata eccessiva, con il senno e i fischi di poi forse no.

 

Chissà perché. Questo «Nabucco» del Verdi Festival, griffato dal duo Ricci-Forte, per la precisione progetto creativo di Stefano Ricci e Gianni Forte, regia del solo Ricci, artisti del genere che in cretinese si definisce «provocatorio», è il genere di spettacolo che si vede abitualmente in tutto il mondo civilizzato, dove ormai Nabucco senza il panettone in testa e le tovaglie multistrato addosso non è l’eccezione, ma la regola.

 

Tuttavia la grottesca «competenza» loggionistica autoctona, certificata da una «verdianità» di tipo razziale o biologico, fa sì che il provincialismo non sia nascosto, bensì coltivato, rivendicato, esibito. Come il vecchietto che imbocca l’autostrada nel senso sbagliato e brontola contro tutti gli altri che, a suo obnubilato dire, vanno contromano.

 

il nabucco al regio di parma

In pratica: non lette o non capite le innumerevoli interviste preventive rilasciate dalla coppia iniqua, snobbati gli incontri di presentazione, ignorati gli inviti alla moderazione e alla discussione, o almeno all’educazione, un gruppetto di guastatori ha affiancato fin dall’inizio al «Nabucco» un secondo show parallelo, in un crescendo di berci, urla, ironie, queste sì «provocazioni», insomma gazzarra. Con reazioni uguale e contrarie dell’altra parte che voleva seguire in pace lo spettacolo, e semmai fischiarlo, ma almeno dopo averlo visto.

 

Come sempre, il diritto degli uni finisce dove inizia quello degli altri, e quindi il diritto di contestare, che si compra insieme al biglietto, dovrebbe fermarsi davanti a quello di assistere in pace allo spettacolo. Per i fischi e i «buuu!» (che poi a Parma non si portano, si preferisce strillare lunghe slogan, talvolta vernacoli, ma sempre con la tipica «erre» locale) c’è spazio e tempo quando cala il sipario. Ma è inutile se far casino diventa esibizione e sfogo, manifestazione folkloristica e rito tribale, fra elegantissimi stranieri allibiti o divertiti. 

 

il nabucco al regio di parma

E cosa rispondere alla donnetta che dall’alto urla con tutta la forza dei suoi polmoni banalità su Verdi e capisci che in realtà è felice perché mille e cinquecento persone sono bloccate lì, costrette ad ascoltare i suoi vaniloqui? Al massimo «Buttati giù!» (ho provveduto io, ma purtroppo non l’ha fatto). Ma almeno, come il vecchietto di cui sopra, alla fine anche la minoranza rumorosa è andata a sbattere, perché non è riuscita a portarsi dietro tutto il pubblico che invece ha iniziato con sempre maggior frequenza e modi sempre meno educati a mandarla dove meritava. 

 

La caciara avrebbe anche potuto pesantemente danneggiare l’esecuzione, se gli artisti non avessero mantenuto nervi saldi e sangue freddo, il che li rende ancora più meritevoli. Così la parte musicale, almeno, è passata indenne, e vorremmo pure vedere. La compagnia è eccellente. Saioa Hernandez saltella con impressionante sicurezza sull’ottovolante della parte di Abigaille e, merito anche della regia, è assai convincente pure come interprete, sia quando distribuisce elegantissima in similDior rosso regali di Natale alla plebe come Evita (il peronismo, padre di ogni populismo) sia quando si impicca per interposta comparsa in un finale impressionante.

 

il nabucco al regio di parma

Fiumi di voce anche da Amartuvshin Enkhbat, un’impressionante colonna di fiato che sale e scene senza fratture né fatiche. Il baritono mongolo è in crescita costante anche come interprete; peccato solo l’aria finale, vocalmente impeccabile ma un po’ anonima. Come despota orientale coperto di medaglie e galloni è però perfetto. Quanto a Michele Pertusi, il suo timbro sarà un po’ inaridito, ma ogni volta che apre bocca è una lezione di canto, che in una parte difficile come poche come quella di Zaccaria risulta ancora più perentoria.

