garry kasparov

“GLI SCACCHI? UNA LEZIONE PER AFFERMARSI ANCHE NELLA VITA” – NESSUNO È STATO CAMPIONE DEL MONDO PIÙ A LUNGO DI GARRY KASPAROV: VENT'ANNI COME NUMERO UNO, DAL 1985 AL 2005 - “LA SCONFITTA PIÙ DOLOROSA QUELLA CONTRO DEEP BLUE, IL SUPERCOMPUTER DELL'IBM, NEL 1997”– “LA RUSSIA DI PUTIN È UNA DITTATURA DOTATA DI ARMI NUCLEARI, UNO DEI MAGGIORI PERICOLI PER IL MONDO ODIERNO” -  LA CONSULENZA PER LA SERIE “LA REGINA DEGLI SCACCHI”

 

Enrico Franceschini per "Il Venerdì"

 

garry kasparov 3

Per riassumere il personaggio in due parole si può parafrasare la miniserie televisiva che ha conquistato il mondo: Garry Kasparov è il re degli scacchi. Nessuno è stato campione del mondo più a lungo: vent' anni come numero uno, dal 1985 al 2005.

 

la regina degli scacchi

E a differenza di altri campioni venuti prima e dopo, da Boris Spasskij a Anatolij Karpov, da Bobby Fischer a Magnus Carlsen, a 57 anni lui continua a giocare con successo su molteplici scacchiere: come uno dei principali oppositori politici di Vladimir Putin, di cui a un certo punto sembrava che potesse prendere il posto di presidente della Russia; come autore di best-seller internazionali, insegnando il modo per dare scacco matto nel business, nei rapporti personali e in ogni genere di situazione (in Italia Mondadori ha appena ripubblicato negli Oscar in versione aggiornata la sua autobiografia Gli scacchi, la vita); e come consulente per giochi, film e programmi televisivi.

 

Il più recente dei quali, la serie di Netflix La regina degli scacchi, storia di una ragazza prodigio che da un orfanatrofio del Kentucky arriva al titolo mondiale a Mosca, tratto dall' omonimo romanzo di Walter Tevis (uscito anch' esso in edizione italiana con Mondadori nei giorni scorsi), lo scrittore americano già famoso quale autore dei libri da cui sono stati tratti due film cult sul biliardo (Lo spaccone e Il colore dei soldi), ha battuto tutti sul piccolo schermo nel 2020, contribuendo a dare agli scacchi una nuova ondata di popolarità globale.

 

garry kasparov

Gli argomenti da affrontare sono insomma talmente tanti che l' intervista via Skype dalla sua villa in Croazia andrebbe suddivisa secondo le fasi di una partita a scacchi: apertura, cambio, pedone doppiato, mediogioco, forchetta, aggiornamento, finale. Come i titoli degli episodi della fortunata miniserie a cui Kasparov ha collaborato.

 

Cominciamo da qui, Garry: l' ha sorpresa il successo mondiale del serial di Netflix?

«Ha sorpreso non solo me, ma perfino i produttori e il regista. Sapevamo che aveva gli ingredienti giusti, ma nessuno poteva prevedere che diventasse lo show dell' anno in ogni Paese dove è stata proposto».

 

anya taylor joy la regina degli scacchi

A lei perché è piaciuto?

«Perché è la storia perfetta di una outsider che dalla provincia più profonda sale sul tetto del mondo contro ogni difficoltà, incluse le sue personali. Dimostrando che gli scacchi aiutano a risolvere i problemi e a rafforzare il carattere. Per fare un esempio legato alla realtà, il famoso campione americano Bobby Fischer non impazzì a causa degli scacchi, bensì furono gli scacchi a mantenerlo sano di mente il più a lungo possibile».

garry kasparov judit polgar

 

Qualcuno sostiene che anche la pandemia, costringendo l' umanità a chiudersi in casa praticamente per un anno, ha contribuito a risvegliare l' interesse per gli scacchi.

«Può essere un elemento, ma avevano tanta concorrenza: basti pensare a quanti giochi e distrazioni offre il web. Direi che la differenza l' ha fatta senz' altro la miniserie di Netflix, riportando d' attualità un gioco che alcuni consideravano erroneamente un po' vintage e facendo vedere che può unire anziché dividere: sentimento di cui abbiamo tutti bisogno. Soprattutto al tempo del Covid».

garry kasparov 1

 

A proposito, quale è la migliore definizione degli scacchi: gioco o sport?

«Vanno bene entrambe. È un gioco, il cui scopo è vincere. Ma a mio avviso è anche uno sport, per la straordinaria pressione fisica che mette sui giocatori, seppure senza muoversi dal tavolo su cui è poggiata la scacchiera».

