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GOMORRA SUL LITORALE – E’ MORTO IL BOSS ALBANESE COLPITO IN SPIAGGIA A TORVAIANICA - LE SUE CONDIZIONI DI SALUTE SI SONO IMPROVVISAMENTE AGGRAVATE IERI GLI SPARI DOMENICA IN UNO STABILIMENTO: I KILLER ERANO ARRIVATI IN SELLA A UNA MOTO LE MODALITÀ DELL'AGGUATO LASCIANO POCHI DUBBI SUL FATTO CHE SIA MATURATO ALL'INTERNO DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA. NEGLI ULTIMI ANNI, LA SCALATA DELLA MAFIA DELL'EST È STATA INARRESTABILE

Da il Messaggero

 

torvaianica agguato

È morto Selavdi Shehaj, detto Simone, l'albanese di 38 anni, a cui un sicario vestito da runner ha sparato alle spalle in spiaggia domenica mattina a Torvaianica. Lo straniero è deceduto ieri all'ospedale San Camillo dove le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate. Selavdi non riusciva più a respirare autonomamente ed era stato intubato dai medici. Chi ha sparato per uccidere, dunque, è riuscito nel suo intento.

 

Secondo gli inquirenti l'albanese che pochi mesi fa aveva finito di scontare i domiciliari dopo essere stato arrestato nell'estate del 2017 dai carabinieri di Torvaianica dopo avere consegnato in auto cinque chili di marijuana a degli acquirenti locali, avrebbe osato invadere altri territori.

 

E per questo potrebbe essere stato punito a suon di piombo. Sul caso indagano i magistrati della Direzione distrettuale antimafia. L'agguato era avvenuto intorno alle 10,30. Simone era in spiaggia, nello stabilimento Bora Bora formalmente intestato alla compagna italiana.

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All'improvviso un uomo vestito in pantaloncini aderenti e scarpe da jogging, con una bandana e la mascherina sul volto, ha aperto il fuoco contro di lui che era chinato sulla battigia. Il killer è poi scappato via a bordo di uno scooterone dove l'attendeva il complice. I carabinieri stanno visionando le immagini registrate dalle telecamere poste sul lungomare, specialmente quella a 360 gradi installata sul non distante edificio della Polizia locale.

 

Il sospetto è che Simone, che si era attestato come il principe della piazza di spaccio sul tratto di litorale pometino, possa avere tentato di aumentare la propria zona di azione, azzardando con la sua banda un'invasione di territorio su lidi ancora più a Sud del Lazio e già ben controllati. Le modalità dell'agguato lasciano pochi dubbi sul fatto che sia maturato all'interno della criminalità organizzata. L'albanese, dopo i domiciliari, potrebbe essersi rimesso subito in affari e avere progettato piani criminali ambiziosi mentre si godeva il sole al Bora Bora dove i sicari erano sicuri di trovarlo.

 

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Negli ultimi anni, la scalata della mafia dell'Est è stata inarrestabile. Gli albanesi si sono distinti come corrieri affidabili, pronti a percorrere migliaia di chilometri in auto con doppifondi imbottiti di droga da portare in Italia, Roma uno dei terminali preferiti. Gli albanesi cominciano, negli anni, a figurare nelle inchieste che riguardano sodalizi criminali di rango. Sono al fianco dei Casalesi transfughi a Roma e nella periferia sud tra Ostia e Acilia.

 

Si distinguono come boxeur e nel recupero crediti, si organizzano in batterie, come quella di Ponte Milvio vicina al defunto Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, il capo ultras della Lazio ucciso anche lui da un killer vestito da runner nell'agosto del 2019 nel parco degli Acquedotti a Cinecittà.

 

In un'intercettazione Fabrizio Fabietti, amico fraterno del Diablo e arrestato nell'ambito della maxi-operazione Raccordo Criminale spiega: «Ci sono sti albanesi pezzi di me... cornuti che sono magari muoiono tutti vengono, lo fanno per mezzo punto (500 euro di guadagno al chilo ndr)... la vanno a prendere loro fuori, se la portano loro, capito come fanno». Chissà se, sul litorale, Shehaj non abbia finito per invadere il territorio o rovinare gli affari di qualcun altro.

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