aldo moro miguel gotor

“C’È STATA UNA SORTA DI COMPLICITÀ TRA NOI E I POTERI CHE IMPEDISCE A NOI E AI POTERI DI DIRE COME È VERAMENTE ANDATA” – NEL NUOVO SAGGIO DI MIGUEL GOTOR LA STORIA DEL “DECENNIO PIÙ LUNGO DEL SECOLO BREVE”, GLI ANNI 70 – IL COMPROMESSO STORICO, I GIOVANI KILLER, TERRORISTI, RAPITORI, DIVENTATI CLASSE DIRIGENTE E I TANTI SEGRETI DELLA SECONDA REPUBBLICA: “CI SONO TANTE STORIE DI QUESTO PAESE CHE VENGONO TACIUTE, CHE NON POTRANNO ESSERE CHIARITE PER UNA SORTA DI SORTILEGIO, COME PIAZZA FONTANA, COME CALABRESI…”

Gianni Riotta per “la Repubblica”

 

miguel gotor foto di bacco

È ancora oggi possibile, fra premi letterari e festival del cinema, in Parlamento, nei giornali, centri studi e università, imbattersi in sussiegosi signori o distinte docenti che, impegnati al cellulare, non vi lasciano immaginare di esser stati, da giovani, killer, terroristi, complici di rapine, rapimenti, torture e stragi negli anni di piombo in Italia. Questa radicale amnesia, frutto delle intese fra leader politici del tempo, servizi segreti, interni e internazionali, militanti sbandati di destra e sinistra angoscia il formidabile saggio dello storico Miguel Gotor Generazione Settanta, Storia del decennio più lungo del secolo breve 1966-1982, Einaudi.

MIGUEL GOTOR - GENERAZIONE SETTANTA

 

Nato nel 1971, alba della stagione che esamina, Gotor, già senatore e oggi assessore alla Cultura a Roma, è noto per i libri sul rapimento di Aldo Moro, che dimostrano come quella tragedia, a sua volta cancellata dalla coscienza nazionale per non scandalizzare i partner delle Brigate Rosse nell’establishment, abbia avvelenato il paese.

 

Generazione Settanta evoca altri fantasmi, lo scrittore alla moda indicato nel commando BR alla strage di Via Fani 1978, l’attore Volontè in barca con il latitante Scalzone, capo di Potere Operaio, “la fonte Como” infiltrata in Lotta Continua che una lettera anonima thriller, dall’Accademia dei Lincei, dirà a Gotor, nel 2021, di cercare a Napoli, l’ambigua rivendicazione dell’assassinio di Calabresi sulla rivista Quaderni Piacentini, con lo pseudonimo “Marcello Manconi”.

 

22 rapimento di aldo moro 16 marzo 1978 ph barillari

In un episodio, degno di un film del maestro noir Francesco Rosi, «l’8 agosto 1974 nell’inceneritore di Fiumicino, per ordine del ministro della Difesa Andreotti e alla presenza del generale Maletti (capo dei servizi segreti Sid, poi latitante in Sud Africa, ndr), bruciarono fino a tarda sera circa 128000 dossier raccolti dal Sid nei vent’anni precedenti: i fascicoli del generale De Lorenzo riguardanti uomini politici, prelati, imprenditori, avvocati, intellettuali e sindacalisti (le cosiddette «schedature del Sifar»), ma anche i documenti più imbarazzanti relativi al golpe Borghese. Un gran rogo purificatore («c’erano tutte le cosiddette malefatte del Sid. La nostra fu un’opera di depurazione. E di autotutela», ammise Maletti) che segnò — simbolicamente nella sua feroce praticità — uno spartiacque tra un prima e un dopo, e l’inizio di un’altra storia».

 

aldo moro

L’Italia è allora un paese contraddittorio, capace di passare dalle rovine della guerra nel 1945 alla Dolce Vita di Fellini 1960, con il boom economico. Ma il benessere è fragile, nel 1951 appena 140.000 studenti arrivavano all’Università, riserva delle famiglie bene, e se nel 1967 erano saliti a ben 3.400.000, i laureati aumentarono solo di 9000 unità, con le matricole disperse da baroni intrattabili e dal bisogno di lavorare.

