matteo renzi carlo calenda osho

DOPO LA BATOSTA ALLE EUROPEE, RENZI HA CAPITO CHE DEVE FARSI DA PARTE A BRACCETTO CON CALENDA: "LA COSTRUZIONE DI QUESTA CASA LIBERALE DEVE ESSERE PORTATA AVANTI DA PERSONE NUOVE, DIVERSE DA CHI HA FATTO FALLIRE IL TERZO POLO. NON SI PUÒ RIPARTIRE DA CAPO CON I PROTAGONISTI DELLE RECENTI TELENOVELAS" - MATTEONZO PUO' TENERSI STRETTO IL RUOLO DI CONFERENZIERE (BEN RETRIBUITO) - FILIPPO CECCARELLI MARAMALDEGGIA SU RENZI E CALENDA, “CHE HANNO FATTO LA FINE DEI CAPPONI DEL MANZONI”, E SULLA “TRAGICOMICA SVENTURA DEL TERZO POLO DELL’AUTOLESIONISMO A GETTONE...”

RENZI, COSTRUIRE CASA LIBDEM SENZA I PROTAGONISTI DEL TERZO POLO

matteo renzi - carlo calenda - meme by osho

(ANSA) - "Certo, fa male restare fuori per un niente. Soprattutto fa male perché ho visto la vostra forza: in quattro circoscrizioni quasi duecentomila persone hanno scritto il mio nome. La verità è che la nostra comunità esiste, c'è, è forte. Ma se vogliamo incidere di più questa comunità da sola non basta". Lo scrive nella sua enews il presidente di Italia Viva Matteo Renzi.

 

"Occorre andare oltre - aggiunge - ricostruendo quel cantiere riformista che Azione ha inspiegabilmente distrutto un anno fa. Ormai non serve più rivangare il passato anche perché è evidente a tutti chi è stato a rifiutare la coraggiosa proposta di Emma Bonino per gli 'Stati Uniti d'Europa': se fossimo andati tutti insieme avremmo oggi sette parlamentari europei riformisti, non solo sovranisti. Potevano essere sette e invece sono zero. Peccato".

 

renzi calenda

"Oggi - prosegue - l'importante è utilizzare quello che è successo come messaggio per il futuro. Personalmente credo che il percorso, necessario, per la costruzione di questa casa libdem, riformista e popolare debba essere portata avanti da persone nuove, diverse da chi ha fatto fallire il Terzo Polo. Non si può ripartire da capo con i protagonisti delle recenti telenovelas".

 

RENZI E CALENDA COME I CAPPONI DI MANZONI: LA NEMESI DEI DUE LITIGANTI

Filippo Ceccarelli per www.repubblica.it - Estratti

 

L’essenza della politica italiana è, specie in certi momenti, tragicomica. Della tragedia, per fortuna, le nostre interminabili beghe evocano più che le dolorose conseguenze la certezza di una fine ampiamente prevedibile e anzi preannunciata. Tutti cioè, a cominciare dagli stessi protagonisti, continuando con gli operatori dei media per concludere con i curiosi e gli sfaccendati, sanno benissimo che andrà a finire male. Ma niente, i primi attori intignano.

CARLO CALENDA E MATTEO RENZI

 

E qui precisamente s’inserisce il potere della commedia con le sue inesauribili maschere e caratteri, nel caso di Renzi e Calenda troppo simili fra loro per non garantire un divertimento al quadrato. Il disastro elettorale delle loro liste, superbamente battezzate con nomi altisonanti (Stati Uniti d’Europa e Azione) rientra in questo perfido schema, ripetitivo addirittura nei dettagli, a loro volta tali da innalzare alle cronache vere e proprie sincronicità degne di Jung.

 

Per cui sia l’uno che l’altro, fedeli ai manierismi emozionali e anche un po’ ruffiani di questo tempo molto social, si sono presentati al seggio con i loro figli diciottenni, Ester Renzi e Giulia Calenda, al loro primo voto che certamente ricorderanno, forse anche come una lezione di vita, prima che di democrazia.

 

CARLO CALENDA E MATTEO RENZI

Ma non è questo il punto. Ci si arriverebbe piano piano e non senza far osservare, con scrupolo che può suonare pietistico, che Calenda è persona cortese e simpatica, oltre che certamente in buonafede (e infatti non mancherà di farsi tatuare, come promesso in caso di sconfitta, le stelline europee sul polso o nei pressi); così come Renzi, che tatuaggi non ha e gentile non è mai stato, possiede senz’altro coraggio, fiuto politico e una lingua veloce che nei talk non conosce rivali.

 

Solo che li frega entrambi un tale narciso, una così estesa autostima e un demone di superbia talmente allenato e invasivo da sbaragliare qualsiasi virtù — e infatti zàcchete!, patapunfete! — orfani l’uno e l’altro senza nemmeno la consolazione del mal comune mezzo gaudio.

TEMPTATION ISLAND - MEME BY EMILIANO CARLI

 

Così l’esito di un obiettivo sconsolatamente sfiorato, come pure insidiosamente agognato a discapito del rivale, assomiglia per tutti e due a una sorta di castigo divino, però buffo e perfino istruttivo, simul stabunt simul cadent, con l’aggravante di un milione e mezzo di voti, mica bruscolini, bruciati sull’altare delle rispettive idiosincrasie e dei relativi preziosissimi propositi di vendetta con la degna partecipazione di radicali, profughi democrats, ex craxiani e berlusconiani di seconda mano.

 

(...)

 

Per farla breve, il permanente bisticcio aveva già più che stufato nell’autunno del 2022, allorché ci si continuava a chiedere, fra Renzi e Calenda, chi avesse fregato chi. Sennonché, insieme al tragicomico, anche il seriale è roba che qui da noi va moltissimo, perciò con diligente ritrosia, scavallato il 2023 e quasi una metà del 2024 si è arrivati alle due liste, che magari secondo loro avrebbero superato questo benedetto 4 per cento: non è forse la politica dei pretesi mattatori e dei leaderissimi immaginari l’arte del possibile?

matteo renzi e carlo calenda si evitano al meeting di renew europe 2

 

Il guaio supplementare è che le cronache non rendono il senso dell’apologo e della punizione che trasmette. Così ci si attacca ad antichi ricordi ginnasiali, Renzo che nei Promessi sposi reca all’Azzeccagarbugli dei capponi vivi, le cui zampe Agnese ha legate con lo spago “come un mazzo di fiori”.

 

E lungo la strada li porta a testa in giù, pure agitandoli e sbatacchiandoli, nervoso com’era, ma quelli “intanto si ingegnavano a beccarsi l’uno con l’altro, come accade troppo sovente fra compagni di sventura”. I polli di Renzi e Calenda, o la tragicomica sventura del Terzo Polo dell’autolesionismo a gettone.

MALEDETTO IL GIORNO CHE T'HO INCONTRATO - RENZI E CALENDA BY MACONDO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…