paolo vi moro 1

“PAPA PAOLO VI PROVO’ A SALVARE MORO” – IL GENERALE ANTONIO CORNACCHIA RACCONTA CHE A CASTEL GANDOLFO ERA PRONTO UN PACCO CON 10 MILIARDI DI LIRE, CHE SERVIVANO A PAGARE IL RISCATTO PER LA LIBERAZIONE DI MORO. SQUILLÒ IL TELEFONO, IL SEGRETARIO DI PAOLO VI TORNÒ PALLIDO E DISSE: "CI HANNO PRECLUSO DI CONSEGNARE QUESTO RISCATTO". ANNI DOPO SEPPI CHE IL DIETROFRONT VENNE DAL… - E ANDREOTTI...

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/gennaro-acquaviva-memories-quot-vera-trattativa-liberare-265859.htm

 

 

Manuel Fondato per "il Tempo"

 

paolo VI MORO 1

Antonio Cornacchia, generale in congedo dei Carabinieri, nel 1978, da colonnello, comandava il Nucleo investigativo di Roma dell'Arma. Ha indagato sul Caso Moro (fu lui ad aprire la Renault 4 rossa in via Caetani), sul delitto Pecorelli, sulla Banda della Magliana. Su questi argomenti ha pubblicato diversi libri, di cui l'ultimo, Giustizia non fatta, tratta le contraddizioni e i lati oscuri del rapimento e l'uccisione dello statista.

 

Generale, partiamo dall'arresto in Francia degli ex terroristi. Cosa ha provato a questa notizia?

paolo VI

«"Finalmente", ho pensato e subito dopo alle loro vittime. stata una bella giornata di giustizia, che diventa spesso un miraggio. L'intervento del governo francese smentisce finalmente Mitterand e la sua dottrina. Ora però bisogna andare a fondo e non vanificare questi arresti».

 

 

Torniamo a quel 9 maggio 1978, in cui lei è tra i primi a intervenire in via Caetani.

«È stato un giorno molto doloroso, avevo conosciuto Moro personalmente 10 anni prima, il 21 marzo 1968, quando venne a trascorrere la festività di San Benedetto a Norcia, dove ero comandante della Tenenza dei Carabinieri. Mai avrei immaginato che sarebbe toccato a me rinvenirlo cadavere. Mi trovavo a Trastevere, in Piazza Ippolito Nievo, la radio mi cercò chiamando Airone 1, il mio nome in codice. Era il colonnello Gerardo De Don no, che mi avvertiva di una macchina sospetta in via Caetani.

 

La raggiunsi in pochi minuti, a quel tempo non c'erano macchine, abitazioni, c'era solo un passaggio pedonale. Via Caetani era anche la sede della discoteca di Stato, interrogai gli impiegati che lavoravano lì e riuscii a collocare alle 8 meno 6 minuti l'orario esatto in cui i brigatisti parcheggiarono la Renault 4, occupando il posto riservato normalmente all'auto del funzionario.

paolo VI moro 19

 

L'abitacolo dell'auto era completamente vuoto, notai un plaid che copriva qualcosa di voluminoso nella parte posteriore. Non toccammo nulla in attesa degli artificieri, che però tardavano ad arrivare. Presi allora un rudimentale piede di porco, aprendo il cofano posteriore notai il presidente. Non dimenticherò mai il suo labbro, la lingua metà intrisa di sangue, indice di un'agonia non breve. Secondo l'autopsia soffrì dai 10 ai 15 minuti prima di spirare».

 

La linea della fermezza era giusta? Uno Stato può trattare con dei criminali?

«Le linea della fermezza era un'assurdità, ancora più assurdo che fosse stata decisa e proclamata il 16 marzo quando ancora le BR non avevano rivendicato agguato di via Fani».

generale antonio cornacchia

 

Le indagini non produssero molto. Si poteva salvare Moro attraverso un utilizzo mi Fiore delle Forze di Polizia?

«Noi Carabinieri navigammo nel buio, le indagini di polizia giudiziaria non avevano le tecnologie moderne, le indagini erano molto basate sull'empirismo, si zappava l'orto sul campo, come dicevamo tra noi. Mi resi presto conto pere) che molti remavano contro di noi e la Digos».

 

Dove sedevano quelli che remarono contro?

«Al Viminale crearono rapidamente tre comitati di crisi, di cui uno formato da esperti. Tra loro anche il professor Franco Ferracuti. Lui lo conoscevo bene, in quanto criminologo, assistente del professor di Tullio. Entrambi erano insegnanti di antropologia criminale alla Scuola Ufficiali dei Carabinieri.

 

Anni dopo Franco si aprì con me confessandomi che la linea iniziale del Comitato era quella di temporeggiare per poter contattare e scendere a patti con i vertici delle Br. Ma Andreotti e il Partito Stato non furono d'accordo. Il 18 aprile ci fu la certezza che Moro non sarebbe uscito dalla prigione, quel giorno fu un susseguirsi di coincidenze, ma io credo solo a quelle ferroviarie.