 

La rabbia della “gioventù assurda”, come l’aveva definita nel 1960 lo studioso Paul Goodman, accomuna gli studenti in assemblea a Roma, Torino, Trento, Pisa, Palermo ai coetanei di Berkeley e Sorbona, in una protesta libertaria che guarda al filosofo Marcuse e al sociologo Wright Mills. Ma «tutte le promesse e tutte le speranze per un mondo d’amore», come cantavano Gianni Morandi e Joan Baez, avvizziscono quando membri di Potere Operaio di Piperno, sotto la spinta di Morucci e Fioroni, e di Lotta Continua di Sofri e De Luca confluiscono nel terrorismo con le BR di Curcio e Prima Linea di Segio.

luigi calabresi omicidio

 

La deriva tra l’Italia che sognava riforme e diritti civili e la nazione vassalla della Guerra Fredda che sprofonda nella paura data dal 12 dicembre 1969, giorno della strage di Milano coordinata fra neofascisti e intelligence, italiana e no.

 

adriano sofri - lotta continua

Quello stesso giorno, ricorda amaro Gotor, il Senato aveva approvato, in prima lettura, lo Statuto dei Lavoratori, frutto delle lotte sindacali che finalmente assicurava agli operai garanzie in fabbrica.

 

Da lì il saggio segue, sgomento, il tentativo fallito del leader Dc Aldo Moro e del segretario comunista Enrico Berlinguer, affiancati dal repubblicano Ugo La Malfa, di un compromesso per sbloccare la nostra democrazia, con il Pci, finanziato dall’Urss e ostinato nel votare contro gli accordi valutari europei SME e sulla sicurezza, a non poter guidare un governo Nato.

miguel gotor foto di bacco

 

La sorte di Moro, trucidato dalle BR con Cia, Kgb, Mossad, servizi francesi e arabi in regia, e la fine di Berlinguer nel 1984, dopo un attentato subito nel 1973 da parte dei sovietici in Bulgaria, accomunano i due politici in un’aura da martiri che rischia di offuscarne il vero valore storico. Gotor precisa: se per Moro il “compromesso” era tattico, fino a che il Pci non fosse diventato democratico, per poi passare a un’alternanza di tipo occidentale, per Berlinguer era storico, cattolici e comunisti uniti.

 

strage di piazza fontana 6

Stragi fasciste, odio Br, lobby massoniche P2, servizi impedirono quel percorso, fino ai massacri di Brescia e Italicus, 1974, Bologna e Ustica 1980. L’autore sembra scettico, invece, sul socialista Bettino Craxi, giudicandolo forse dagli esiti degli anni Novanta, mentre nel periodo esaminato il segretario Psi, dalla trattativa su Moro alla svolta del partito, svolse un ruolo autonomo, cui forse il Pci avrebbe dovuto offrire diversa attenzione.

francesco cossiga aldo moro

 

Le due Italie, quella del progresso e quella della violenza, si affrontano irriducibili, con il commissario Calabresi, con il magistrato Alessandrini, con il giornalista Tobagi, con l’avvocato Ambrosoli, l’operaio Rossa e tanti altri a cadere per la Repubblica, mentre Gianni Agnelli e Luciano Lama varano accordi storici sulla scala mobile pur di allentare la tensione, imprenditori geniali tengono su l’economia con l’export, il diritto di famiglia, il divorzio, l’aborto, il voto a 18 anni, artisti come Eco e Calvino cambiano il paese.

 

alberto franceschini renato curcio

Le legioni della violenza però, in tacito accordo con frange cattoliche, incluso l’ex presidente Cossiga, perseguono l’amnesia modello inceneritore, con Sofri e Curcio, reduci dagli anni di prigione, a predicare che «La verità dei fatti… non sia la verità» perché «Ci sono tante storie di questo Paese che vengono taciute, che non potranno essere chiarite per una sorta di sortilegio, come piazza Fontana, come Calabresi, che sono andate in un certo modo e che, per ventura della vita, nessuno può dire come sono veramente andate... C’è stata una sorta di complicità tra noi e i poteri che impedisce a noi e ai poteri di dire come è veramente andata». Se milioni di figli e nipoti non crederanno dunque alla Repubblica dei padri, al voto del 25 settembre, lo dovremo ancora a questa occhiuta omertà che Miguel Gotor, con passione etica, combatte.

strage ustica 7omicidio calabresiomicidio luigi calabresi a milano 17 maggio 1972

 

adriano sofri nella redazione di lotta continualotta continua calabresilotta continua pisaIL COMMISSARIO CALABRESI OMICIDIO 2

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…