giovanni falcone melillo filippo facci

“L’ANTIMAFIA È DIVENTATA UNA MAFIA” - FILIPPO FACCI: “LA SUPERPROCURA NON SERVE PIÙ A NIENTE. È UNO STRUMENTO COME L'ONU: SERVE ESSENZIALMENTE A DISTRIBUIRE POTERE, POLTRONE E DENARO. GIUNGENDO A FARE DANNI ALLA CAUSA PER CUI NACQUE" - "DIRLO È DIFFICILE: PERCHÉ OCCORRE RESISTERE ALL'ACCUSA DI OFFENDERE CHI PER COMBATTERE LA MAFIA SACRIFICÒ LA VITA. MA BISOGNA DIRLO LO STESSO. L'ANTIMAFIA, SENZA LA MAFIA CHE FU, È UNA FORMA DI POPULISMO CHE RESTA FUORI DALLO STATO DI DIRITTO COME NOI FINGIAMO DI NON SAPERE, MA IN EUROPA SANNO BENISSIMO…”

Filippo Facci per “Libero quotidiano”

 

FILIPPO FACCI

Il nuovo superprocuratore antimafia è stato eletto dal Csm grazie al solito giochino di correnti. La cosa più facile, ora, sarebbe ricordare che le superprocure furono invenzioni di Giovanni Falcone (realizzate col ministro Claudio Martelli) alle quali a suo tempo si opposero le stesse correnti e la peggior magistratura politicizzata di destra e di sinistra.

 

Tra il 1990 e il 1991 non si contano gli articoli dell'Unità, del Giornale, le puntate di Samarcanda, le posizioni del movimento «Proposta '88» (corrente dello stesso Falcone) e soprattutto di Magistratura Democratica che dell'eroe di Capaci scrissero cose orribili.

giovanni melillo

 

Anche lo sciopero dei magistrati del 2 dicembre 1991 fu indetto «contro Cossiga, Falcone e la sua superprocura», come sintetizzo Liana Milella del Sole 24 Ore. Giacomo Conte del pool antimafia di Palermo aveva definito la Dia «quanto di più deleterio sia stato pensato in tempi recenti», mentre Magistratura democratica, in quel dicembre 1991, denunciava un generico «disegno di ristrutturazione neo-autoritaria» mentre in una pubblica lettera (con sessanta firme, comprese quelle di Antonino Caponnetto e Paolo Borsellino) definivano la superprocura strumento «inadeguato, pericoloso e controproducente».

 

NICOLA GRATTERI

LA VITTORIA

La seconda cosa facile, ma neanche troppo, sarebbe osservare che Falcone fu tanto anticipatore quanto gli strumenti da lui creati appaiono oggi obsoleti: grazie a essi la battaglia contro la Mafia è stata sostanzialmente vinta, ma questo è un fatto innominabile. Lo Stato, ferito a morte e delegittimato da Mani pulite, riuscì a concertarsi tra ministeri e procure sino ad abbattere la mafia per com' era stata conosciuta.

 

giovanni falcone paolo borsellino

I capi di Cosa nostra e i loro sottoposti furono catturati, la struttura gerarchico-militare mafiosa fu demolita, ogni «cupola» fu dissolta al pari di un esercito di killer, estorsori, picciotti e prestanome rimasti disoccupati dopo ingenti sequestri di armi e droga e patrimoni economici e immobiliari.

 

Non ci furono più bombe, stragi e omicidi seriali: un conforto che solo qualche nostalgico può dimensionare oggi a «cambio di strategia», anche sedi fatto la presa sul territorio si allentò, i traffici internazionali calarono o passarono in prevalenza a organizzazioni non siciliane, i presunti eredi della mafia isolana intrapresero altro mestiere o si riconvertirono a riciclaggio, finanza, sanità ed energia eolica (in sostanza appalti), al pari di criminalità organizzate estere o anche italiane che oggi superano Cosa nostra nei primati dell'illegalità.

Giovanni Melillo

 

Molti processi antimafia, negli ultimi trent' anni, si sono ridotti ad archeologie giudiziarie votate a delegittimare lo stesso Stato o i pezzi dello Stato (come i carabinieri del Ros) che vinsero la battaglia finale: un'operazione reiterata, ma che il tempo ha dichiarato fallita.

La terza cosa, da dire, non è facile per niente: anche se le prime due fungono da scivolo logico.

FILIPPO FACCI

 

La citata superprocura antimafia e l'antimafia in generale, così come erano state disegnate e sono poi cambiate e degenerate, non servono più a niente per non dir di peggio. Sono strumenti come l'Onu, come la Fao: servono essenzialmente a distribuire potere, poltrone e denaro.

