Estratto dell’articolo di Orlando Trinchi per "la Stampa"
«Siamo a un bivio», scandisce il politologo Arie Kacowicz, professore di Relazioni Internazionali alla Hebrew University di Gerusalemme, riferendosi alle possibilità di un'escalation militare in Medio Oriente in caso di un fallimento dei negoziati in corso fra Israele e Hamas.
Professore, continuano i negoziati per un cessate il fuoco. È ottimista?
«Devo confessarle di essere piuttosto scettico al riguardo».
Netanyahu ha convocato una riunione del Gabinetto di Guerra per decidere «una vendetta per l'uccisione di sei ostaggi» a Gaza. Un brutto segnale per le possibilità di pace?
«Sì, davvero un brutto segnale per l'ottenimento di un cessate il fuoco».
Dobbiamo quindi considerare la possibilità di un'escalation militare con Iran e Hezbollah?
«Tutto dipenderà dall'esito dei negoziati. A questo punto l'Iran potrebbe non unirsi a Hezbollah e potremmo forse assistere a un tentativo da parte di Israele e Hezbollah di non degenerare in una guerra vera e propria. La situazione è estremamente volatile e solo un accordo su un cessate il fuoco a Gaza potrebbe portare un po' di calma».
Nuovi raid israeliani in Cisgiordania, mentre un'attivista turco-americana, Aysenur Ezgi Eygi, è stata uccisa durante una manifestazione contro l'occupazione. Si potrebbe assistere anche in questo caso al pericolo di un'escalation?
«Nonostante io non creda che si possa ravvisare al momento la possibilità di una vera e propria guerra in Cisgiordania, persiste il rischio concreto di un'escalation a causa dell'estremismo dei coloni».
Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha ipotizzato che l'Iran stia cercando di creare un fronte occidentale in Cisgiordania. È verosimile?
«Sì, in effetti potrebbe essere intenzione dell'Iran aprire un nuovo fronte».
Gli Usa sono pronti a offrire garanzie sulla tenuta del corridoio Filadelfia. Crede che questo potrebbe sbloccare le trattative?
«Netanyahu non vuole che né Hamas né l'Autorità Nazionale Palestinese controllino il corridoio di Filadelfia e il valico di frontiera internazionale di Rafah, ma che Israele gestisca quella che, di fatto, è un'occupazione militare della Striscia. È una catastrofe.
Immagino che gli Stati Uniti e gli altri mediatori rivogliano indietro l'Autorità Nazionale Palestinese, e Israele ha effettivamente firmato a novembre 2015 un accordo sulla possibilità di movimento attraverso il confine, mentre l'Anp avrebbe dovuto controllare il lato di Gaza del valico di frontiera di Rafah con l'Egitto, in cooperazione con l'Ue e con il monitoraggio indiretto da parte di Israele. Questo è il progetto, ma Netanyahu vi si oppone».
Attraverso la nona missione diplomatica del Segretario di Stato Antony Blinken, gli Stati Uniti si erano già ampiamente spesi per il cessate il fuoco. Da cosa dipese allora lo stallo?
«Da un lato, formalmente Blinken ha dichiarato, alla fine del suo incontro con Netanyahu, che il premier israeliano aveva accettato la "proposta ponte" tra le posizioni di Israele e quelle di Hamas riguardo ai progetti del 27 maggio, 31 maggio (discorso di Biden) e l'Unsc 2735 (2024) del 10 giugno. D'altro canto, Netanyahu ha poi affermato che Israele sarebbe rimasto nel corridoio di Filadelfia e in quello di Netzarim, il che contraddice le prospettive veicolate dai tre progetti. Il quadro, quindi, è ambiguo, e persino negli Usa ci sono state critiche alle osservazioni di Blinken, ritenuto eccessivamente ottimista».
Hamas punta alla liberazione di Marwan Barghouti. Una volta libero, potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel futuro politico della Striscia?
«[…] Ha la popolarità e la legittimità per diventare un leader capace di svolgere un ruolo cruciale nell'unire i palestinesi e fare pace con Israele sulla base di una soluzione a due Stati».
Secondo Hamas e gli oppositori israeliani di Netanyahu, il premier dello Stato ebraico starebbe ponendo nuove condizioni al fine di sabotare i negoziati. Qual è la sua opinione al riguardo?
«Permane un modello ricorrente per cui da gennaio il primo ministro Netanyahu ha sabotato gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco e un "accordo sugli ostaggi", in ossequio a considerazioni politiche finalizzate a mantenere integra la sua coalizione con due partiti di estrema destra. Netanyahu si è anche rifiutato di discutere qualsiasi piano sul "giorno dopo" la guerra».
Quali sono le sue conclusioni?
«Sto giungendo alla conclusione che Netanyahu, assieme a Sinwar, sia il principale responsabile dell'impasse. Sembra che, dall'inizio di luglio, Hamas sia stato pronto ad accettare il piano Netanyahu-Biden articolato in tre fasi, dal cessate il fuoco alla fine della guerra, e ora Netanyahu lo stia sabotando. Si tratta di una considerazione molto cupa, con conseguenze potenzialmente esiziali».
A suo avviso, perché Netanyahu sarebbe così determinato nel continuare la guerra?
«Netanyahu intende continuare la guerra per mantenere intatto il suo governo e, forse, attendere una possibile elezione di Trump a Presidente degli Stati Uniti d'America».
benjamin netanyahu con la mappa della striscia di gaza 1 conferenza stampa di benjamin netanyahu 4 Benjamin Netanyahu benjamin netanyahu con la mappa di israele (compresa la cisgiordania) e gaza 1 protesta contro netanyahu gaza 1 gaza 2 raid a gaza 3 raid a gaza 2 raid a gaza 1 raid a gaza 4 proteste contro netanyahu a tel aviv. proteste contro netanyahu a tel aviv PROTESTE CONTRO NETANYAHU A TEL AVIV proteste contro netanyahu a tel aviv. proteste contro netanyahu a tel aviv benjamin netanyahu con la mappa di israele (compresa la cisgiordania) e gaza
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