mino pecorelli aldo moro licio gelli giulio andreotti tommaso buscetta tano badalamenti massimo carminati

COSA C’È DIETRO L’OMICIDIO PECORELLI? LA TRAMA OSCURA CHE METTE IN CONNESSIONE IL DELITTO MORO, LA P2 E LICIO GELLI, ACCUSATO DI AVER ORDINATO L’OMICIDIO DEL GIORNALISTA (CHE PER CINQUE MESI FU ISCRITTO ALLA LOGGIA MASSONICA) – GELLI FU INQUISITO INSIEME A CARMINATI, EX CAPO DEI NAR, MA IL FASCICOLO FU ARCHIVIATO FINO A QUANDO LE RIVELAZIONI DI PENTITI RIAPRIRONO LE INDAGINI: PEZZI DA 90 DI COSA NOSTRA E DELLA MAGLIANA VENNERO ACCOMUNATI AD ANDREOTTI, TIRATO IN BALLO DA TOMMASO BUSCETTA CHE RIVELÒ COSA GLI DISSE IL BOSS TANO BADALAMENTI: "PECORELLI FU ELIMINATO SU RICHIESTA DI ANDREOTTI PERCHÉ STAVA APPURANDO COSE COLLEGATE AL SEQUESTRO MORO…"

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

mino pecorelli 5

Del delitto Moro Mino Pecorelli scrisse molto, facendo capire di saperne anche di più. La sua agenzia di stampa OP s’era trasformata in settimanale pochi giorni dopo il sequestro del leader democristiano, e da allora cominciò ad avanzare dubbi, allusioni e domande che ricorrono tutt’oggi sui misteri (fondati o meno) intorno a quella vicenda. Ad esempio sul memoriale dell’ostaggio trovato dai carabinieri del generale Carlo Alberto dalla Chiesa il 1° ottobre 1978 e diffuso poco dopo, incompleto fino alla seconda scoperta, nello stesso covo brigatista, del 1990; già di fronte alla prima versione Pecorelli accennava a «memoriali veri e memoriali falsi», e a un documento «mal confezionato», con richiami criptici e incomprensibili al grande pubblico. Non invece ai selezionati destinatari dei suoi messaggi.

mino pecorelli 4

 

C’è chi dice che il direttore di quell’anomala agenzia divenuta rotocalco sia stato assassinato per questo, il 20 marzo 1979, a un anno e quattro giorni dal rapimento di Moro. Con quattro colpi di pistola calibro 7,65 silenziata, uno in pieno volto. Un omicidio senza testimoni — a parte sommarie descrizioni di un killer con l’impermeabile bianco e di presunti complici in attesa della vittima — eseguito con modalità più mafiose che terroristiche. Rivendicazioni ce ne furono, ma false. Gli avvertimenti e le minacce passate, invece, erano vere.

 

Troppi moventi Di possibili moventi, caso Moro a parte, c’era solo l’imbarazzo della scelta. Basta scorrere gli articoli di OP per leggere continui riferimenti agli scandali del tempo (Lockeed, Italcasse, Imi-Sir, Sindona e non solo), alle stragi, ai dossieraggi e alle trame del sottobosco politico romano, ai servizi segreti e alle loro guerre intestine, alla massoneria infiltratasi finanche in Vaticano.

aldo moro 2

Ambienti dove Pecorelli mostrava di muoversi con grande disinvoltura, probabilmente troppa. Nei quali c’era forse chi lo voleva morto e sicuramente chi continuò a muoversi per indirizzare o depistare le indagini. Da subito.

 

La sera del 22 marzo, un anonimo chiamò sul telefono di casa il procuratore di Roma Giovanni De Matteo, indicando il mandante del delitto in «tal Lucio Gelli, residente all’Hotel Excelsior di Roma, stanza 127». Ipotizzò pure un movente: «Rivelazioni fatte o da fare in merito al possesso di documenti esplosivi riguardanti alte personalità», forse collegate all’uccisione avvenuta tre anni prima del magistrato romano Vittorio Occorsio, che indagava sui contatti tra neofascisti, criminalità e massoneria.

licio gelli 2

Il procuratore De Matteo chiese accertamenti al colonnello dei carabinieri Antonio Cornacchia, il quale una settimana dopo comunicò che effettivamente all’ Excelsior alloggiava «tale Licio (non Lucio) Gelli, diplomatico. Nessuna controindicazione, almeno per il momento, è emersa nei suoi confronti».