 

Quale è stato il suo ruolo, in qualità di consulente, a La regina degli scacchi?

«Ho dato realismo agli incontri: le mosse sono vere mosse, le partite sono ispirate da vere partite, e poi ho suggerito il modo di toccare i pezzi, l' atteggiamento dei giocatori. Ho inoltre aiutato a far capire com' era l' Unione Sovietica, specie nell' ambito di un gioco come gli scacchi su cui lo Stato aveva investito moltissimo per ragioni ideologiche: primeggiare negli scacchi era come arrivare primi nella corsa allo spazio o alle Olimpiadi».

bobby fisher 1

 

È vero che la protagonista è una sorta di versione femminile di Bobby Fischer?

«Non ho dubbi che Tevis, l' autore del romanzo, si sia ispirato a Fischer. Ma bisogna dire che la ragazza della miniserie, interpretata dalla straordinaria Anya Taylor-Joy, è molto più simpatica di Bobby».

 

È anche una storia sui bambini prodigio, che esistono nella musica come negli scacchi: lo testimonia lei stesso, no?

«Non si eccelle, negli scacchi come in qualunque altra disciplina, senza il talento naturale. Un talento che viene sparso misteriosamente in ogni angolo del mondo. Per farlo crescere, tuttavia, serve l' opportunità di dedicarsi con sacrificio e determinazione a quella disciplina. Talento e opportunità: un elemento senza l' altro non basta».

GARRY KASPAROV

 

Veniamo alla sua autobiografia.

Riprendendo il titolo dell' edizione inglese, davvero la vita imita gli scacchi?

«Diciamo che gli scacchi offrono una lezione per affermarsi anche nella vita. Sono un gioco su come prendere la decisione giusta al momento giusto, in che modo usare il proprio bagaglio di esperienze, a quale obiettivo dare priorità. E insegnano a capire e accettare sé stessi: puoi vincere sfruttando un carattere impetuoso ed estroverso, oppure utilizzandone uno riservato e cauto. Tutto questo ho provato a spiegarlo nel mio libro».

 

Consiglierebbe a chiunque di giocare a scacchi?

«Certamente, come ogni attività che allarga la sfera di comprensione umana. E lo consiglierei in particolare ai bambini, perché aiuta a sviluppare una visione d' insieme».

Garry Kasparov contro Deep Blue

 

In che momento ha capito che poteva diventare campione del mondo?

«A 14 anni. Quella è stata la svolta della mia vita, dal punto di vista scacchistico. Anche se poi ho dovuto aspettare fino ai 21 anni per vincere il titolo».

 

Quale è stata la sconfitta più dolorosa della sua carriera?

«Quella contro Deep Blue, il supercomputer dell' Ibm, nel 1997. Lo avevo battuto nella prima partita, l' anno precedente. Ma ho perso la seconda. Ci rimasi male due volte, perché era la mia prima sconfitta in assoluto da quando ero diventato campione del mondo. Ma si impara anche dalle sconfitte, anzi: soprattutto da quelle».

GARRY KASPAROV

 

E la sua partita più memorabile?

«La 24ª e ultima della finale contro Karpov, il 9 aprile 1985, quando vinsi il titolo di campione del mondo».

 

La partita precedente, la 23ª, fu un pareggio: qualche volta, negli scacchi come nella vita, conviene che non vinca nessuno?

«Ci possono essere molte ragioni che inducono a giocare per pareggiare anziché per vincere. Se non ti senti bene, per esempio. Se vuoi provocare l' avversario. O se ti può bastare un pareggio per mantenere il titolo».

 

Garry Kasparov contro Deep Blue

Garry, però lei è noto per il suo gioco d' attacco.

«È sempre stato il mio stile e penso che sia anche il più vantaggioso. Ma attaccare non funziona in tutte le circostanze, negli scacchi come in altri sport o nella vita. Talvolta un gioco difensivo può essere più appropriato: basti pensare a quante partite di calcio ha vinto l' Italia con il suo celebre catenaccio e il contropiede».

 

Lei si è ritirato a 41 anni, ancora giovane per gli scacchi. Perché se n' è andato presto, come Borg, invece di durare come Federer?

«Ho pensato che fosse il momento giusto. Negli scacchi avevo già vinto tutto da due decenni. Volevo mettermi alla prova in altri campi. Con il senno di poi, ritengo di aver fatto bene».

GARRY KASPAROV

 

Federer dice che continuerà a giocare finché si diverte.

«Ma io mi diverto e gioco ancora (c' è una scacchiera anche alle sue spalle, ndr.), in partite di esibizione, in qualche sfida di gioco rapido, o per puro piacere. Ma un conto è il divertimento a un livello di questo genere e un altro quello che serve per giocare a livello professionista, che richiede allenamenti, concentrazione e dedizione assoluta. Beninteso, posso ancora giocare contro i più forti del mondo e batterne qualcuno, ma non potrei più diventare campione del mondo».

