LA VENEZIA DEI GIUSTI - "SICCITÀ” DIMOSTRA L'ASSOLUTA MAESTRIA  DI PAOLO VIRZÌ NEL TENERE ASSIEME COSÌ TANTI ATTORI E TRAME DIVERSE SENZA MAI PERDERE IL FILO NARRATIVO E L’UNITÀ DI RACCONTO, MA ANCHE IL LIMITE STESSO DI QUESTO TIPO DI CINEMA - L’IDEA DI UNA ROMA SENZA ACQUA DA PIÙ DI UN ANNO COL TEVERE IN SECCA NON È MALE. SI POTEVA ANCHE ASFALTARE SECONDO IL MODELLO VERDONIANO (”FINALMENTE IN QUESTA CITTÀ SE SCORE”). ALLA FINE, SÌ, SIAMO DAVANTI A UN CINEMA UN PO’ BOZZETTISTICO, MA ALMENO VIRZÌ CI PROVA A RACCONTARE LE CLASSI SOCIALI DIVERSE… - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

paolo virzi paolo virzi

L’idea di una Roma senza acqua da più di un anno col Tevere in secca (ottimi gli effetti speciali, si vedono anche i topi) non è male. Si poteva anche asfaltare secondo il modello verdoniano (”finalmente in questa città se score”).

 

Magari è un po’ risaputa quella di costruire attorno al tema della siccità e della mancanza d’acqua, tra pandemia e nuovi virus, virologi nordici da tv, dottoresse, attori senza lavoro che diventano influencer, figli scojonati che odiano i genitori, una serie di situazioni e scenette da cinema italiano, anzi romano, da tarda commedia scoliana (o virziana) che dovranno poi arrivare a incrociarsi tra loro. Ecco.

 

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“Siccità”, nuova opera di Paolo Virzì presentata oggi fuori concorso, che molto aveva diviso i critici italiani nell’anteprima romana, che parte da un soggetto di Paolo Giordano e Virzì stesso poi sviluppato assieme a Francesca Archibugi e Francesco Piccolo, più divertente e godibile degli ultimi film del regista, “Ella&John” e “Notti magiche”, che è molto simile proprio nel dipanarsi della sceneggiatura e degli incastri tra i personaggi, dimostra sia la sua assoluta maestria nel tenere assieme così tanti attori e trame diverse senza mai perdere il filo narrativo e l’unità di racconto, ma anche il limite stesso di questo tipo di cinema.

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Forse non più alla “moda”, dico una parola brutta lo so, ma certo è questo che sconta Virzì trovandosi fuori concorso con tutto il suo ricco cast, vedendosi preferire film italiani magari non così elaborati e interessati a raccontare la nostra realtà, i titoli li sapete, ma più “presentabili” a Venezia proprio perché ideati e costruiti come film da festival.

 

Quando la pur celebrata commedia all’italiana, genere che ancora cerca di affrontare l’Italia anche politica e sconclusionata di oggi, non sembra aver più questo tipo di riconoscibilità. Non a caso in un festival così angosciante per temi e messe in scena, trovatemi un film allegro, vi prego, il pur angosciante e apocalittico “Siccità”, con virus e mascherina per tutti, si presenta coi toni allegri della commedia, gag, battute, situazioni simpatiche.

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C’è Silvio Orlando che non vuole uscire di prigione e si trova fuori da Rebibbia per caso dopo 25 anni, in cerca della figlia, Sara Serraiocco. C’è Valerio Mastandrea, un tempo sposato con Claudia Pandolfi, dottoressa, che fa il tassinaro dopo essere stato autista di un politico suicida che ogni tanto gli si presenta.

 

il cast di siccita il cast di siccita

Vede anche i genitori, Gianni De Gregorio e Paola Tiziana Cruciani. C’è il virologo del nord, Diego Ribon,arrivato a Roma per una trasmissione tv che si ritroverà a casa di Monica Bellucci. Tommaso Ragno, attore senza lavoro, ma accetterà sei pose in “Un nemico del popolo” diretto da Massimo Popolizio (la scena fa ridere, confesso), che si è fissato di fare l’influencer che dice la sua sulla siccità, non capendo i turbamenti della moglie, Elena Lietti, che cerca di tradirlo con un bell’avvocato romano, Vinicio Marchioni, nuovo marito di Claudia Pandolfi.

 

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Non scordiamo Max Tortora, un tempo padrone di un negozio di abbigliamento e ora senza un soldo, che sfoga su un immigrato tutta la sua rabbia. E Gabriel Montesi, che fa il bodyguard di una ricca rampolla romana, Emanuela Fanelli, che si vendica del marito fedifrago cagandogli sullo yacht a Ostia. E’ così. Non tutto e non tutti funzionano allo stesso modo, ma Virzì tiene bene in mano il film, e alcuni personaggi, come quelli di Gabriel Montesi e della Fanelli, sono belle novità.

 

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Ragno, che mi piace sempre, esagera un po’ troppo, ma Claudia Pandolfi è bravissima sia come dottoressa con Emanuele Salce medico sia come moglie di Marchioni che ex-moglie di Mastandrea, che dorme per quasi tutto il film.

 

Alla fine, sì, siamo davanti a un cinema un po’ bozzettistico, difficile da scrivere e da dirigere, ma almeno Virzì ci prova a raccontare le classi sociali diverse, le loro storie, di ambientarle nella realtà di oggi. E dà tanto spazio agli attori, giovani e meno giovani, alla moda o da riscoprire. E Montesi e Fanelli escono proprio bene dal film.

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