 

Giungendo - nel caso - a fare danni alla causa per cui nacquero. L'antimafia è diventata una mafia, un'emergenza fattasi istituzione, e dirlo è difficile: perché occorre resistere all'accusa di offendere chi per combattere la mafia sacrificò la vita. Ma bisogna dirlo lo stesso. L'Antimafia, senza la mafia che fu, è una forma di populismo che resta fuori dallo Stato di diritto come noi fingiamo di non sapere, ma in Europa sanno benissimo.

maxi processo

 

L'esempio più semplice riguarda la commissione parlamentare antimafia, che dal 1962 macina carta ed è ancora ufficialmente un organo della Procura generale presso la Cassazione: dovrebbe coordinare indagini e investigare per conto del ministero dell'Interno, ma non fa nulla del genere. In concreto non fa niente. Allo stesso modo - e qui si rischia il linciaggio in piazza - non servono a niente le associazioni antimafia che sul piano «sociale» vengono sovvenzionate dai ministeri dell'Interno e dell'Istruzione. Servono solo a tenere occupati dei nullafacenti.

 

mario draghi marta cartabia 1

Ma ancora più difficile, attenzione, è sostenere che l'Antimafia sia diventata una vero e proprio danno per il Paese, anche se nemmeno Mario Draghi e Marta Cartabia oserebbero pronunciare frasi del genere. Il certificato richiesto alle aziende che partecipano a un appalto pubblico, per cominciare, è un inferno burocratico da non credere.

 

ROVINATI NELL'ATTESA

marta cartabia

Quelle che chiamano «misure di prevenzione», estese anche alle indagini sulla corruzione, si traducono in una magistratura cui basta niente per confiscare aziende e immobili assai prima di una sentenza, che, come sappiamo, non arriva mai: basta la famigerata e discrezionale «pericolosità sociale» perché l'amministrazione giudiziaria e cioè le procure (che a loro volta delegano a chi vogliono) mandino in malora patrimoni e aziende che in maggior parte sono andati appunto in rovina e basta, sempre in attesa di una sentenza.

 

filippo facci

A un certo punto si decise di mettere in mezzo le prefetture e di centralizzare il tutto in quell'altro mostro burocratico che si chiama Agenzia nazionale per i beni confiscati (a Reggio Calabria) dove parcheggiare anche un sacco di personale senza particolare vocazione professionale: centinaia di dipendenti «antimafia» che assai spesso, di aziende e gestione delle stesse, sapevano e sanno nulla.

 

L'Agenzia il più delle volte è una sorta di cimitero in cui tutto muore o deperisce. E alla lunga questa pervasiva antimafiosità è diventata una ragione in più per non investire al Sud (ma anche più a Nord) e basta sfogliare i giornali per apprendere di imprenditori (assolti) cui l'antimafia frattanto ha ucciso tutto: le interdizioni l'hanno escluso dalle commesse pubbliche, i fidi bancari sono stati bloccati o ritirati, i lavoratori se ne sono andati da un pezzo, per non parlare della reputazione. E sono le procure antimafia all'origine e al vertice di tutto questo.

 

giovanni melillo 2

Per confiscare basta niente. Siamo in piena cultura del sospetto. Esempi non ne facciamo, sono troppi, ma basta il famoso caffè preso affianco a chi abbia la fedina penale non immacolata.

 

Nell'inferno della prevenzione puoi precipitare anche solo per «conoscenza» (presunta) di tizio o caio, tanto poi ci sarà - un giorno - un bel processo. Un giorno, sì.

nicola gratteri 4

 

ALLARME CONTINUO

La netta sconfitta di Cosa Nostra, dei vertici di certa Camorra, nonché il dissolvimento della Sacra Corona Unita, no, non hanno fermato questo sistema, non l'hanno ridimensionato o adeguato alla realtà. C'era una retorica e un sistema di potere che andavano mantenuti.

 

giovanni falcone

È sempre «allarme», tensione da non abbassare, come se l'emigrazione della criminalità ad altri luoghi e modalità non fosse normale, come se la fine dell'emergenza dovesse coincidere con l'estirpazione del male dal cuore umano. È così che la politica più ignorante è diventata neo-alleata dell'Antimafia e dei suoi fantocci privi di meriti effettivi, fermi ad archeologie giudiziarie regolarmente sbugiardate.

 

GIOVANNI MELILLO

Ma stiamo parlando di un moloch culturale e giudiziario che neppure un Mario Draghi potrebbe anche solo menzionare senza che scoppi un finimondo, ciò che appunto dovrebbe finire un mondo: quello della più inutile delle commissioni parlamentari, quella di una legislazione emergenziale fuori da ogni parametro europeo, quello di una macchina burocratica che sequestra e tritura le aziende e ammazza l'economia, quella delle superprocure che non hanno più bisogno di essere super, quella che ammette e disegna leggi inesistenti (mai passate dal Parlamento) come quel mostro giuridico chiamato concorso esterno in associazione mafiosa. Marta Cartabia ha provato con la giustizia ordinaria, e si è presa una sportellata in faccia. Con l'Antimafia le andrebbe anche peggio.

aula bunker maxi processo cosa nostra 2mario draghi marta cartabia aula bunker maxi processo cosa nostra 4

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…