ATTACCATEVI AL PUZZLE - IL TRIBUNALE DI STOCCARDA HA BOCCIATO LA RICHIESTA DEL MINISTERO ITALIANO DELLA CULTURA DI IMPORRE A UN'AZIENDA TEDESCA DI PAGARE I DIRITTI D'IMMAGINE PER L'USO DELL’UOMO VITRUVIANO DI LEONARDO SU UN PUZZLE - GIAN ANTONIO STELLA: "CHE IL TENTATIVO DI UN 'PROVVEDIMENTO INGIUNTIVO A LIVELLO MONDIALE' FOSSE AVVENTUROSO L’AVEVA GIÀ SPIEGATO LA CORTE DEI CONTI: 'LE TRASFORMAZIONI CHE IL DIGITALE HA PRODOTTO INVITANO AD ABBANDONARE I TRADIZIONALI PARADIGMI PROPRIETARI'”

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Estratto dell'articolo di Gian Antonio Stella per il "Corriere della Sera"

 

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[…] Giorni fa il tribunale di Stuttgart ha bocciato la richiesta del nostro ministero della Cultura di imporre a una azienda tedesca un balzello sull’uso per un puzzle dell’Uomo Vitruviano di Leonardo conservata a Venezia: «Ogni ordinamento giuridico nazionale è limitato al rispettivo territorio nazionale», dicono i giudici germanici, «Questo principio di territorialità è generalmente riconosciuto dal diritto costituzionale internazionale ed è espressione della sovranità di ciascuno Stato. Ciò significa che una legge italiana, come questa per la tutela del patrimonio culturale, è valida solo sul territorio italiano». […]

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TRATTATIVA FALLITA

Tutto nasce dalla richiesta delle Gallerie dell’Accademia di Venezia di far pagare i diritti di riproduzione alla società di giocattoli e giochi da tavolo Ravensburger per un puzzle di mille pezzi […] del celeberrimo Homo Vitruvianus.

 

Una trattativa senza sbocco (offerta tedesca: un obolo di 250 euro e il 10% delle vendite) sfociata in una lite giudiziaria con la richiesta alla magistratura d’«inibire» alla Ravensburger «in Italia e all’estero, l’utilizzo a fini commerciali dell’immagine dell’opera». Tesi ripresa in una sentenza del Tribunale ordinario di Venezia nell’ottobre 2022 e «girata», diciamo così, ai giudici germanici.

 

LA CORTE DEI CONTI

Che quel tentativo di un «provvedimento ingiuntivo a livello mondiale», […] fosse avventuroso e temerario, l’aveva già spiegato un anno e mezzo fa la Corte dei conti: «Le trasformazioni radicali che il digitale ha prodotto nella nostra società invitano ad abbandonare i tradizionali paradigmi “proprietari”, in favore di una visione del patrimonio culturale più democratica, inclusiva e orizzontale. Le forme di ritorno economico basate sulla “vendita” della singola immagine appaiono anacronistiche e largamente superate poiché, peraltro, palesemente antieconomiche».

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Tesi ribadita nell’ottobre scorso: «L’Open Access ha da tempo dimostrato di essere un potente moltiplicatore di ricchezza non solo per le stesse istituzioni culturali (si vedano le ben note best practices nazionali ed internazionali), ma anche in termini di incremento del Pil ed è quindi considerato un asset strategico per lo sviluppo sociale, culturale ed economico dei Paesi membri dell’Unione.

 

L’introduzione di un “tariffario” siffatto pare, peraltro, non tener conto né delle peculiarità operative del web, né del potenziale danno alla collettività da misurarsi anche in termini di rinunce e occasioni perdute; ponendosi, così, in evidente contrasto anche con le chiare indicazioni che provengono dal Piano Nazionale di Digitalizzazione (PND) del patrimonio culturale». Più chiaro di così!

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[…] Contaminazioni contrarie al decoro del nostro patrimonio? Le opinioni sono diverse e legittime. Ma certo, come sostiene l’archeologo Giuliano Volpe, «non si può regolare per legge il cattivo gusto o anche la volgarità, che semmai sono da combattere con le armi della cultura, dell’educazione e anche dell’ironia e della satira. Inoltre, quis custodiet ipsos custodes? Vengono alla mente le parole di Giovenale pensando all’orrenda campagna pubblicitaria con la Venere di Botticelli influencer promossa da Daniela Santanché».

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LE NORME EUROPEE

Ciò che è certo è che le barricate, i fossati e ponti levatoi intorno alla «proprietà esclusiva e sovrana» delle immagini del patrimonio culturale sono ormai superati dalla direttiva europea Open Data: i dati a disposizione degli Stati possono esser usati liberamente dai cittadini. […]

 

Tutte aperture che hanno costretto anche il governo Meloni, che inizialmente sperava di fare cassa sulle immagini del nostro patrimonio, a cambiare rotta. E a rifare una decina di giorni fa, la settimana dopo la sentenza tedesca, il Decreto Ministeriale 161 del 2023 sul tariffario delle immagini che aveva sollevato un putiferio per l’esosità delle richieste e la farraginosità degli iter burocratici. Spalancando nuovi spazi fino a ieri preclusi. Specie per l’editoria culturale. Tutto è bene quel che finisce bene? Per dirla con Lucio Battisti, lo scopriremo solo vivendo...

 

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