 

generale antonio cornacchia

La mattina si individua il covo di via Gradoli 96 interno 11 residenza di Moretti e Balzerani. Mi chiame) il comandante dei vigili del fuoco Elveno Pastorelli, arrivai per primo, con il collega Antonio Varisco e attendemmo Domenico Spinella capo della Digos, con cui procedemmo alla perquisizione e al ritrovamento di materiale fondamentale per le indagini. Mi chiamarono per recarmi nel lago della Duchessa, ma io lo conoscevo bene e sapevo che era gelato per molti mesi l'anno, quindi scelsi di rimanere a via Gradoli. Segui il finto comunicato, fatto da Chichiarelli, falsario della Banda della Magliana, che gli esperti ritennero vero. Pecorelli su OP disse subito invece che era falso. Andreotti a Tribuna Politica su Rai 2 ribadì ancora la fermezza. Al termine di quella giornata ebbi la consapevolezza che per Moro non c'era più nulla da fare.

 

Cossiga soffrì particolarmente, anche dal punto di vista fisico, l'impossibilità di salvare Moro. Lei ebbe modo di incontrarlo spesso. Come visse quei 55 giorni, colui che, dopo Andreotti, era l'uomo con più potere in quel momento?

GIULIO ANDREOTTI

«Cossiga voleva salvare Moro. Al Viminale sapevano dov'era la prigione, l'aveva scoperta il Generale Dalla Chiesa. Lui aveva allestito Unis, un contingente di 30 paracadutisti che aspettavano in via Aurelia, in attesa di avere l'ok per entrare in azione e liberare Moro. Fu un'attesa vana. Andreotti non diede mai il via libera e cercò di occultare la documentazione relativa a questa operazione. Ma gli incartamenti sono stati trovati dal Tribunale dei Ministri nel 1996, solamente che il Senato non concesse l'autorizzazione a procedere».

 

Chi altro tentò realmente di fare qualcosa di concreto per Moro?

craxi andreotti

«Sua Santità Paolo VI. Il 6 maggio, tre giorni prima del ritrovamento del corpo, mi recai a Castel Gandolfo con l'ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane don Cesare Curione e padre Enrico Zucca, cappellano anche del Noto Servizio cosiddetto anello, un servizio segreto parallelo: 167 uomini di cui si servirono tre presidenti del consiglio: Andreotti, Forlani e in parte anche Craxi. Incontrammo il segretario di Paolo VI monsignor Pasquale Macchi.

 

Era pronto un involucro con 10 miliardi di lire, che servivano a pagare il riscatto per la liberazione di Moro. Alle 19:35 squillò il telefono, Macchi andò a rispondere, tornò pallido e disse: "Ci hanno precluso di consegnare questo riscatto". Anni dopo seppi che era stato un elemento della loggia di Cristo Re in Paradiso, verosimilmente il dietrofront venne quindi dal Vaticano stesso, che proibì al Papa di salvare Moro. Il presidente non lo seppe mai, infatti scrisse: "Il Papa ha fatto pochino", invece il Papa fece tanto. Andreotti rimprovererà, se pur diplomaticamente, questa ingerenza».

cossiga andreotti

 

A chi faceva comodo la morte di Moro?

«La morte di Moro faceva comodo a tante persone. L'Italia aveva perso la guerra e ci eravamo illusi di sederci ai tavoli alla pari con gli alleati, invece dovevamo sottostare a certe condizioni, una di queste era che il Pci, il più grande dell'Occidente, stesse fuori dalle stanze dei bottoni.

 

aldo moro

Anche l'Unione Sovietica era contraria al fatto che un partito comunista potesse "democratizzarsi". Moro nel 1974 fu avvisato chiaramente durante il suo viaggio negli Stati Uniti che ci sarebbero state reazioni se avesse continuato ad avvicinarsi al Pci. Un funzionario americano a Roma, si riferì alla moglie di Moro, Eleonora, prefigurandole lo stesso destino di vedova di Jackie Kennedy».

 

Lei ha indagato anche sull'omicidio Pecorelli. La sua morte è connessa a quello che sapeva su Moro?

aldo moro

«Pecorelli ha pagato con la vita la sua ricerca della verità, toccando anche il partito a cui era vicino, la Dc, toccando chi gli dava informazioni, chi lo aveva sostenuto, OP. Pecorelli non guardava in faccia nessuno. Era andato a fare dichiarazioni in procura, mai rese note, il giorno in cui fu poi assassinato. Ho indagato per 7 mesi, sull'omicidio, ero presente in via Orazio quando trovammo il corpo; grazie alle indicazioni di Varisco, ucciso anche lui poco dopo, ho ricostruito l'identikit del killer che uccise con 4 colpi il giornalista. Sono ancora in attesa che la Procura mi risponda su alcuni temi che posi ai tempi».