 

Annalisa Stroppa è una Fenena brava e bella, Ivan Magrì un Ismaele un po’ faticoso. Sul podio, Francesco Ivan Ciampa sembra imboccare la strada del Verdi «risorgimentale» e spicciativo che associamo agli anni di galera. E’ invece una direzione meditatissima, molto attenta a sostenere il palcoscenico, raffinata in alcune scelte di colori e cui manca solo un po’ più di flessibilità ritmica per essere perfetta. Arriverà nelle repliche, passata la tempesta. Da medaglia il coro di Martino Faggiani, con uno dei «Va pensiero sull’ale dorate» (ale, non ali, edizione critica oblige) più belli mai sentiti e bissato a furor di pubblico finalmente concorde.

 

E adesso lo spettacolo. La lettura di Ricci/Forte è ovviamente radicale. E anche molto verdiana, nel senso che usa il passato come strumento per interpretare il presente, che poi qui diventa un futuro distopico nella miglior tradizione illuminista. Futuro prossimo: il 2046 (riferimento al film di Wong Kar-wai), quando si scapperà dalla terra devastata per rifugiarsi su una nave orwelliana dove il dittatore annulla la personalità dei superstiti, manipola i media, distrugge i libri e colleziona opere d’arte, ma solo come orpelli del regime.

RICCI E FORTE

 

Il tema di «Nabucco» è il potere, o meglio la sua perversione: Ricci/Forte lo colgono perfettamente, ammucchiando riferimenti alla nostra disgraziata contemporaneità di migrazioni e populismi, esattamente come il pubblico ottocentesco (ma, a differenza di quel che ci raccontavano, a cose e Risorgimento fatti, non prima) leggeva la patria sì bella e perduta degli ebrei come un riferimento all’Italia. 

 

Due considerazioni finali e, almeno per gli hooligans, inutili. Prima. Con questa regia è assolutamente legittimo non essere d’accordo. Ma, esattamente come succede per la parte musicale di un’opera, anche per quella scenica va valutata la tecnica degli artisti. Quel che Ricci/Forte fanno può anche non piacere; è però indiscutibile che lo sappiano fare benissimo.

 

alberto mattioli (2)

C’è un uso millimetrico, precisissimo e rigorosissimo dello spazio scenico, i mimi sono bravissimi, le luci perfette e l’abituale gesticolazione melodrammatica viene sostituita da una gestualità sobria ma per questo molto più efficace, composta in quadri sostanzialmente quasi oratoriali (in pratica, paradossalmente, uno spettacolo «antico» nella sua bellezza formale e nel suo rifiuto di qualsiasi eccesso di sottolineature). Seconda considerazione.

 

Come sempre a teatro, la tesi, l’idea, il progetto, chiamatela come volete ma non «provocazione» perché qui di provocatorio c’è nulla, funziona se si coagulano in immagini forti e dirette, di quelle che ti restano dentro. Non capita sempre e, quando capita, sono pochissime, talvolta una sola. In questo spettacolo invece ce ne sono parecchie. Una per tutte: Pertusi-Zaccaria che canta «Tu sul labbro de’ veggenti» vestito da prete e immobile su una seggiolina. Mentre dietro, su quella musica, quella melodia, quel violoncello obbligato, i mimi che fanno volare dei libri come se fossero colombe in fuga verso la libertà. Si chiama teatro musicale e si chiama Verdi. 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…

roberto occhiuto corrente sandokan antonio tajani pier silvio e marina berlusconi 2025occhiuto roscioli

