ndrangheta a roma

CAPITALE MALA-'NDRINA - “SE TI PIGLIO TI SCANNO COME UN CAPRETTO. LA PROSSIMA VOLTA TI VA PEGGIO, HA DETTO MIO PADRE CHE VUOLE TIRARTI L'ACIDO IN FACCIA PER BRUCIARTI” – NELLE INTERCETTAZIONI LE MIRE DEI BOSS DELLA 'NDRANGHETA, VINCENZO ALVARO E ANTONIO CARZO (FINITI IN CARCERE) SUI BAR DEL VATICANO (“ALTRO CHE CAFÈ DE PARIS…”) E SULLA CATENA DI SUPERMERCATI ELITE – NEL MIRINO GLI EX PROCURATORI PRESTIPINO E PIGNATONE: “MALEDETTI” – LA FIGLIA DEL BOSS SI VANTAVA SUI SOCIAL: “SONO IDENTICA A TE” - L'AMBIZIONE DI ENTRARE NELLA MASSONERIA...

Valeria Di Corrado Camilla Mozzetti per “il Messaggero”

 

vincenzo alvaro

Non bastava aver messo le mani su ben 24 società da Torpignattara al Tuscolano, aver iniziato a stringere accordi pure con i Moccia per spartirsi i locali da rifornire, la locale di ndrangheta capeggiata da Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo, finiti in carcere insieme ad altre 75 persone tra la Capitale e la Calabria a seguito dell'ultima maxi-operazione Propaggine della Dda e della Dia, puntava a consolidare il proprio potere e ad espandersi ancora, conquistando catene di supermercati e bar di lusso intorno al Vaticano. Avendo chiaro come a Roma bisognava però muoversi con cautela considerata l'esistenza di una Procura composta da tutti «quelli che combattevano dentro i paesi nostri...

 

Cosoleto... Sinopoli... tutta la famiglia nostra...», dirà proprio Carzo ad un suo interlocutore facendo riferimento agli ex procuratori Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino e Renato Cortese (un tempo dirigente della Squadra Mobile) e per questo definiti «maledetti».

 

vincenzo alvaro 2

LE AMBIZIONI Ma oltre agli affari c'era pure l'ambizione di entrare nella massoneria o almeno era questo il desiderio di Domenico Carzo, figlio di Antonio che di fronte a due medici - ritenuti dei validi condotti per entrare in una loggia - negherà che suo padre, suo zio e suo nonno siano o siano stati elementi di spicco della criminalità. Ma al netto di quelle che potevano essere le pulsioni e le intraprendenze dei singoli, sempre Carzo tenderà più volte a ribadire come nonostante gli screzi, avuti o probabili, la loro è una «famiglia».

 

E la famiglia non si tradisce, la si protegge e le si dà da mangiare. Il pasto prediletto restavano i locali da acquisire tramite prestanome e teste di legno al fine di riciclare soldi sporchi provenienti da più fronti. Ed è così che tra gli obiettivi rientra la catena di supermercati Elite. Il cognato di Vincenzo Alvaro, Giovanni Palamara, parlando con Giuseppe Penna veniva informato da quest' ultimo della ristrutturazione di uno dei supermercati della catena e che grazie a questo sarebbe stato possibile inserirsi per ottenere una fornitura.

operazione contro ndrangheta

 

Palamara si mostra subito interessato: «Digli per la pasta Pino abbiamo la pasta fresca... all'uovo... la facciamo sotto vuoto anche per i supermercati... io gliela porto ai supermercati» e il Penna che, a distanza di qualche ora, manda un messaggio: «Gianni cercamo di farti prendere Elite ho saputo che porta prodotti di prima scelta a 56 punti vendita su Roma tu e chi per te venite a parla prossimamente».

 

Poi c'è l'avanzata verso altri bar, stavolta mica al Quadraro o a Torpignattara, ma in pieno centro a due passi dalla Basilica di San Pietro. Un'operazione ghiotta per chi come Vincenzo Alvaro era riuscito a fuggire dall'operazione sul caffè de Paris. Sempre il Penna, che trattava affari per importanti locali di Roma, propone alla locale di rilevare delle attività sequestrare ad un compaesano di Vibo Valentia. Nello specifico si tratta di un bar tabaccheria in via del Mascherino, di altri due bar e di un ristorante sempre nella zona del Vaticano e di un'osteria a Trastevere.

 

«Per avere 3 bar al centro storico... scusate, io non sono uno scemo, al centro storico di Roma, i bar più prestigiosi del mondo... avoglia a dire che tieni per le mani bar California e Cafè de Paris... - dice Penna - a questi che ha questo gli fanno una pip... ci siamo salvati tutti i parenti e tutti gli amici...».