 

C' è qualche giocatore del passato a cui avrebbe voluto dare scacco matto?

«Beh, mi sarebbe piaciuto sfidare Fischer. Ma questi confronti non hanno molto senso. Ho scritto biografie di tutti i campioni del passato, rigiocando le loro partite, mettendomi nei loro panni. Ce ne sono stati di formidabili, ma il gioco si evolve così come si evolvono gli strumenti per giocarlo al meglio, con un approccio sempre più scientifico. È come l' eterno dibattito su chi sia il più forte tra Pelé, Maradona e Messi».

magnus carlsen

 

Ecco, appunto, per lei chi è il più forte dei tre?

«Io dico Maradona, perché da scacchista privilegio l' apporto individuale: senza di lui l' Argentina non avrebbe mai vinto i Mondiali. Però ricordo ancora il gol di Pelé contro l' Italia a Messico '70, anche se ricordo di più la storica Italia-Germania 4-3 in semifinale. Quanto a Messi, oggi è il più forte di tutti. Ma non ha mai vinto un Mondiale».

 

Torniamo agli scacchi: cosa pensa dell' attuale numero uno del mondo, il giovane norvegese Magnus Carlsen?

«Ha la precisione di un Karpov e la fantasia di un Fisher, in un certo senso è l' evoluzione della specie. A cui penso di avere dato una mano anch' io, allenandolo a diventare un giocatore più universale».

 

GARRY KASPAROV

Perché per tanto tempo i russi hanno dominato gli scacchi?

«Glielo ripeto, perché per lo Stato sovietico gli scacchi erano un investimento ideologico. Ma non esiste un gene degli scacchi. Proprio Carlsen ne è la riprova: viene da un Paese in cui, prima di lui, questo gioco praticamente non esisteva. Adesso che Magnus è numero uno, certo, in Norvegia gli scacchi sono popolari come lo sci».

 

Lasciata la scacchiera di re e regine, lei si è messo a giocare sullo scacchiere internazionale. Cosa pensa oggi della Russia di Putin?

GARRY KASPAROV

«Ciò che affermo da tempo: la Russia di Putin è una dittatura dotata di armi nucleari, uno dei maggiori pericoli per il mondo odierno».

 

Come la valuta rispetto all' Unione Sovietica crollata trent' anni or sono?

«È peggiorata, perché allora c' erano grandi speranze, forte entusiasmo e notevoli risorse economiche. Oggi la Russia è un Paese in crisi profonda, controllato da una cupola di potere attorno a Putin, praticamente in mano all' erede del Kgb sovietico. Quando Putin se ne andrà, e non succederà attraverso regolari elezioni, ci saranno enormi problemi».

 

E come giudica il suo principale avversario, Aleksey Navalnij?

GARRY KASPAROV

«È riuscito a tenere viva la fiammella dell' opposizione. Ma dopo l' attentato per ora è costretto a vivere all' estero. Come l' ex-petroliere Mikhail Khodorkovsky. E come io stesso».

 

Per qualche tempo era sembrato che lo sfidante di Putin potesse diventare proprio lei, Kasparov.

«Non aspiro più a questo. Spero solo di collaborare nell' impresa di costruire la democrazia in Russia, in modo che questo grande Paese possa fare parte della civiltà delle nazioni. Non mi candido a un posto, ma se un domani ci sarà qualche incarico da ricoprire per aiutare la Russia non mi tirerò indietro».

vladimir putin

 

Lei è di padre ebreo e madre armena, ha vissuto in Unione Sovietica, ha cittadinanza croata e due figli nati in America: cosa si sente più di tutto?

«Mi sento russo, perché la lingua, la cultura e la storia in cui sono cresciuto sono quelle della Russia. Ma soprattutto mi sento un cittadino del mondo libero, perché la libertà è il valore a me più caro ed è quella che purtroppo manca ai russi».

 

garry kasparov

E da dissidente russo in esilio, cosa le manca più di tutto di Mosca?

«Mi fa questa domanda nel momento sbagliato, o meglio quando devo darle una risposta carica di dolore: a Natale, a Mosca, è morta mia madre e non ho potuto esserle vicino a stringerle la mano un' ultima volta. Come scrivo nella mia autobiografia, è stata di un' importanza fondamentale per quello che sono diventato, negli scacchi e nella vita. Ci sentivamo al telefono tutti i giorni. Spero un giorno di poter portare un fiore sulla sua tomba».

bonny fisheranya taylor joy la regina degli scacchi la serie tv la regina degli scacchi

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