andrea muccioli vincenzo letizia moratti

“C'ERA VIOLENZA A SAN PATRIGNANO MA ERA UNA GUERRA” - IL RACCONTO DEL FIGLIO DI VINCENZO MUCCIOLI, ANDREA: “HO VISTO UN RAGAZZO PUNTARE UN COLTELLO IN PANCIA A MIO BABBO, AVEVO 16 ANNI. E SÌ, IN QUEL PERIODO LUI DI SCHIAFFONI NE HA DATI. IL DOCUMENTARIO DI NETFLIX? FALSIFICA LA STORIA. QUANDO PRESI LE REDINI DELLA COMUNITA', ANDAI DA GIAN MARCO E LETIZIA MORATTI A RESTITUIRE IL MILIARDO DI LIRE CHE AVEVANO DATO A MIO PADRE PER ASSICURARE AI SUOI FIGLI UN FUTURO. LUI LI CHIAMAVA "I DALLAS". NEL 2011 LASCIAI SAN PATRIGNANO PERCHÈ VENNE MENO LA FIDUCIA RECIPROCA CON I MORATTI. NON ERO D'ACCORDO CON LE LORO SCELTE POLITICHE E FINANZIARIE. VOLEVANO IL CONTROLLO DELLA COMUNITÀ E MI HANNO DESTITUITO. IL MESSAGGIO FU: SE RESTA LUI..."

ANDREA MUCCIOLI

Fabio Cutri per il “Corriere della Sera”

 

«Ho visto un ragazzo puntare un coltellaccio in pancia a mio babbo, avevo 16 anni. E sì, in quel periodo lui di schiaffoni ne ha dati non pochi. Sapevo anche dei ragazzi incatenati perché non fuggissero. Certo che la violenza c'era a San Patrignano, stiamo parlando di una guerra. Una guerra che però è stata vinta con la forza dell' amore». Andrea Muccioli, figlio e per 18 anni successore di Vincenzo, è uno dei protagonisti di SanPa , il documentario di Netflix che racconta le origini della celebre comunità di recupero riminese.

 

«Beh, non lo definirei proprio un documentario. È pura e semplice fiction. Cerca l' effetto "pulp" creando più ombre possibili intorno alla figura del protagonista. Ci riesce benissimo, ma ne falsifica la storia, il pensiero e il modello».

 

LETIZIA MORATTI E ANDREA MUCCIOLI

Racconta dei fatti, ripercorre i processi, ci sono le testimonianze.

«Racconta alcuni fatti. In questi giorni sono subissato di telefonate di ex ospiti e dei loro genitori che mi dicono che quella non è la realtà che hanno vissuto. Mio padre in 17 anni ha accolto 8 mila persone. La Procura di Rimini raccolse le testimonianze di 200 persone: sono il 2,5%. La storia di San Patrignano non può essere guardata solo da questa prospettiva».

 

Quindi lei pensa che i metodi coercitivi usati in quegli anni siano incidenti di percorso?

«Non lo penso. Credo anzi che siano stati errori gravissimi. Ma quando parliamo di San Patrignano non parliamo della Caritas, con tutto il rispetto. Parliamo di un percorso drammatico di accoglienza di giovani, i tossicodipendenti degli anni '80, che distruggevano le loro famiglie ed erano abbandonati dallo Stato. Venivano da contesti violenti e sarebbe stato inimmaginabile gestirli con la violenza. Perché la violenza la conoscevano e la esercitavano meglio di te. Come si fa a pensare di poter tenere insieme non dico mille persone, ma anche solo dieci con la forza? Scherziamo? Ecco, a proposito di fatti: la riprova di quello che dico sono le centinaia di bambini che i tribunali di tutta Italia ci diedero in affidamento».

ANDREA MUCCIOLI E LETIZIA MORATTI

 

I critici di Vincenzo Muccioli descrivono un padre padrone che ha costruito un metodo terapeutico incentrato sul suo carisma.

«Lui per primo si definiva un padre, e a volte questa cosa gli è sfuggita di mano. È vero. Lo ripeto, gli ho visto mollare ceffoni. Ma attenzione: non ha mai autorizzato nessun altro a farlo. "Un fratello non alza mai le mani su un suo fratello" diceva. Lui voleva essere una figura forte di riferimento perché i ragazzi riacquistassero la fiducia e il rispetto in se stessi».

 

gian marco e letizia moratti con vincenzo muccioli

Qual è stato il suo errore?

«Voler salvare tutti. L'accoglienza incondizionata ha un prezzo alto da pagare. Lui questo non lo accettava e così facendo a volte ha dato ai ragazzi una responsabilità più grande di quella che erano in grado di gestire. "Metto un letto a castello in più e ci arrangiamo" diceva di fronte alle centinaia di persone accampate fuori dal cancello. Ha aperto troppo rispetto alle nostre capacità organizzative. Il risultato è che ha delegato anche persone impreparate a gestire ragazzi in difficoltà».

vincenzo muccioli 2

 

Nel '93 si scoprì che un ospite, trovato cadavere in una discarica napoletana, era stato ucciso di botte dentro San Patrignano e poi trasportato in Campania. Suo padre prima affermò di non averne mai saputo nulla, poi cambiò versione. A lei cosa disse in quei giorni?

