marco jacobini popolare di bari

UNA BANCA DI BARI – LA PROCURA INDAGA PER CORRUZIONE MARCO JACOBINI, EX PRESIDENTE E PADRE PADRONE DELLA POPOLARE PUGLIESE. L’IDENTITÀ DEL CORROTTO NON VIENE INDICATA, MA SECONDO “REPUBBLICA” SI TRATTA DI QUALCUNO DENTRO LA VIGILANZA DI BANKITALIA – ALL’ORIGINE DI TUTTO C’È L’ACQUISIZIONE DELLA DECOTTA BANCA TERCAS

Carlo Bonini e Giuliano Foschini per “la Repubblica”

 

MARCO JACOBINI

I rapporti tra i vertici della Banca Popolare di Bari e la Vigilanza di Bankitalia entrano formalmente nell’inchiesta penale sul crac dell’Istituto nella quale, sino ad oggi, erano già dieci gli indagati a diverso titolo per falso in bilancio, false comunicazioni al mercato, ostacolo alla vigilanza, estorsione. Il Procuratore aggiunto Roberto Rossi, i sostituti Lanfranco Marazia e Federico Perrone Capano, hanno infatti notificato a Marco Jacobini, ex Presidente e padre-padrone della Banca, un’informazione di garanzia per corruzione. Atto in cui, allo stato, non viene indicata l’identità del corrotto. Ma di cui "Repubblica" ha ricostruito il perimetro: la Vigilanza di Palazzo Koch.

 

banca popolare di bari 6

Tecnicamente, quello notificato a Jacobini, difeso dall’avvocato Francesco Paolo Sisto, è un avviso di “proroga indagini”, che documenta dunque come questo nuovo filone dell’inchiesta risalga all’inizio dell’estate. Nel documento, la Procura si limita alla semplice contestazione del reato, senza specificarne le circostanze di tempo e di luogo, né chi sarebbe stato il destinatario della corruzione o in cosa si sarebbe concretizzata.

ignazio visco daniele franco

 

L’unico dato di fatto che "Repubblica" è stata appunto in grado di acquisire con certezza, è che gli elementi in forza dei quali l’ex Presidente della Popolare è indagato hanno a che fare con i rapporti avuti nel tempo tra Jacobini e la Vigilanza di Bankitalia. Elementi allo stato indiziari. Sufficienti dunque all’iscrizione del registro degli indagati dell’ex Presidente come corruttore, ma non ancora così solidi per la Procura da dare un nome anche a chi, in Bankitalia, sarebbe stato in ipotesi corrotto.

 

banca popolare di bari 4

Il passaggio — come evidente — è di particolare delicatezza. E, non a caso, fino a quando il tempo non ha imposto la notifica della proroga di indagini, questo nuovo filone dell’inchiesta è stato protetto da un segreto impenetrabile. Necessario ad avviare una prima serie di accertamenti della Guardia di Finanza — che ora, appunto, proseguiranno per altri sei mesi — e, soprattutto, a non condizionare lo svolgimento delle funzioni della Vigilanza di Bankitalia in un momento cruciale per i destini della Popolare.

marco jacobini 3

 

Parliamo dei mesi tra il giugno di quest’anno (quando è stata avviata l’ultima ispezione di Palazzo Koch e quando Marco Jacobini è stata iscritto nel registro degli indagati anche per corruzione) e il 12 dicembre scorso, quando il Governatore Ignazio Visco ha disposto il commissariamento dell’Istituto. Dunque e di nuovo, la Vigilanza di Bankitalia.

 

Il nodo dell’acquisizione

Che nei rapporti tra i vertici della Popolare e palazzo Koch, a cominciare dall’acquisizione della decotta Banca Tercas, fosse uno dei nodi cruciali dell’inchiesta sul crac era apparso evidente già all’indomani del commissariamento.

GIANVITO GIANNELLI

 

IGNAZIO VISCO

Ma non c’è dubbio che adesso, con il sospetto che su questi rapporti possa aver avuto un peso una qualunque forma di corruzione per mano di Marco Jacobini, la questione si faccia ancora più delicata. Non fosse altro perché, gravata da quest’ombra, ora anche la lettura a posteriori di quanto accaduto nel cruciale autunno del 2013 (quando alla Popolare venne concesso di procedere a un’acquisizione cui in quel momento era ancora formalmente inibita) potrebbe trovare risposte diverse da quelle sin qui offerte da Bankitalia.

