gino girolimoni

ER MOSTRO DE ROMA, LA DRAMMATICA STORIA DI GINO GIROLIMONI! IN PIENA EPOCA FASCISTA, IL FOTOGRAFO CHE ALL’EPOCA AVEVA 38 ANNI FU ACCUSATO DI AVER VIOLENTATO 7 BAMBINE E DI AVERNE UCCISE 5. NONOSTANTE NON CI FOSSERO PROVE A SUO CARICO, L’UOMO VENNE SEMPRE IDENTIFICATO CON IL PEDOFILO E ASSASSINO - PERCHÉ SI È DOVUTO INCARCERARE UN INNOCENTE? PERCHÉ QUEL COGNOME È STATO MALEDETTO? IL COMMISSARIO DOSI INDIVIDUO' IL VERO COLPEVOLE IN UN OSCURO PRELATO INGLESE: RALPH LYONEL BRYDGES. MA MUSSOLINI… - IL LIBRO

Testo di Alessandro Gorza* pubblicato da corriere.it - Estratti

 

il mostro di roma il caso girolimoni cover

 

Tra il 1924 e il 1927, Roma è terrorizzata da un’ombra che si aggira per i vicoli più poveri del centro, a ridosso del colonnato del Bernini che cinge piazza San Pietro. Sette bambine vengono rapite e violentate. Solo due si salveranno, portando per sempre addosso i segni delle violenze subite.

 

I giornali non fanno che parlare del «mostro». Il secondo caso, quello di Bianca Carlieri, solleva indignazione in tutto il Paese. I titoli a effetto non si contano, una manna per Mussolini: negli stessi giorni, una voce grida tutta la sua rabbia in Parlamento, prima di finire assassinata. È quella di Giacomo Matteotti, e se viene zittita dalle urla di innocenti bambine che riempiono le pagine dei giornali, meglio così.

 

Poi, succede qualcosa. All’improvviso, la stampa cambia direzione. Va tutto bene nel Bel Paese: l’Italia è forte, sana e pronta a rivendicare il proprio ruolo nella Storia, pronta a tornare dove già fu.

Il duce ordina: l’agenzia stampa Stefani, l’unica accreditata a diffondere le notizie da riportare sui giornali, esegue. Le testate, per complicità o per paura, si inginocchiano. La cronaca nera quasi scompare dalle pagine dei quotidiani e del mostro di Roma si perdono le tracce.

gino girolimoni 59

 

Ma un mostro - uno solo? - continua ad agire in città: ci sono altre vittime, altri brutali scempi di bambine innocenti. La polizia è sotto pressione; il suo capo, Arturo Bocchini, non sa che fare: continuano le retate di poveracci, straccioni, i rifiuti di quella società perfetta che non poteva contare fra i propri componenti un seme così malato.

Eppure, tutti i testimoni descrivono il rapitore come un uomo ben vestito, elegante, un “paino”, come veniva definito un tipo per bene a Roma.

 

La svolta arriva nel 1927: viene arrestato Gino Girolimoni, intermediario per alcuni avvocati, scapolo, figlio di nn.

L’agenzia Stefani pubblica comunicati stampa che glorificano la polizia e descrivono nei minimi dettagli le perversioni del mostro Girolimoni. Foto private in prima pagina, elucubrazioni lombrosiane, titoli che inneggiano alla pena di morte.

Peccato che Girolimoni sia del tutto estraneo ai fatti e, malgrado depistaggi e false testimonianze, in meno di un anno il caso si sgonfia e crolla anche sotto i colpi dell’indagine parallela del super poliziotto Dosi, agente alle dirette dipendenze del Ministero dell’Interno, convinto di aver trovato il colpevole in un oscuro prelato inglese: Ralph Lyonel Brydges.

giuseppe dosi

 

Gino Girolimoni esce da Regina Coeli ignaro di quello che nel frattempo è successo: la sua vita è distrutta, reinventata per le bocche fameliche del popolo che cerca una strega da mettere al rogo.

Non verrà mai riabilitato, probabilmente per ordine diretto di Mussolini: la polizia romana già ha fallito nel dare la caccia al mostro, non si debba anche raccontare questo sbaglio madornale sui giornali.

 

La vita di Gino Girolimoni finisce qui. Poi, solo sopravvivenza ai margini della città.

Al suo funerale, nel 1961, poche persone seguono il feretro. Tra loro, quel Dosi che lo salvò da una condanna ingiusta.

 

 

 

Perché si è dovuto incarcerare un innocente? Perché quel cognome è stato maledetto?

gino girolimoni 34

Un capro espiatorio andava trovato e, come insegna René Girard: «La violenza inappagata cerca e finisce sempre per trovare una vittima sostitutiva». E questa furia ha fatto addirittura del cognome dello sfortunato Gino un epiteto offensivo: fino a una trentina d’anni fa non era raro, per le strade romane, sentir dire di qualcuno «è un Girolimoni». Qualcuno a cui si voleva dare del satiro, del pedofilo, magari anche solo per scherzo.

 

 

Gino Girolimoni è la sfortunata vittima sacrificale di una storia che ha dell’incredibile, i cui protagonisti sono personaggi da romanzo: l’agente Dosi, che in vita ha gabbato D’Annunzio, conosciuto le alte pareti di un manicomio, ha scritto libri e dato il nome all’Interpol; il prelato pedofilo Brydges, fuggito chissà dove, dopo aver molestato e - forse - ucciso bambine e ragazzine, e tanti altri.

 

gino girolimoni 56

Sono passati cent’anni. In mezzo, guerre, la creazione e caduta dei totalitarismi europei, la nascita delle democrazie oggi in profondissima crisi. In questi cento anni la popolazione mondiale è passata da 2 a 8 miliardi di individui; il mondo è così cambiato che dire “un secolo fa” suona come parlare di guerre puniche: una distanza enorme che sfuma la realtà.

 

Eppure, gli eventi determinanti di questa vicenda hanno messo in moto ingranaggi che ancora girano: allora si è sviluppato il controllo delle masse attraverso l’informazione; lì sono nate le «fake news» di cui tanto discutiamo ai giorni nostri.

 

Tutto è cambiato, ma invidie, carrierismo, genuflessioni e bugie - ciò che ha determinato la parabola della vita dell’innocente Gino Girolimoni - no. Forse perché, come diceva Konrad Lorenz, «l’anello di congiunzione da tanto tempo cercato tra gli animali e l’essere umano siamo noi».

gino girolimoni 23

 

Sono passati cent’anni, il mondo è un altro. L’uomo, purtroppo, ancora no.

 

 

*Alessandro Gorza è uno scrittore emergente: è autore de Il mostro di Roma, Giunti Editore da settembre in libreria.

gino girolimoni 11gino girolimoni 33

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…