giovanni brusca

GIOVANNI BRUSCA HA OTTENUTO UNA CASA IN UNA LOCALITÀ SEGRETA, UNA NUOVA IDENTITÀ E QUELLA CHE TECNICAMENTE SI CHIAMA INDENNITÀ DI MANTENIMENTO. OSSIA UNO STIPENDIO DA PARTE DELLO STATO (IN GENERE L'INDENNITÀ PER I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA VARIA TRA I MILLE E I MILLE E 500 EURO LA MESE. PIÙ ALTRI 500 EURO PER OGNI FAMILIARE A CARICO) - LO STATO GLI PAGHERÀ ANCHE L'AFFITTO, LE SPESE MEDICHE E, NEL PROGRAMMA DI PROTEZIONE, POSSONO ESSERE INCLUSI ALTRI BENEFIT…

1 - IL FIGLIO 30ENNE, L'INDIRIZZO SEGRETO LA NUOVA VITA DEL PENTITO BRUSCA

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

giovanni brusca

Con la donna che era con lui la sera dell' arresto, venticinque anni fa, la storia è finita da tempo, durante la detenzione c'è stato il divorzio. Con il figlio, invece, il rapporto è rimasto. L'ha lasciato che era un bambino di cinque anni, l'ha visto crescere dal carcere, si sono incontrati più volte durante i permessi di cui il pentito ha potuto usufruire. Ora quel bambino è diventato un uomo, e rappresenta l'ultimo legame di Giovanni Brusca con la vita di un tempo. Adesso ne comincia un'altra, piena di incognite, tutta da pianificare e costruire assieme agli angeli custodi del Servizio centrale di protezione, l'ufficio che si occupa dei collaboratori di giustizia.

 

L'ex mafioso divenuto il simbolo dei killer di Cosa nostra, l'assassino che ha fatto esplodere la bomba di Capaci e ha dato l'ordine di strangolare Giuseppe Di Matteo (figlio del pentito che lo accusò della strage), ha chiuso i conti con la giustizia ma mantiene il proprio legame con lo Stato che continuerà a vigilare sulla sua sicurezza.

GIOVANNI BRUSCA

 

E programmare con lui un futuro ancora incerto. La scarcerazione per «fine pena» era prevista per l'autunno o poco prima, ma gli ultimi calcoli su un altro segmento di liberazione anticipata a cui il detenuto aveva diritto hanno provocato un'accelerazione inattesa. E sono rimasti tutti spiazzati, Brusca e chi deve continuare a occuparsi di lui.

Adesso c'è un periodo di libertà vigilata, con obbligo di firma settimanale, orari controllati e pernottamento fisso.

 

Bisognerà scegliere un luogo dove vivere che offra sufficienti garanzie, soprattutto di sicurezza. Un'abitazione, ma anche un contesto in cui possa mimetizzarsi, senza destare sospetti e curiosità che possano svelarne la vera identità. E poi si cercherà di trovargli un lavoro, in modo da integrare lo «stipendio» previsto dal programma di protezione. Dettagli tecnici e operativi da definire in fretta, per i tempi anticipati del «fine pena».

GIOVANNI BRUSCA

 

Fa tutto parte del contratto che il pentito ha sottoscritto con le istituzioni, il patto che lo Stato ha siglato per ottenere la collaborazione di uno dei killer più fidati della mafia corleonese, ma divenuto uno dei pentiti-simbolo dell' antimafia; forse il più importante e significativo della nuova era, dopo la stagione dei Buscetta, Contorno e Marino Mannoia.

Anche per questo Brusca continua ad essere un obiettivo di Cosa nostra, o di quello che ne resta.

 

Lui è il primo a saperlo, e il primo ad essere consapevole che dovrà guardarsi dalle vendette; il conto con lo Stato è chiuso, quello con la mafia no. E non lo sarà mai. Lo ha raccontato lui stesso, qualche anno fa, in un'intervista per un documentario franco-tedesco sui corleonesi, ricordando il momento della sua affiliazione davanti a Totò Riina, alla presenza di suo padre Bernardo capomafia di San Giuseppe Jato: «Mio padre mi dice "entra che Riina ti vuole parlare". Entro, Riina mette sul tavolo un coltello e una pistola incrociati, una santina e un ago, e mi dice "questa è un' organizzazione in cui siamo tutti fratelli, un' associazione che ha le sue regole, se ci si separa ci si rimette la vita"».