Quando nel 1981 fu scoperchiata la Loggia segreta P2 guidata proprio da Gelli, il nome di Cornacchia comparve tra gli iscritti, dall’aprile 1980, nonostante lui abbia sempre negato; Pecorelli invece aveva aderito il 1° gennaio ’77, ma dopo 5 mesi si era dimesso con una risentita lettera inviata al Venerabile Maestro.

giulio andreotti 2

L’ombra di Gelli Anni dopo Licio Gelli fu accusato, fra l’altro, di aver ordinato l’omicidio di Pecorelli. Non per la segnalazione anonima al procuratore De Matteo, ma per altri elementi. Tra cui i duri attacchi rivolti da OP al Venerabile e alle sue manovre occulte, con riferimenti a dossier e rapporti ambigui nel mondo politico e militare. Un dato certo, che prescinde dell’esito dell’inchiesta.

mino pecorelli 1

 

Insieme a Gelli fu inquisito l’ex colonnello dei servizi segreti Antonio Viezzer (tessera P2 1618), mentre Valerio Fioravanti e Massimo Carminati — l’ex capo dei Nar accusato da alcuni pentiti dell’eversione nera, e il neofascista legato alla banda della Magliana — come presunti esecutori. Ma gli indizi non si tramutarono in prove, e nel 1991 il fascicolo finì in archivio. Finché l’anno successivo altri pentiti, stavolta di mafia e della criminalità romana, provocarono la riapertura delle indagini su Carminati. Con altri complici e mandanti: nomi importanti di Cosa nostra e della Magliana accomunati a quello di Giulio Andreotti, il sette volte presidente del Consiglio tirato in ballo da Tommaso Buscetta, il principe dei «collaboratori di giustizia» che aveva guidato Giovanni Falcone nei meandri della mafia ma solo dopo la morte del giudice decise di svelare i legami a più alto livello tra Cosa nostra e la politica romana.

tommaso buscetta

 

Ne scaturì un processo (celebrato a Perugia dopo che i pentiti della Magliana chiamarono in causa l’ex magistrato romano Claudio Vitalone) in cui furono tutti assolti, salvo la parentesi di una condanna in appello per Andreotti e il boss Tano Badalamenti, annullata definitivamente dalla Cassazione.

 

tano badalamenti

Secondo Buscetta, proprio Badalamenti gli aveva riferito che il giornalista era stato eliminato su richiesta dell’allora capo del governo perché stava «appurando cose politiche collegate al sequestro Moro»: ancora quell’azione brigatista così dirompente nella storia della Repubblica. A «chiamare» Carminati erano state invece le dichiarazioni dei pentiti della Magliana. Tra cui Fabiola Moretti, protagonista di una delle «collaborazioni» più contrastate: disse che Danilo Abbruciati, uno dei capi della gang ammazzato nel 1982, le parlò di una pistola in dotazione alla banda su cui c’era «l’abbacchio di Pecorelli»; espressione cruda ma efficace per indicare l’arma con cui fu ucciso il giornalista.

Che non è stata mai trovata, e rappresenta uno dei buchi neri di questa storia.

 

massimo carminati 4

Pistole e proiettili Sempre nel 1992 un altro «dichiarante» — il neofascista ergastolano Vincenzo Vinciguerra, mai pentito ma reo confesso della strage di Peteano — raccontò che Adriano Tilgher, suo ex «camerata» in Avanguardia nazionale, gli aveva confidato che un altro militante di An, Domenico Magnetta, chiedeva aiuto all’organizzazione per uscire dal carcere, minacciando altrimenti di consegnare agli inquirenti la pistola che sparò a Pecorelli. Ipotesi suggestiva, poiché Magnetta, nell’aprile 1981, era stato arrestato mentre cercava di passare il confine tra Italia e Svizzera insieme a Massimo Carminati.

