Maurizio Crippa per “il Foglio”
Facendo finta di non mettere in conto le critiche o anche peggio che me ne verranno – il fianco è volutamente sguarnito: a molta gente un beluga malato (e ora morto) risulta di certo più simpatico di un Jovanotti che calpesta le aiuole – esporrò qualche impressione dubitativa sul dramma della Senna che mezzo mondo ha commosso. Il povero beluga, quattro metri e 800 chili, specie protetta di acque artiche che qualche motivo ha spinto per 130 km in un entroterra caldo, non suo, era stato bloccato da una chiusa verso Parigi.
E’ stato soccorso, curato. Ma non mangiava più e i farmaci non sembravano bastare. L’ultima sua notte è durata sei ore, il tempo per veterinari e volontari di provare a portarlo sulla costa. Non ce l’ha fatta. Per lui si erano mobilitati in tanti, per giorni, sub e barche, medici e attivisti, medicine e cibo. Al Tg3 Giovanna Botteri mi aveva colpito: una partecipazione emotiva ed esibita forse degna di miglior causa, di altri scenari di guerra. Così mi è sembrato. A poca distanza da dove i migranti annegano provando a passare la Manica. Niente contro il beluga, ma se si immaginasse di spendere anche solo la metà di soldi e affetto per ogni beluga umano che resta intrappolato nelle nostre chiuse, chissà.
bucha 2 migranti annegati nel rio grande nel 2019 corpi a bucha