GIOVANNI BRUSCA

 

Quel giorno Giovanni Brusca divenne «uomo d'onore», carica che ha mantenuto fino al giorno delle prime dichiarazioni davanti ai magistrati, nell' estate del 1996. Ma i dubbi su Cosa nostra avevano cominciato ad assalirlo già prima, quando con il suo carico di stragi e di morti ammazzati per ordine di Riina, capì che anche lui poteva fare la stessa fine, morto ammazzato su ordine di Riina. Temeva quello che svelerà un altro pentito, Salvatore Cancemi, il quale disse che il «capo dei capi» aveva commissionato l'omicidio di Brusca e di Salvuccio Madonia.

 

GIOVANNI BRUSCA

Una volta finito in carcere, i tempi per saltare il fosso e tradire Cosa nostra sono stati rapidi. Consumato e smascherato in pochi giorni un falso pentimento concordato in precedenza per delegittimare l'antimafia, nel giro di qualche settimana Brusca diede agli uomini della Squadra mobile palermitana guidati da Luigi Savina (futuro vicecapo della polizia) le indicazioni utili ad arrestare il boss Carlo Greco; e subito dopo Pietro Aglieri, boss in ascesa e salito in cima alla lista dei ricercati. Erano le garanzie di affidabilità richieste dagli investigatori, che convinsero i magistrati della sua attendibilità.

 

È in quel momento che si salda il patto tra il killer e lo Stato: indicazioni per ottenere arresti e dichiarazioni per infliggere condanne (che sono arrivate a centinaia, come le vittime assassinate) in cambio di protezione e sconti di pena. Il suggello è arrivato con il verdetto che ha tramutato l'ergastolo in trent' anni, una pena a termine giunta a compimento.

 

Ma il tribunale della mafia sconti non ne fa, e non c'è investigatore di ieri e di oggi che non sia certo del rischio che accompagnerà Brusca fino alla fine dei suoi giorni: incontrare qualcuno, fosse anche l'ultimo canazzo di bancata (espressione siciliana per indicare persone di infimo livello) con qualche aspirazione da boss, che voglia fargli pagare il suo tradimento.

 

GIOVANNI BRUSCA

2 - BRUSCA, IDENTITÀ PULITA E STIPENDIO DELLO STATO LA VITA DI UN BOSS LIBERO

Valentina Errante per “il Messaggero”

 

Dopo 25 anni di carcere il boss Giovanni Brusca da San Giuseppe Jato, può ricominciare. Oltre alla libertà, ha ottenuto una casa in una località segreta, una nuova identità, pulita, e quella che tecnicamente si chiama indennità di mantenimento. Ossia uno stipendio da parte dello Stato. I termini dell' accordo che Brusca ha firmato lunedì, prima di lasciare la cella di Rebibbia, sono noti solo al Servizio centrale di protezione del ministero dell' Interno.

 

Documenti riservati, anzi classificati, perché Brusca non è un collaboratore di giustizia da poco. L' impegno riguarda però anche il boss, che dovrà rispettare regole precise. Tra l' altro, per quattro anni, sarà sottoposto al regime di libertà vigilata. Probabilmente l' obbligo di dimora, nel luogo segreto dove adesso risiede.

 

santino giuseppe di matteo

Ovviamente non dovrà tornare a delinquere e non potrà violare alcune regole previste dal programma di protezione al quale ha aderito. Ieri, mentre infuriavano le polemiche sulla sua scarcerazione, il boss che ha azionato il telecomando di Capaci, era ancora «frastornato», ha contattato il suo avvocato Antonella Cassandro, per ringraziarla del lavoro svolto. Poi e sparito. Fino a tre giorni fa neppure lui sapeva della scarcerazione anticipata. Anche il legale, da oggi, avrà bisogno di un' autorizzazione per incontrarlo. Non dovrebbe essere così per i familiari stretti.

 

L'INDENNITÀ

Dal 2000, Brusca, in carcere percepiva un piccolo stipendio per provvedere alla famiglia. Adesso che è libero ci sono accordi precisi a regolare la sua nuova vita. Anche un mantenimento garantito dallo Stato. In genere l' indennità per i collaboratori di giustizia varia tra i mille e i mille e 500 euro la mese. Ai quali vanno aggiunti altri 500 euro per ogni familiare a carico.

Giuseppe Di Matteo

 

Ma Giovanni Brusca è da solo, con la moglie, sposata nel 2002, quando era già in carcere, ha divorziato alcuni anni fa. E il figlio, nato dall' unione della coppia prima dell' arresto, è oramai adulto. Ma lo Stato, paga al boss anche l' affitto, le spese mediche e, nel programma di protezione, possono essere inclusi altri benefit. Strumenti che dovrebbero servire al collaboratore di giustizia, che oramai ha 63 anni, a reinserirsi nella società e a trovare un lavoro. La rinuncia al programma di protezione e quindi a vantaggi economici, se mai avverrà, prevederà comunque una sorta di liquidazione.