«Alla notizia che Roberto Maranzano era morto in comunità reagì dicendo che una cosa del genere non era possibile, e io gli credetti. Quando venne fuori che sei mesi dopo il delitto, nell' 89, lui era stato informato, fu come se mi fosse scoppiata una bomba in faccia».

RED RONNIE VINCENZO MUCCIOLI

 

Perché suo padre non denunciò subito?

«Era in corso il processo per le catene, dal quale fu poi assolto. Credo temesse che su San Patrignano si abbattesse un colpo letale».

 

Come furono quei mesi?

«Estenuanti. Arrivai a scontrarmi duramente con lui, perché ritenevo sbagliato aprire San Patrignano alla stampa. Eravamo sotto attacco e dentro la comunità c'erano giornalisti ovunque, sempre. La pressione era troppa, ma mio padre era convinto di poter gestire tutto a suo favore grazie al potere mediatico che aveva. Alla fine si ammalò, e la depressione lo ha strangolato. "Devo morire io perché San Patrignano continui a vivere" mi confessò».

 

RED RONNIE VINCENZO MUCCIOLI

Walter Delogu, suo autista e guardia del corpo, il grande accusatore, quello che lo registrò di nascosto mentre Muccioli parlava di eliminare persone scomode, racconta che lo stesso Muccioli gli aveva promesso centinaia di milioni in regalo ma non mantenne l'impegno. Perché dare cifre simili a un autista?

«Delogu non aveva altre capacità che guidare la macchina. L'errore più grosso fu quello di dargli una pistola, la stessa che aveva addosso quando venne a chiedere soldi a mia madre. È stato condannato per estorsione. Il denaro? Mio padre di promesse ne ha fatte tante, lo avrebbe aiutato a farsi una vita fuori, ma forse la sua idea era di farlo gradualmente. La registrazione? Chiacchiere da bar, il babbo era fatto così, eccedeva spesso nel linguaggio».

RED RONNIE VINCENZO MUCCIOLI

 

Si racconta che a molti ospiti non fu comunicato che fossero sieropositivi. Una cosa taciuta dai vertici anche per anni.

«Improvvisamente scoprimmo che in una comunità di 2 mila persone, 3 su 4 erano sieropositivi. Se lo avessimo detto a tutti nello stesso momento sarebbe stato il caos. Abbiamo scelto di comunicarlo uno ad uno, prendendo tempo. A distanza di anni? Ovviamente no. Io, per inciso, giocavo tutti i giorni a basket con ragazzi che sapevo essere sieropositivi».

ANDREA MUCCIOLI E LETIZIA MORATTI

 

Dopo la morte di suo padre, nel '95 lei prese in mano le redini della comunità.

«Non lo avrei voluto. Furono la comunità e i suoi finanziatori a scegliermi. Ribadii le regole stabilite da Vincenzo Muccioli: uno, mai ricevere soldi né dalle famiglie né dallo Stato; due, nessun finanziatore esterno deve intervenire nella gestione della comunità e dei ragazzi».

VINCENZO MUCCIOLI

 

Moratti compresi?

«Certo. La prima cosa che feci fu andare da Gian Marco e Letizia e restituire il miliardo di lire che loro avevano dato a mio padre per assicurare ai suoi figli un futuro dopo San Patrignano, dal momento che si era spogliato di tutti i suoi beni e noi non possedevamo nulla».

 

Un gesto generoso da parte loro.

«Mio padre li chiamava i Dallas, erano molto amici. Dall' 82 in poi hanno fatto tanto per San Patrignano, e lo hanno frequentato assiduamente: come ospiti però, mai come volontari con i ragazzi né come fondatori».

andrea muccioli

 

Nel 2011 cosa è successo?

«È venuta meno la fiducia reciproca. Io non ero d' accordo con le loro scelte politiche e finanziarie, i Moratti volevano prendere il controllo della comunità. Così mi hanno destituito. Il messaggio alla comunità fu: se resta lui, chiudiamo i rubinetti. Mi sono ritrovato a dover ripartire da zero con una famiglia sulle spalle. Oggi faccio il consulente per il terzo settore e l' enogastronomia. Non ho rimpianti».

vincenzo muccioli 1

 

L' amarezza più grande legata a Sanpa?

«Il giorno in cui mia mamma e io andammo a prendere le spoglie di mio padre per portarle via da lì. Un' amarezza? Un dolore enorme».

 

Chi era Vincenzo Muccioli?

«Una montagna di uomo, con due mani grandi e degli abbracci che ti inghiottivano.

Considerava tutti i ragazzi che soffrivano parte della sua famiglia, li chiamava i miei figli. Io ero uno di loro. Oggi (ieri, ndr ) avrebbe compiuto 87 anni».

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