ponte morandi mario draghi giuseppe conte

ASPI, CHE PASTICCIO! – AUTOSTRADE PER L’ITALIA E LA CONTROLLATA SPEA HANNO CHIESTO DI ESSERE ESCLUSE COME RESPONSABILI CIVILI DEL PROCESSO PER IL CROLLO DEL PONTE MORANDI APPELLANDOSI A UN CAVILLO – E COSÌ, GRAZIE ALLA NAZIONALIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ VOLUTA DA CONTE E CONCLUSA DA DRAGHI, ADESSO È LO STATO A DOVERSI ASSUMERE LE RESPONSABILITÀ CHE ERANO DELLA HOLDING ATLANTIA E IN ULTIMA ISTANZA DI CASA BENETTON...

Giorgio Meletti per www.editorialedomani.it

 

MARIO DRAGHI - QUARTO ANNIVERSARIO DEL CROLLO DEL PONTE MORANDI

La notizia secca è che Autostrade per l’Italia (Aspi) e la sua società controllata per l’ingegneria Spea hanno chiesto al tribunale di Genova di essere escluse come responsabili civili del processo per il crollo del ponte Morandi che sta muovendo i primi passi. Cioè di non essere chiamate a pagare i danni in solido con gli imputati eventualmente condannati.

 

Gli avvocati di Aspi (che faceva capo alla famiglia Benetton il 14 agosto del 2018, quando nel crollo morirono 43 persone, e adesso è invece una società a controllo statale) si appellano a un cavillo riguardante il cosiddetto incidente probatorio effettuato durante l’istruttoria.

 

crollo ponte morandi

Ma questa è materia super tecnica per avvocati. Conta invece che il pubblico ministero Massimo Terrile si è detto favorevole alla richiesta di Aspi e Spea perché l’unica cosa che conta per la procura è semplificare un processo di proporzioni talmente mostruose da andare dritto verso la prescrizione per tutti gli imputati. La gravità della vicenda risiede dunque in due questioni fondamentali.

 

La prima è che la giustizia di fronte a eventi di queste dimensioni semplicemente non funziona. La seconda è che a rendere assurdo il tutto è intervenuta la geniale idea del governo Conte, portata a compimento dal governo Draghi, di nazionalizzare la società responsabile del crollo, cosicché adesso è lo stato a doversi assumere le responsabilità che erano della holding Atlantia e in ultima istanza di casa Benetton. E se qualcuno volesse sostenere che in punta di diritto non è proprio così (in punta di diritto niente è mai niente) vada a spiegarlo alle famiglie delle 43 vittime suonando ai rispettivi 43 campanelli.

 

soccorsi dopo il crollo del ponte morandi

Sul primo punto val la pena ricordare il precedente del Vajont. Il 9 ottobre 1963 l’esondazione del lago artificiale formato dalla diga costruita dalla Montedison e subito prima del disastro passata all’Enel con la nazionalizzazione elettrica, travolse il paese di Longarone, in provincia di Belluno, provocando oltre 2mila morti. Alla fine i danni li hanno pagati in parti uguali la Montedison, l’Enel e lo stato.

 

Però, trattandosi di materia giuridicamente complessa, hanno pagato dopo quasi 40 anni. Né durante quei decenni né nei vent’anni successivi i promotori perenni di riforme della giustizia, molto attenti a preservare il garantismo per i colletti bianchi, hanno affrontato il tema dei maxi processi che non portano giustizia e danno benefici sostanziali solo alle carriere dei magistrati e ai conti correnti degli avvocati. Infatti a Genova ci risiamo.

 

ponte morandi

Il pm Terrile ha detto in udienza parole agghiaccianti: «Un processo con 1.228 testimoni che porterebbe a un potenziale di 155mila tra esami e controesami è un processo che non si può fare e non avrà mai fine. La lista testi della procura conta 177 persone, quelle dei 59 imputati oltre 300 e quelle delle parti civili oltre 600. Con questi numeri il processo non avrà fine diversa da quella dell’estinzione dei reati».

 

Per ascoltare oltre 1.200 persone, con deposizioni a ritmo di rap, e udienze ravvicinate, ci vorrebbero almeno due anni, salvo poi capire i giudici come farebbero a districarsi tra 1.200 indicazioni di dettaglio spesso contrastanti. Terrile chiede alla corte di escludere buona parte delle 600 persone che si sono costituite parte civile, fermo restando che potranno sempre chiedere i danni in sede civile. Tra l’altro 41 delle 43 famiglie delle vittime sono state già risarcite proprio da Aspi e sono uscite dal processo. A chiedere giustizia e danni ci sono quelli dei danni collaterali, chi ha perso la casa in Valpolcevera, chi ha visto fallire la sua attività commerciale eccetera.

CARLO BERTAGNIN BENETTON - ALESSANDRO BENETTON - ERMANNO BOFFA CHRISTIAN BENETTON

 

Un disastro del genere non si può risolvere nelle aule di giustizia. Il ponte è crollato per responsabilità evidente e diretta della società Aspi, a meno che non si riesca a dimostrare che qualcuno dei 59 imputati abbia messo una carica di tritolo sotto il pilone che ha ceduto.

 

Aspi è talmente piena di soldi che ha appena pagato ai nuovi azionisti (la statale Cassa depositi e prestiti e i fondi Blackstone e Macquarie) un dividendo di 682 milioni. Poteva prenderne la metà e distribuirli ai danneggiati senza sottilizzare troppo, senza dire a quel signore della Valpolcevera che la crepa nel suo appartamento non è poi così grossa.

alessando benetton

 

Solo che adesso Aspi è dello stato, e chi la controlla ha paura di pagare generosamente con i soldi di tutti i danni fatti dai Benetton. Già, potevano pensarci prima. E invece adesso devono battagliare all’ultimo euro, e per anni, con quelli che gli è caduto il ponte addosso per non fare la figura di quelli che generosamente pagano con i soldi di tutti il conto lasciato dai Benetton.

alessandro e luciano benettonALESSANDRO E LUCIANO BENETTONalessandro benetton

Ultimi Dagoreport

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?

matteo piantedosi khalifa haftar giovanni caravelli

FOLLOW THE MONEY! - DIETRO AL RESPINGIMENTO DI PIANTEDOSI IN LIBIA, PROBABILMENTE, CI SAREBBE IL VIL DENARO! SADDAM HAFTAR, FIGLIO DEL GENERALISSIMO KHALIFA E GOVERNANTE DI FATTO DELLA CIRENAICA, AVREBBE CHIESTO ALL'ITALIA UN SOSTEGNO ECONOMICO PER "GESTIRE" I MIGRANTI (TENERLI IN GABBIA SENZA FARLI PARTIRE), COME QUELLO CHE ROMA CONCEDE AL GOVERNO DI TRIPOLI - L'AISE DI CARAVELLI, CHE HA OTTIMI RAPPORTI CON HAFTAR JR, TANTO DA AVERLO PORTATO IN ITALIA PER UN TOUR DEI MINISTERI (UN MESE FA HA INCONTRATO PIANTEDOSI, CROSETTO E TAJANI), HA CONTATTATO GLI 007 DI GRECIA E MALTA, PER CHIEDERE DI CONDIVIDERE L'ESBORSO. QUELLI HANNO RISPOSTO "NO, GRAZIE" - E COSÌ, È PARTITA LA "RITORSIONE" DEGLI HAFTAR, CHE HANNO ORGANIZZATO LA TRAPPOLA PER LA DELEGAZIONE EUROPEA (COMPOSTA OLTRE A PIANTEDOSI DAI MINISTRI DI GRECIA E MALTA)