CAFONAL! FORZA ITALIA ''IN LIBERTÀ'' - DALLA CALABRIA, PASSANDO PER ARCORE, ARRIVA LO SFRATTO DEFINITIVO A TAJANI DA ROBERTO OCCHIUTO: “SONO PRONTO A GUIDARE IL PARTITO FONDATO DA SILVIO BERLUSCONI’’ - PARLA IL GOVERNATORE DELLA CALABRIA E, A PARTE L'ACCENTO CALABRO-LESO, SEMBRA DI SENTIRE MARINA & PIER SILVIO: “BASTA GALLEGGIARE INTORNO ALL'8%. MELONI NON È SUFFICIENTE AL CENTRODESTRA. BISOGNA RAFFORZARE L'ALA LIBERALE DELLA COALIZIONE" - A FAR TRABOCCARE LA PAZIENZA DELLA FAMIGLIA BERLUSCONI È STATA LA PROSPETTIVA DI UN CONGRESSO NAZIONALE CHE AVREBBE DATO A TAJANI, GASPARRI E BARELLI IL POTERE DI COMPORRE LE LISTE PER LE POLITICHE NEL 2027. A SPAZZARE VIA LE VELLEITÀ DEI TAJANEI, È ARRIVATA DA MILANO LA MINACCIA DI TOGLIERE DAL SIMBOLO DEL PARTITO IL NOME "BERLUSCONI", CHE VALE OLTRE LA METÀ DELL'8% DI FORZA ITALIA - DA LOTITO A RONZULLI, DALL’EX MELONIANO MANLIO MESSINA A NICOLA PORRO: NELLA NUTRITA TRUPPA CHE SI È PRESENTATA AL CONVEGNO DI OCCHIUTO, SPICCAVA FABIO ROSCIOLI, TESORIERE DI FORZA ITALIA ED EMISSARIO (E LEGALE PERSONALE) DI MARINA E PIER SILVIO...

amadeus programmi sul nove like a star chissa chi e la corrida tha cage sukuzi music party

DAGOREPORT: AMADEUS TORNA IN RAI - IL RITORNO A VIALE MAZZINI POTREBBE MATERIALIZZARSI GRAZIE ALLO ZAMPONE DI FIORELLO, CHE NON VEDE L'ORA DI RITROVARE LA SUA "SPALLA" - CON "AMA" AL SUO FIANCO, L'EX ANIMATORE DEI VILLAGGI TURISTICI POTREBBE RINGALLUZZIRSI AL PUNTO DA AFFIANCARLO AL FESTIVALONE DI SANREMO 2027 - L'USCITA DI AMADEUS NON SAREBBE OSTACOLATA DA "NOVE" DI DISCOVERY, ANZI: I DIRIGENTI DELL’EMITTENTE AMERICANA NON VEDONO L’ORA DI RECEDERE DALL’ONEROSISSIMO CONTRATTO QUADRIENNALE CON L’EX DISC JOCKEY - SECONDO GLI “ADDETTI AI LIVORI”, LA CATENA DI FLOP INANELLATA DA "AMA" SUL "NOVE" HA PESATO SUL BILANCIO DI DISCOVERY: PER PUBBLICITÀ INCASSATA E RIMBORSATA PER MANCATO RAGGIUNGIMENTO DELLO SHARE STABILITO NEI CONTRATTI, SI PARLA DI UNA SOMMETTA INTORNO AI 15 MILIONI - A DIFFERENZA DI CROZZA E FAZIO, PERSONAGGI-FORMAT, AMADEUS SENZA UN PROGRAMMA FORTE E LA GIUSTA CORNICE DI UNA EMITTENTE GENERALISTA PRIMARIA COME RAI1, È DESTINATO A SCOMPARIRE NEL MUCCHIO…

giorgia e arianna meloni come le gemelle di shining - fotomontaggio del fatto quotidiano

DAGOREPORT – VI RICORDATE QUANDO GIORGIA MELONI DEFINIVA LA SORELLA ARIANNA UNA “PRIVATA CITTADINA SENZA INCARICHI”? DIMENTICATELO: È IN CORSO UN TENTATIVO DI TRASFORMARE LA PRIMOGENITA DI ANNA PARATORE IN UNA POLITICA NAVIGATA. ECCO COME NASCE L’IMBARAZZANTE NTERVISTA RILASCIATA OGGI DALL'EX MOGLIE DI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA AL “CORRIERE DELLA SERA”, IN CUI ARIANNA RICORDA QUANDO “GUIDAVA IL CAMION NEI VICOLI DI ROMA” PER IL PARTITO, E RIVENDICA: “DA 30 ANNI SIAMO IN POLITICA” – LA FIAMMA MAGICA VUOLE TOGLIERLE L’ETICHETTA DI “SORELLA D’ITALIA”. IL GUAIO È CHE ‘GNA FA: L’UNICO PREGIO CHE ANCHE I COLLEGHI DI PARTITO LE RICONOSCONO È… LA SOMIGLIANZA ALLA SORELLA