Marco Giusti per Dagospia
Realistico, durissimo, al punto che un po’ di spettatori in sala sono usciti prima della fine non sentendo i grandi applausi, è stato un colpo al cuore inaspettato e necessario “L’Evénement”, opera seconda della francese Audrey Diwan, che lo ha scritto con Marcia Romano portando in scena un celebre romanzo di Annie Ernaux pubblicato da Gallimard vent’anni fa tradotto in Italia come “L’evento”.
Le tante lettrici della Ernaux, che ha un forte culto anche da noi, se lo ricorderanno. Un colpo al cuore perché ricostruisce il dramma di una ragazza della provincia francese, siamo nel 1963, in un collegio per ragazze a Angoulame, come in “Illusions perdues”, alle prese con una gravidanza inaspettata che non vuole portare a termine, perché preferisce studiare e scrivere piuttosto che precipitare in una orrenda vita da casalinga in provincia.
Così decide di abortire a tutti i costi. Enza avere nessuna preoccupazione morale o cattolica, è un film lucidamente ateo. Audrey Diwan non ci risparmia niente, segue la sua protagonista Anne, interpretata da una fantastica giovane attrice, Anamaria Vartolomei, con uno stile rigoroso alla Dardenne, ma decisamente più umano, nella sua solitudine e nelle sue scelte, che si ritrova a fare completamente da sola.
Perché, se l’aborto era illegale a quel tempo in Francia, e non solo lì, e si finiva in galera solo a aiutare le ragazze che abortivano, era anche una sorta di macchia morale che i bravi piccoli borghesi francesi e italiani facevano finta di non vedere.
“Non sono fatti miei”, si sente dire ripetutamente. Eppure siamo nella Francia di Sartre, dei primi film della Nouvelle Vague.
Anne, mentre procede nella gravidanza di mese in mese, cerca inutilmente un aiuto, un appiglio, ma si ritrova sempre più sola di fronte a qualcosa che non aveva certo programmato né voluto. I medici la scaricano, non possono intervenire.
Va a trovare il ragazzo che l’ha messa incinta a Bordeaux, uno studente di scienze economiche, inutilmente. Si confida con le amiche del collegio, non riesce a parlare con la madre, una Sandrine Bonnaire che ci riporta ai tempi di “Senza tetto né legge” di Agnes Varda.
Fa l’amore con un bel pompiere, senza dirgli nulla, per ristabilire la sua identità di donna. Sarà l’amica di un amico, l’unica a parlarle cercando davvero di aiutarla, a mandarla da una signora, Anna Mouglalis, che la opererà per 400 franchi. Più che probabile che la storia della Ernaux, anche lei nata in provincia nel 1940 da famiglia operaia e anche lei con desiderio di diventare scrittrice, sia autobiografica.
Ma il film, pur con una matrice letteraria così forte, è più concentrato nel non mollare mai il percorso drammatico della sua protagonista, che non dubita mai delle sue scelte, che non ha mai un ripensamento. Fino all’aborto. Duro, ma con un grande rispetto e amore per la sua eroina. E bellissimo. Possibili premi.
Louise Orry-Diquero, Anamaria Vartolomei Luana Bajrami
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