ladro panifici 2

CHE GRAN FIJO DE ‘NA PAGNOTTA – L’INSOSPETTABILE LADRO CHE RUBA PANE E FOCACCE NEL CENTRO DI MILANO. BECCATO DALLE COMMESSE, NON GLIENE VA DRITTA UNA. E’ DISPERATO: “NON HO UN EURO, È LA PRIMA VOLTA CHE LO FACCIO, HO UN FIGLIO DA MANTENERE. AVEVO UN’IMPRESA MA POI…” (CHISSÀ SE DAVVERO ERA LA PRIMA VOLTA CHE RUBAVA E CHISSÀ SE FACEVA L’IMPRESARIO…)

Andrea Pasqualetto per corriere.it

 

LADRO PANIFICI 5

Marcella è sempre tranquilla, dietro il suo bancone. L’altro giorno, sorpresa: molla i clienti, esce agitata dal panificio, dà un’occhiata lontano e prende a correre, lei che non è esattamente una gazzella e neppure una ragazzina. S’incunea, sgomita, brontola. Ma cosa le succede oggi?

 

Siamo in corso Vercelli, via milanese di bei negozi, compreso il suo: el Prestin del Cantun all’angolo con via Cherubini. Poco dopo si sente un trambusto e lei che urla: «Si vergogni!». Tutti si fermano a guardare la scena, decisamente anomala per questo quartiere borghese. Dall’altra parte della strada un uomo si allontana e la manda al diavolo a gesti.

 

 Come dire: ma piantala. Marcella la pianta e torna sui suoi passi stringendo qualcosa sotto il braccio. «Pensa te, per una pagnotta!... e fa anche il signore!», continua a imprecare con il fiatone. Sotto il braccio ha la pagnotta che evidentemente l’altro le ha restituito quando lei gli è piombata da dietro. Stranezza: l’uomo è elegante, cappotto nero, cappello. Si dilegua fra la gente in direzione opposta a quella del panificio. Non fugge, non corre, cammina di buon passo e sembra infischiarsene degli sguardi stupiti che gli piantano addosso.

LADRO PANIFICI 4

 

La tecnica

Incuriositi, lo seguiamo. Chi sarà costui? Un signore ben vestito che ruba una pagnotta. Perché? Fatto qualche isolato, il misterioso ladro gira l’angolo di piazzale Baracca e venti metri più in là s’incolla alla vetrina di Bollani, piccolo e antico panificio con le focacce fumanti che mettono l’acquolina in bocca. Mister X, mascherina bene alzata, entra. Lo vedi parlare con la giovane panettiera e quando lei gli dà le spalle, eccolo entrare in azione.

 

Allunga una mano nel vicino scaffale e prende qualcosa che infila nella tasca. La commessa gli serve una focaccia e, appena si gira, rieccolo: agguanta un minuscolo cesto che cerca di nascondere un po’ goffamente. Si avvia all’uscita ma, prima di aprire la porta, si accorge di noi. Allarme. Si ferma, indaga l’intruso per qualche lunghissimo secondo. Non sa più cosa fare e sembra spaventato. Sceglie di uscire: «Qui passa il tram?», chiede. Non facciamo in tempo a rispondergli che dal negozio esce la ragazza: «Scusi signore ma la marmellata non me l’ha pagata». «Ah già, perdoni, tenga qui», e le restituisce il cestino che teneva in mano.

 

 

LADRO PANIFICI 2

La fame

La marmellata, la pagnotta… Beccato due volte su due nel giro di dieci minuti. Insomma, non proprio un Arsenio Lupin. «Ho sbagliato», si giustifica. E si abbassa la mascherina quanto basta per addentare la focaccia calda continuando a scrutarci. Sembra davvero affamato. «Ho visto quel che ha fatto ma non si preoccupi», diciamo per tranquillizzarlo. Come ladro è insospettabile: rasato, cravatta, pantalone classico. Avrà una cinquantina d’anni. «Ci aveva provato anche di là…». Lui mangia, pensa e poi sospira: «È la prima volta, non ho più soldi…». Gli chiediamo se ha perso il lavoro e fa sì con la testa. «Avevo un’attività… e ho un figlio», sussurra con disagio e gli occhi umidi. Forse davvero non ha mai rubato prima.

 

«Che tipo di attività?». Continua a osservarci mentre finisce la focaccia. «Avevo un’impresa… mi scusi…», e se ne va salutando con un lungo sguardo che ha dentro tristezza e angoscia. Chissà se davvero era la prima volta che rubava e chissà se faceva l’impresario. Comunque sia, una cosa è certa: aveva fame. Nel panificio si discute della vicenda. «Ma chi era?», chiede la panettiera. «È rimasto disoccupato, dice che ha finito i soldi».

 

ladro panifici

«Non aveva l’aria del disperato, se me lo diceva la focaccia comunque gliela offrivo». Torniamo da Marcella e le raccontiamo cos’è successo. «Non ci credo! Veramente è andato anche da Bollani? Oh senti qua! — chiama la collega — E com’è finita?... Mi spiace, poteva chiedere e gliel’avrei data la pagnotta ma sembrava senza problemi, anzi, anche gentile, e mi sono sentita presa in giro». Ha davanti una cliente che dice la sua: «Forse si vergognava a mendicare il pane».

 

La solitudine

Rientrando salutiamo John, un simpatico africano che chiede sempre l’elemosina con il cappello. «Ma basta rompere le balle alla gente!», s’infastidisce un tipo lasciandolo smarrito. Forse non era mai successo a John, conosciuto e benvoluto da tutti. Insomma, scene inedite nella Milano del Covid. La fame di quell’uomo, le paure di John, una sconosciuta, crescente, muta solitudine.

panificio

 

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