SALVATORE ROSSI IGNAZIO VISCO

 

Altro infatti è sostenere che, posta di fronte al dilemma se abbandonare al fallimento l’abruzzese Tercas e i suoi risparmiatori o consentirne il salvataggio per mano di chi non poteva tirarsi indietro (la Popolare), la Vigilanza scelse il male minore, scommettendo su un percorso virtuoso della Popolare e che i vertici della Popolare si erano impegnata a intraprendere. Altro è anche solo immaginare o ipotizzare che nella tolleranza concessa dalla Vigilanza alla dissennata governance della Popolare abbia ballato la promessa o la corruzione piena di chi della Vigilanza faceva parte.

banca tercas marco jacobini 3

 

I punti fermi

Non è evidentemente una domanda cui oggi è possibile dare una risposta. Non fosse altro perché il nuovo filone di inchiesta della Procura di Bari è soltanto nel mezzo del cammino che si è dato e gli elementi di fatto su cui l’ipotesi di corruzione è stata avanzata restano gelosamente custoditi dagli inquirenti.

banca popolare di bari 7

 

Quelle che al contrario possono essere messe in fila sono invece le evidenze documentali (i verbali delle sedute del Consiglio di amministrazione della Popolare, la corrispondenza tra la Popolare e la Vigilanza) che, oggi, al di là di ogni ragionevole dubbio, consentono di fissare alcuni punti fermi del rapporto che, sicuramente a far data dall’ottobre del 2013, legò Marco Jacobini alla Vigilanza e al suo allora direttore centrale Carmelo Barbagallo ("Repubblica" ne ha dato diffusamente conto in questi ultimi giorni).

marco jacobini 2

 

Il primo. Fu sicuramente la Vigilanza della Banca d’Italia a sollecitare, già il 17 ottobre del 2013, l’interessamento della Popolare all’acquisizione di Tercas. E fu sicuramente l’allora presidente Marco Jacobini, che ebbe per altro modo di comunicarlo al Consiglio di Amministrazione, che ritenne quella proposta l’occasione irripetibile per regalare alla Banca il prestigio che non aveva. E che certo non avevano i suoi bilanci.

 

Il secondo. È documentalmente certo il “trade off”, lo scambio, che intervenne tra l’acquisizione della Tercas — costata alla Popolare un aumento di capitale in due fasi per circa 500 milioni di euro — e la decisione della Vigilanza di liberarla della sanzione imposta nel 2010 (il divieto di nuove acquisizioni). E questo, nonostante l’esito dell’ispezione del 2013 avesse sostanzialmente confermato i buchi di governance della banca già rilevati tre anni prima.

 

Il terzo. I verbali del Consiglio di amministrazione della Popolare dimostrano che l’avvio della procedura di acquisizione della Tercas cominciò almeno sei mesi prima che la banca ricevesse il formale via libera dalla Vigilanza. E che tutto questo avvenne nella piena consapevolezza degli ispettori.

 

marco jacobini 4

Il quarto. È un dato di fatto che, fino agli ultimi giorni prima del commissariamento, i vertici della Popolare fossero sicuri che alla banca sarebbe stata data una nuova prova di appello da parte della Vigilanza. Dove risiedesse tanta sicumera, non è dato saperlo. Certo non nei bilanci (se è vero come è vero che lo stesso Governatore Visco, nella sua delibera di commissariamento, segnala come la Popolare avesse chiesto urgentemente nuova iniezione di liquidità a un capitale di garanzia ormai sotto i limiti di guardia). Dove, dunque? E in ragione di cosa? O di quali rapporti?

 

Capiremo presto dove arriverà l’inchiesta della Procura. In ogni caso, oggi una cosa è certa. Della caduta degli Jacobini (padre e figli) e di Vincenzo De Bustis Figarola non abbiamo visto ancora nulla. La faccenda promette di camminare assai. Soprattutto ora che la rete dei silenzi e dei ricatti è stata lacerata.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…