Tilgher e Magnetta hanno smentito Vinciguerra, e i successivi accertamenti non hanno aggiunto riscontri. Comprese le comparazioni fatte tra alcune armi sequestrate nel 1995, che sarebbero state nella disponibilità dell’ex militante di An, e i bossoli recuperati sul luogo del delitto Pecorelli: due di marca Fiocchi e due Gevelot. Quelle pistole furono poi distrutte con regolare autorizzazione; non altrettanto i bossoli, uno dei pochi punti fermi di questo omicidio e allo stesso tempo un ulteriore mistero.

 

mino pecorelli 6

Le analisi sui due Gevelot, all’epoca piuttosto rari, dimostrarono la provenienza dei proiettili da uno stock della stessa marca scoperto nel 1981 in un deposito clandestino nascosto negli scantinati del ministero della Sanità; un arsenale al quale avevano accesso i banditi della Magliana e i neofascisti dei Nar. Oggi però quei bossoli sembrano spariti: negli archivi giudiziari non ce n’è più traccia, e non ci sono verbali di distruzione.

mino pecorelli 3

Restano le foto scattate all’epoca delle perizie, indizio sicuro (forse l’unico) su dove cercare gli assassini: in quel grumo fascio-criminale al servizio di interessi esterni, entrato in azione altre volte.

Ad esempio nel 1982, quando Abbruciati fu ucciso a Milano mentre sparava al vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone, altra oscura vicenda di stampo piduista.

Chi ce l’aveva mandato è rimasto un enigma anche per i suoi complici della Magliana.

 

Delitto su commissione L’omicidio del direttore di OP sembra avere lo stesso marchio del delitto su commissione. Nel 2023 gli avvocati di Rosita Pecorelli, sorella del giornalista, hanno chiesto la riapertura delle indagini a carico di Fioravanti, sulla base delle considerazioni svolte dai giudici di Bologna nelle ultime sentenze sulla strage del 2 agosto 1980 che lo additano come un killer per conto terzi. Strada strettissima e impervia, dove è difficile scorgere reali elementi di novità.

mino pecorelli 7

Il pomeriggio del 20 marzo ’79 Rosita andò a trovare il fratello in redazione, insieme alla figlia che festeggiava il compleanno. Lui le confessò di sentirsi stanco ma sollevato dalla promessa di un finanziamento con il quale sarebbe stato in grado di saldare tutti i debiti, e in un paio d’anni contava di ritirarsi per condurre una vita più tranquilla.

Non fece in tempo, qualcuno ancora sconosciuto aveva fretta di chiudergli la bocca.

massimo carminatimassimo carminatimino pecorelli 8massimo carminati

licio gelli 4giulio andreotti 1giulio andreotti 3aldo moro 1licio gelli 1licio gelli 3mino pecorelli 2

Ultimi Dagoreport

dagospia 25 anni

DAGOSPIA, 25 ANNI A FIL DI RETE - “UNA MATTINA DEL 22 MAGGIO 2000, ALL’ALBA DEL NUOVO SECOLO, SI È AFFACCIATO SUI COMPUTER QUESTO SITO SANTO E DANNATO - FINALMENTE LIBERO DA PADRONI E PADRINI, TRA MASSACRO E PROFANO, SENZA OGNI CONFORMISMO, HAI POTUTO RAGGIUNGERE IL NIRVANA DIGITALE CON LA TITOLAZIONE, BEFFARDA, IRRIDENTE A VOLTE SFACCIATA AL LIMITE DELLA TRASH. ADDIO AL “POLITICHESE”, ALLA RETORICA DEL PALAZZO VOLUTAMENTE INCOMPRENSIBILE MA ANCORA DI MODA NEGLI EX GIORNALONI - “ET VOILÀ”, OSSERVAVA IL VENERATO MAESTRO, EDMONDO BERSELLI: “IL SITO SI TRASFORMA IN UN NETWORK DOVE NEL GIOCO DURO FINISCONO MANAGER, BANCHIERI, DIRETTORI DI GIORNALI. SBOCCIANO I POTERI MARCI. D’INCANTO TUTTI I PROTAGONISTI DELLA NOSTRA SOCIETÀ CONTEMPORANEA ESISTONO IN QUANTO FIGURINE DI DAGOSPIA. UN GIOCO DI PRESTIGIO…”

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…