“HO FATTO UN LUNGO PERCORSO DI ACCETTAZIONE DEL MIO CORPO” -  QUALCUNO DICA A EMILY RATAJKOWSKI DI SMETTERE DI FRIGNARE PARLANDO DEL SUO FISICO E CHIEDETELE COSA DOVREBBE FARE UNA DONNA CHE NON HA IL TEMPO DI POTERSI DEDICARE A CREMINE E MASSAGGI: “LA MIA CARRIERA O IL MODO IN CUI APPAIO NON MI HANNO PROTETTO DA ESPERIENZE PARTICOLARI, ANZI FORSE PROPRIO IL CONTRARIO” – E POI SCENDE DAI TACCHI E ANNUNCIA UNA COLLABORAZIONE CON…

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Camilla Gusti per “il Messaggero”

 

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Modella americana, attrice e attivista, 30 anni, Emrata (il suo diminutivo social di un account da 29 milioni di follower) ha iniziato la sua carriera giovanissima sfilando per grandi marchi e realizzando poi la sua linea di costumi Inamorada. Lo scorso novembre si è conquistata la stima di milioni di donne con il libro The Body dove racconta come è cambiato il rapporto con il suo corpo sul lavoro e nella vita privata. Da questa stagione firma una collezione realizzata in tandem con Superga.

 

Come è nata?

«In modo molto naturale. Camminavo per le strade di New York con un paio di Superga: le uso da sempre nel mio tempo libero e a maggior ragione adesso che ho mio figlio ne apprezzo ancora di più la comodità e l'understatement.Il brand lo ha notato e mi ha chiesto di collaborare con loro».

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Cosa sente di avere in comune con una griffe che ha più di 100 anni di storia?

«Superga è uno di quei marchi che fanno parte della vita di tutti noi praticamente da sempre. Anche se magari non le indossiamo sempre, perché abbiamo uno stile meno asciutto e più classico, è impossibile non riconoscerle. La loro capacità di essere senza tempo è qualcosa a cui ambisco anche io nel mio piccolo. Inoltre, amo tantissimo l'Italia e mi rende sempre molto felice lavorare con brand di questo Paese».

 

Il suo pezzo preferito di collezione?

«Mi piace la semplicità della classica sneaker 2750 a cui abbiamo arrotondato i lacci».

 

Qual è il suo stile quando scende dai tacchi?

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«Non è sempre lo stesso: è in continua evoluzione. Mi piace Versace e sono anche una grande fan del duo di Proenza Schouler. Ma mi lascio anche conquistare dalla creatività dei designer emergenti».

 

Ha iniziato a lavorare nella moda da giovanissima, com' è cambiato il settore oggi?

«Adesso si gioca molto sulla diversità. Prima non era così, gli stereotipi di bellezza erano sempre quelli e sulle passerelle vedevi sfilare solo un certo tipo di donna. C'è ancora molta strada da fare ma mi fa piacere vedere come gli stilisti puntino sempre di più su generi, personalità e fisicità diverse».

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E il suo invece qual è?

«Non ne ho uno preciso. Per me la bellezza non è rappresentata solo da qualità fisiche ma anche da altre componenti come la sicurezza in sè stesse e una forte personalità».

 

Lei non è solo stilista ma ha fatto anche l'attrice ed è un'attivista molto apprezzata. Accumulare molte esperienze diverse le ha insegnato a fronteggiare anche le critiche?

«Sicuramente all'inizio della carriera non è semplice, e la giovane età gioca a sfavore. Poi capisci come funziona e diventi consapevole del fatto che è impossibile compiacere tutti e inizi a concentrati solo sulla tua felicità, anche se io ho sempre saputo che avrei fatto a modo mio».

 

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A un certo punto sembra che la bellezza le si sia rivoltata contro, quasi come una maledizione, come lei stessa racconta nel suo libro My Body.

«Ho voluto descrivere il lungo percorso di presa di consapevolezza e accettazione del mio corpo. Penso che ogni donna abbia un suo My Body nel cassetto. La mia esperienza è personale e unica, anche se è stata amplificata in qualche modo perché ho trasformato il mio corpo facendone il mio lavoro».

 

Perché questo libro?

«Volevo raccontare la mia lotta nei confronti del successo, la difficoltà di controllare tutto, la sfida della felicità. Volevo che le donne che mi avevano visto al centro dell'attenzione pubblica si rendessero conto di quello che ho guadagnato e di quello che ho perso. Volevo spiegare che la mia carriera o il modo in cui appaio non mi hanno protetto da esperienze particolari, anzi forse proprio il contrario».

 

Cosa significa per lei emancipazione?

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«Pensavo che l'emancipazione venisse dall'essere completamente indipendente. Adesso so che è molto più complicato di così».

 

Il ricordo più bello e quello più brutto?

 «II ricordi peggiori sono legati a quelle volte in cui sono stata molto dura con me stessa e ho interiorizzato le critiche che leggevo online. I ricordi migliori sono legati a tutte le persone che vengono da me a dirmi che hanno apprezzato il mio libro».

 

Dove si vede tra 20 anni?

«Spero di essere circondata dalle persone che amo e lavorare a progetti con gente che ammiro».

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