 

LE POLEMICHE

Una collaborazione con la giustizia ancora avvolta da molte ombre quella di Brusca. Continua ad aleggiare il sospetto che abbia coperto alcuni favoreggiatori e che non abbia mai rivelato dove fosse il suo tesoro. La liberazione del boss sanguinario, che agli inquirenti non ha saputo neppure dire quanti omicidi avesse commesso, suscita reazioni contrastanti.

 

Giuseppe Di Matteo

L'avvocato Cassandro ribadisce: «Ha scontato la pena interamente in carcere ed espiato la sua colpa», ma sulla liberazione si dividono anche i parenti delle vittime. Maria Falcone (tra l' altro citata dal segretario del Pd Enrico Letta) ammette che la scarcerazione «è stata un pugno nello stomaco», ma ricorda che la legge applicata è stata voluta anche da suo fratello Giovanni e «ha consentito tanti arresti», sulla stessa linea la mamma e il fratello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell' acido dal boss: «Umanamente non si potrà mai perdonare. Ma abbiamo fiducia nella magistratura che ci è stata sempre vicina. Brusca ha ucciso Giuseppe, ma espiato la pena nel rispetto della legge», dicono.

toto riina con carlo alberto dalla chiesa

 

Molto dura la vedova del capo scorta di Falcone, Tina Montinaro che si è detta delusa dallo Stato. E mentre la magistratura difende la legge sui pentiti, il leader della Lega Matteo Salvini suggerisce di cambiarla, mentre la presidente dei senatori di Fi Annamaria Bernini e Giorgia Meloni, leader di Fdi, parlano di «schiaffo alle vittime».

TOTO RIINAbarillari toto' riina

Ultimi Dagoreport

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

luigi lovaglio giuseppe castagna giorgia meloni giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone milleri monte dei paschi di siena

DAGOREPORT - È VERO, COME SOSTENGONO "CORRIERE" E “LA REPUBBLICA”, CHE L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA È “PERFEZIONATA E IRREVERSIBILE”? PIU' SAGGIO ATTENDERE, CON L'EVENTUALE AVANZAMENTO DELL'INCHIESTA GIUDIZIARIA MAGARI (IERI ED OGGI SONO STATI PERQUISITI GLI UFFICI DEGLI INDAGATI), QUALE SARÀ LA RISPOSTA DEGLI INVESTITORI DI PIAZZA AFFARI (GIA' MPS E' STATA MAZZOLATA IN BORSA) - POTREBBERO ANCHE ESSERCI RIPERCUSSIONI SUL COMPAGNO DI AVVENTURE DI CALTARICCONE, FRANCESCO MILLERI, CHE GUIDA L'HOLDING DELFIN LA CUI PROPRIETÀ È IN MANO AI LITIGIOSISSIMI 8 EREDI DEL DEFUNTO DEL VECCHIO - MA IL FATTO PIÙ IMPORTANTE SARA' IL RINNOVO AD APRILE 2026 DELLA GOVERNANCE DI GENERALI (PER CUI È STATA ESPUGNATA MEDIOBANCA) E DI MPS DEL LOQUACE CEO LUIGI LOVAGLIO (VEDI INTERCETTAZIONI) - INFINE, PIÙ DI TUTTO, CONTANO I PASSI SUCCESSIVI DELLA PROCURA DI MILANO, CHE PUÒ SOSPENDERE L’OPERAZIONE DELLA COMBRICCOLA ROMANA FAVORITA DA PALAZZO CHIGI SE INDIVIDUA IL RISCHIO DI REITERAZIONE DEI REATI (DA PIAZZA AFFARI SI MOLTIPLICANO LE VOCI DI NUOVI AVVISI DI GARANZIA IN ARRIVO PER I "FURBETTI DEL CONCERTINO''...)

putin witkoff marco rubio donald trump zelensky

DAGOREPORT – SI ACCENDE LA RIVOLTA DEL PARTITO REPUBBLICANO CONTRO TRUMP - I DANNI FATTI DA STEVE WITKOFF (SOTTO DETTATURA DI PUTIN), HANNO COSTRETTO L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A METTERE IN CAMPO IL SEGRETARIO DI STATO MARCO RUBIO CHE HA RISCRITTO IL PIANO DI PACE RUSSIA-UCRAINA - CON IL PASSARE DELLE ORE, CON UN EUROPA DISUNITA (ITALIA COMPRESA) SUL SOSTEGNO A KIEV, APPARE CHIARO CHE PUTIN E ZELENSKY, TRA TANTE DISTANZE, SONO IN SINTONIA SU UN PUNTO: PRIMA CHIUDIAMO LA GUERRA E MEGLIO È…

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?