maria falcone giovanni falcone

“NEPPURE DOPO LA SUA MORTE, SI SONO RASSEGNATI GLI SCIACALLI” – A 30 ANNI DALLA STRAGE DI CAPACI, MARIA FALCONE, SORELLA DEL GIUDICE UCCISO DALLA MAFIA, SI TOGLIE QUALCHE MACIGNO DALLE SCARPE: “COSSIGA MI CONSIGLIÒ DI NON ANDARE OLTRE NELLA MIA RICHIESTA DI ESSERE ASCOLTATA DAL CSM. ANDREOTTI, DOPO AVER SOTTOLINEATO L'ASSENZA AI FUNERALI DI GIOVANNI IN CONTRAPPOSIZIONE CON QUELLI DI SALVO LIMA, MI RIMPROVERÒ DI ESSERMI PRESTATA A UNA STRUMENTALIZZAZIONE ANTIDEMOCRISTIANA. E A SINISTRA? WALTER VELTRONI MI CONVINSE A CANDIDARMI NEL PD, MA POI…”

Francesco La Licata per “la Stampa”

 

MARIA FALCONE

I familiari delle vittime della violenza mafiosa sembrano destinati a dover sopportare un dolore più acuto di quanti abbiano avuto perdite in altri ambiti. Alla ferita del danno subìto, molto spesso si è aggiunta la frustrazione, il senso di impotenza di fronte alla giustizia negata.

E per questo li abbiamo visti sempre in prima linea nella difesa di una memoria che non può essere cancellata perché senza memoria è impossibile la ricerca della verità.

Maria Falcone, sorella e cognata dei due magistrati uccisi a Capaci insieme con tre dei poliziotti di scorta, è certamente tra quelli che questa «missione» la portano avanti da sempre, certamente sin dal giorno in cui il tritolo sull'autostrada le ha aperto un mondo che mai e poi mai pensava di dover conoscere.

 

L'EREDITA' DI UN GIUDICE MARIA FALCONE LARA SIRIGNANO

Sono passati trent' anni da quel 23 maggio del 1992, un tempo intimamente lunghissimo, ma mai la «professoressa Maria» ha dato segni di stanchezza o di cedimento, anche di fronte all'altalenarsi dell'impegno antimafia di cittadini e istituzioni, anche di fronte alle inevitabili delusioni che una simile battaglia può offrire. Tutto questo segmento di vissuto adesso, Maria Falcone, lo ha voluto «chiudere» in una sorta di diario che racconta la sua «nuova vita», nata dalle macerie di Capaci. Ne è venuto fuori un libro emozionante scritto per Mondadori, con l'aiuto della giornalista Lara Sirignano: «L'eredità di un giudice», «Trent' anni in nome di mio fratello Giovanni».

 

E allora, cominciamo dal titolo. Perché questo racconto a distanza di tre decenni?

«Il tempo trascorso mi sembra quello giusto per una riflessione su ciò che è accaduto, a me, alla mia famiglia, alla mia terra e al Paese intero. La storia di Giovanni Falcone non appartiene più soltanto agli affetti familiari, ciò che lui è stato, la sua eredità in termini di esempio, di etica e correttezza istituzionale, è entrata a far parte di un patrimonio collettivo ormai intoccabile. Gli stessi strumenti giuridici lasciati a chi è venuto dopo rappresentano una ricchezza che ci viene invidiata e copiata da molte legislazioni di Paesi anche più progrediti del nostro. Ecco l'eredità del giudice».

giovanni falcone

 

Un ruolo fondamentale in questa difesa della memoria di Giovanni Falcone è da attribuire alla Fondazione nata subito dopo la strage.

«Era troppo fresco il ricordo di quanto aveva dovuto subire Giovanni in vita, ingiustizie, avversione politica e professionale, calunnie e bugie, per non aver chiaro che bisognava costruire una protezione forte alla memoria di mio fratello. La Fondazione nacque per volere dei familiari più stretti e con l'ausilio di poche persone: il ministro Martelli, Liliana Ferraro, il rettore dell'epoca, Ignazio Melisenda, e Giannicola Sinisi che di Giovanni era stato stretto collaboratore al ministero. Passo dopo passo, è diventata un centro di aggregazione di uomini e donne di buona volontà e cuore pulsante di tante attività rivolte alla creazione e al sostegno di una coscienza antimafia».

MARIA FALCONE 1

 

Lei stessa è stata, per anni, protagonista di un instancabile giro per le scuole d'Italia.

«Sono stata e rimango convinta che una delle battaglie fondamentali da vincere è riuscire a strappare i giovani al fascino della "via breve", dei soldi facili e delle scelte "furbe". E nessuno sa meglio di me quanto difficile e impari sia la lotta contro il fascino del male, specialmente nelle zone più diseredate del nostro Paese».