 

Il ruolo della P2 è stato sovrastimato o fu reale?

aldo moro via fani

«La vicenda Moro viene definita sempre come un mistero, ma il mistero appartiene a un'altra categoria, mentre invece si tratta di un punto interrogativo al quale si continua a non voler rispondere. Io sono un avversario della dietrologia, nel caso Moro si usa sempre la dietrologia. Alcuni miei superiori erano iscritti alla P2, ma quello che Posso dire è che nessuno di loro mi ha mai dato indicazioni contrarie al corso corretto delle indagini, non ho mai avuto modo di dubitare di loro. Una volta Gelli mi disse: per sapere la verità su Moro bisognerà aspettare anni, quando saremo tutti morti, compresi io e lei».

aldo moro via caetaniALDO MOROaldo moroaldo moro brigate rossefrancesco cossiga e aldo moroaldo moroFrancesco Cossiga in via Caetani, davanti alla R4 con il cadavere di Aldo Moroaldo moromonsignor pasquale macchi

Ultimi Dagoreport

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...

villa casa giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

DAGOREPORT - AH, CHE STREGONERIA È IL POTERE: TRAFIGGE TUTTI. SOPRATTUTTO I PARVENU. E COSÌ, DA PALAZZO GRAZIOLI, CHE FU LA SEDE INFORMALE DI GOVERNO E DI BUNGA-BUNGA DI BERLUSCONI PREMIER, SIAMO PASSATI A "VILLA GRAZIOLI" CON LA NUOVA DOVIZIOSA DIMORA DELL’EX ABITANTE DELLA GARBATELLA, DOVE OCCUPAVA CON MADRE E SORELLA DUE DISGRAZIATE CAMERE E CUCINA - UN IMMOBILE CHE STA SOLLEVANDO UN POLVERONE DI POLEMICHE: VILLA O VILLINO? COL SOLITO AGOSTINO GHIGLIA CHE AVREBBE SOLLECITATO GLI UFFICI DELLA PRIVACY DI TROVARE UN MODO PER LIMITARE LE INFORMAZIONI DA RENDERE PUBBLICHE ALLA CAMERA, IN RISPOSTA A UN’INTERROGAZIONE DELLA BOSCHI SULLA RISTRUTTURAZIONE DELLA VILLA – LA SINDROME DI "IO SO' GIORGIA E NUN ME FIDO DE NESSUNO!" HA POI TRASFORMATO LA MAGIONE NEL SUO BUNKER PERSONALE, LONTANO DAGLI SGUARDI E ORECCHIE INDISCRETE CHE INFESTANO PALAZZO CHIGI - TUTTO BENE QUANDO VENGONO CHIAMATI A RAPPORTO I SUOI FEDELISSIMI, MOLTO MENO BENE QUANDO TOCCA AGLI ALTRI, AGLI “ESTRANEI” DELLA CONVENTICOLA MELONIANA. DAL CENTRO DI ROMA PER RAGGIUNGERE “VILLA GRAZIOLI” CI VOGLIONO, IN LINEA D’ARIA, BEN 40 MINUTI DI MACCHINA. ANCHE DOTATI DI SIRENE E LAMPEGGIANTI, È “UN VIAGGIO”…. - VIDEO

simone canettieri giorgia arianna meloni

DAGOREPORT - MASSÌ, CON I NEURONI SPROFONDATI NELLA IRRITABILITÀ PIÙ SCOSSA, ARIANNA MELONI AVEVA URGENTE BISOGNO, A MO’ DI SOLLIEVO, DELL’ARTICOLO DI DEBUTTO SUL “CORRIERONE” DI SIMONE CANETTIERI - MESSA DALLA SORELLA GIORGIA A CAPO DELLA SEGRETERIA DI FDI, ARIANNA NON NE HA AZZECCATA UNA - ALLA PARI DI QUALSIASI ALTRO PARTITO DI MASSA, OGGI FDI SI RITROVA ATTRAVERSATO DA UNA GUERRIGLIA INTESTINA FATTA DI COLPI BASSI, RIPICCHE E SPUTTANAMENTI, INTRIGHI E COMPLOTTI – DALLA SICILIA (CASINO CANNATA-MESSINA) A MILANO (AFFAIRE MASSARI-LA RUSSA), FINO AL CASO GHIGLIA-RANUCCI, DOVE IL FILO DI ARIANNA SI È ATTORCIGLIATO PERICOLOSAMENTE INTORNO AL COLLO - CHE LA SORELLINA NON POSSIEDA LA ‘’CAZZIMMA’’ DEL POTERE, FATTA DI SCALTREZZA E ESPERIENZA, SE N'E' AMARAMENTE ACCORTA ANCHE LA PREMIER. E PUR AMANDOLA PIÙ DI SE STESSA, GIORGIA L’AVREBBE CHIAMATA A RAPPORTO PER LE SCELTE SBAGLIATE: SE IL PARTITO VA AVANTI COSÌ, RISCHIA DI IMPLODERE… - VIDEO