 

Forte degli anni passati in carcere, Carzo commissiona al figlio Domenico e ad un altro affiliato il pestaggio di un uomo che doveva rientrare di ben 250 mila euro. «Penso che dopo sta passata...di cazzotti ... poi a cuccia... poi glielo dici... gli devi dire la prossima volta ti va peggio con l'a...ha detto mio padre che vuole tirarti l'acido in faccia per bruciarti». Parlando con il malcapitato debitore gli dirà: «se ti piglio ti scanno come un capretto...». Anche per gli affiliati che sbagliano non c'è pietà: chi vìola le regole del clan deve rispondere al Tribunale della ndrangheta in una sorta di processo con relative sanzioni. Intanto oggi un giudice vero, quello che ha ordinato gli arresti, interrogherò Alvaro e Carzo.

operazione contro ndrangheta 5

 

2 - LA FIGLIA DEL BOSS SI VANTAVA SUI SOCIAL

Camilla Mozzetti per “il Messaggero”

 

Figlie innamorate dei propri padri. Anche se questi sono al vertice di una locale di ndrangheta che divorando bar, pasticcerie, tabaccherie si è insinuata nella Capitale. Non si vede il crimine laddove nel crimine si nasce e si cresce. «Negli occhi, sul viso, nell'aria c'è una parte di te... e ho capito che se mi rifletto guardandomi il viso non mi riconoscono, ma poi un sorriso mi taglia la faccia e mi dico: sono identica a te», scrive Palmira Alvaro su Instagram a commento di una foto che la ritrae con suo padre Vincenzo. Quel boss che insieme ad Antonio Carzo ha trapiantato il germe della ndrangheta a Roma istituendo una autonoma locale benedetta dalla casa madre calabrese. Lei non ha neanche trent' anni ma non rinnega la sua famiglia. Esegue tutto ciò che il boss-padre gli dirà di fare, come si conviene a quelle figlie educate al rispetto e alla devozione a-tutti-i-costi. Dedicherà la sua tesi di laurea al «papà, per quello che sono e per molto altro ancora».

operazione contro ndrangheta copia

 

Ed è così, crescendo nel mito del padre, che Palmira finirà in carcere a seguito dell'ultima maxi-operazione Propaggine della Dda di Roma e della Dia che ha portato a 77 arresti (43 nella Capitale e 34 in Calabria).

 

LA CONNIVENZA La figlia del boss non è soltanto questo ma anche una giovane donna che cura e prende parte agli affari di famiglia. Nell'ordinanza firmata dal gip Gaspare Sturzo si ricostruisce il ruolo di questa ragazza che dal 2011 al 2018 effettua transazioni su carte Postepay a lei riconducibili, o al padre, per 116.168,50 euro.

 

Ma Palmira Alvaro è pressoché una nulla tenente: risulta aver percepito redditi di lavoro dipendente solo nel 2015 e per 1.841,97 da un cinese, M. Z., titolare di una tabaccheria in via S. Maria del Buon Consiglio, di proprietà di una società sottoposta a confisca poiché riconducibile a Vincenzo Alvaro. Quei soldi, che la ragazza farà girare, in realtà provengono da due società la Novecento srl e la Tortuga srl, a capo di alcuni bar per i quali la giovane lavorerà, che - come scriverà il gip - «si sono viste sistematicamente sottrarre ingenti importi dai ricavi generati dall'esercizio delle attività commerciali».

 

ndrangheta sindaco cosoleto

In sostanza la figlia del boss su mandato dello stesso prelevava dalle società dei soldi per i «propositi criminali dell'Alvaro di realizzare - è scritto ancora nelle carte - manovre fraudolente per favorirne gli interessi economici». Vincenzo Alvaro comandava e la figlia eseguiva senza domande: «Ehi papà dimmi» dice Palmira quando il padre la chiama al telefono (è il settembre 2017) «se mi fai una ricarica di mille euro nella Postepay». «Ci sono mille euro in contanti lì?» prosegue il boss.

 

operazione contro ndrangheta 3

La figlia controlla ma in uno dei locali delle due società ci sono «sei!... Seicento pà!». Palmira Alvaro «concorreva a svuotare i conti correnti» della società Novecento srl «previa comunicazione al padre - è scritto nell'ordinanza - dell'importo massimo disponibile per eseguire la transazione e compiendo poi la ricarica sulla carta Postepay indicata attraverso il terminale Sisal installato presso il bar Pedone. Non solo, riscuoteva direttamente le somme trasferite sulle carte a lei intestate e le trasferiva in contanti ai correi, impedendo in questo modo una diretta tracciabilità della movimentazione finanziaria».

il boss vincenzo alvaro con la figlia

 

Compartecipe anche la madre della ragazza e moglie del boss che ha continuato a gestire il bar Pedone anche dopo l'esecuzione del sequestro penale. Gli inquirenti arriveranno dunque a cristallizzare «Una fedele esecuzione - si legge ancora nell'ordinanza - senza alcun tipo di dubbio o di obiezione sollevata». Come si confà alle figlie devote.

cafe de parisndrangheta a roma

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…