Giancristiano Desiderio per il "Corriere della Sera"
«Prevenire è meglio che curare». Alessandro Chetta, giornalista e videomaker, deve essersi ispirato a questo principio prudenziale nello scrivere il saggio Cancel Cinema (Aras). L'idea è semplice: che cosa resterebbe del grande patrimonio cinematografico italiano, in cui ci sono Fellini e Leone, Totò e Peppino, Loren e Lollobrigida, Gassman e Sordi - per citarne solo alcuni - se per giudicarlo applicassimo le categorie della cancel culture che è una evoluzione fanatica del già radicale «politicamente corretto»? Nulla.
Eppure, possiamo immaginare di buttare a mare quell'immenso tesoro d'arte e di varia umanità perché attraverso lo schermo del politically correct non sappiamo più vedere neanche un film del passato e non riusciamo più a distinguere il bello e il brutto, il comico e il grottesco, l'attuale e l'«inattuale»? Ecco, Chetta analizzando 200 film fa uno stress test al cinema italiano: «Un po' per servire ai nuovi puritani un irridente divertissement , un po' perché i film sono un barometro del costume nazionale - come siamo, come eravamo - e infine per mettere in chiaro quanto inconsistente possa essere l'incappucciamento del passato, se è vero che ogni universo storico contempla sempre un universo morale frutto del suo tempo».
L'esperimento di Chetta è efficace perché attraverso i film pensa il nostro rapporto con il passato e dice: come è possibile che non siamo più capaci di conoscere il passato e di giudicare l'arte? L'esempio che usa è spiazzante: immaginate che RaiUno mandi in prima serata TotòTruffa '62 con Nino Taranto ed Ernesto Calindri. Sarebbe il finimondo: Totò appare dipinto da nero ( blackface ), ha l'anello al naso, parla in modo ridicolo e interpreta il console del Catongo. Allo stesso modo, da quanto tempo non vedete - nemmeno su Blob - la celebre scena in cui Sordi ammazza di botte per amore e gelosia Monica Vitti? Non la vedrete più perché l'autocensura corre più veloce della censura: la previene assumendola.
Mentre Chetta fa il contrario: la previene neutralizzandola. Come? Recuperando i giusti criteri del giudizio o coltivando un più equilibrato rapporto con il passato. Una volta Carlo Delle Piane, parlando del film di Pupi Avati Regalo di Natale , nel quale recitava con Diego Abatantuono, Gianni Cavina, Alessandro Haber, disse: «Il cinema è la vita». Forse, non è una gran frase, perché se il cinema è arte, allora, è vita espressa e, insomma, ci si è capiti: il cinema «rappresenta» la vita così com' è.
E com' è la vita? Scorretta. E se abbiamo un patrimonio che la mostra nei suoi vizi e nelle sue virtù è bene che lo custodiamo prima che qualcuno trasformi Totò in Dumbo e ci appiccichi sopra un alert per i contenuti scorretti.
tototruffa '62 11 amore mio, aiutami 3 amore mio, aiutami 6 amore mio, aiutami 4 amore mio, aiutami 2 amore mio, aiutami 7 cancel culture