 

Immagino sia andata incontro a più d'una delusione.

francesco cossiga giulio andreotti

«Certo: una volta, in una scuola della Campania, si alzò un ragazzino che parlò in difesa della mafia perché, a suo dire, assicurava lavoro e benessere. Disse che la stessa sopravvivenza era garantita dal boss del suo paese. Rimasi per un attimo paralizzata, poi gli spiegai che la sola cosa che i boss potevano garantirgli era il carcere e la morte. Ma è dura contrastare la suggestione della mafia buona».

 

Ci saranno stati, però, momenti più esaltanti, vero?

«Nel carcere di Rossano, in Calabria, dove un gruppo di detenuti aveva dipinto ottanta tele e aveva organizzato una mostra dal titolo emblematico: "La riconciliazione è possibile". Il ricavato delle vendite vollero donarlo alla Fondazione, certamente un bel segnale di speranza».

 

francesco cossiga giulio andreotti

Nel suo libro ricorda i momenti difficili di Giovanni a Palermo e a Roma. I «processi» al Csm, le «bocciature», l'astio dei colleghi e dei politici, il dolore terribile di quel 23 maggio dopo l'illusione della vittoria in Cassazione che confermava le condanne di primo grado al maxiprocesso. Un racconto davvero faticoso e doloroso.

«Neppure dopo la sua morte, si rassegnarono gli sciacalli. Anche cercando di disperdere quanto di buono il pool antimafia aveva creato in Sicilia e quanto Giovanni aveva reso "sistema" stando agli "affari penali" del ministero. Da vivo aveva subìto attacchi anche da persone insospettabili: Sciascia con la polemica sui professionisti dell'Antimafia (con lo scrittore però si chiarì) e Orlando che lo accusò di tenere le carte nei cassetti, come se mio fratello volesse nascondere la verità per mire politiche. Per non parlare degli attacchi sul Giornale di Sicilia e le critiche di semplici cittadini che lamentavano il continuo via vai di sirene della sua scorta».

giovanni falcone

 

Poi fu accusato di essersi venduto alla politica.

«Già. Io poi ho avuto contatti con alcuni politici e non sempre felici. Ricordo una lettera di Cossiga che, senza neppure troppa reticenza, mi consigliava di non andare oltre nella mia richiesta di essere ascoltata dal Csm e una risposta di Andreotti di cui avevo sommessamente sottolineato l'assenza ai funerali di Giovanni in contrapposizione con i funerali di Salvo Lima, dove invece era andato pure per difenderne l'onore macchiato dai sospetti di contiguità con la mafia. Andreotti mi scrisse quasi rimproverandomi di essermi prestata a una strumentalizzazione antidemocristiana. Cose da pazzi».

MARIA FALCONE

 

E la sinistra?

«Ricordo gli attacchi a Giovanni di grandi nomi della sinistra: Augias durante la trasmissione di Babele, la recensione di Sandro Viola su La Repubblica che gli rimproverava di aver scritto Cose di Cosa nostra quasi a voler chiedere: ma chi si crede di essere? E poi l'attacco di Pizzorusso che lo bocciava come candidato alla Procura nazionale perché troppo intimo di Claudio Martelli. Io stessa, in anni più recenti, ero stata convinta da Valter Veltroni a candidarmi nel Partito democratico. Misteriosamente, però, quando fu resa pubblica la lista dei candidati non conteneva il mio nome».

 

Per concludere, prof. Maria Falcone, non mi sembra sia molto presente dalle nostre parti una cultura dell'antimafia.

«Mi duole ricordare come, mentre in Italia si cercava di dimenticare il nome di Giovanni Falcone, negli Usa veniva eretto un busto nell'atrio della sede principale dell'Fbi. E quando chiesi al direttore della polizia federale cosa rappresentasse Giovanni per loro, mi rispose: "La personificazione del senso dello Stato". Atteggiamenti distanti dalla nostra politica. Ripenso, e finisco, a una riunione a Palermo nel terzo anniversario della strage per parlare di azioni di contrasto alla mafia. Invitammo, insieme con i leader di tutti i partiti, Silvio Berlusconi che rispose di non poter venire ma avrebbe mandato al suo posto l'avv. Previti. Non accettammo la sostituzione perché c'è un limite a tutto e così Berlusconi si liberò dagli impegni e venne».

cossiga andreottigiovanni falconegiovanni falcone sergio mattarellagiovanni falcone paolo borsellinogiovanni falconegiovanni falcone e paolo borsellinoclaudio martelli giovanni falconegiulio andreotti francesco cossiga

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…